Da che parte iniziare per ridare al porto di Brindisi la posizione di rilievo che circa vent’anni fa ricopriva nel panorama della portualità italiana e mediterranea? Resta un dilemma insoluto. Certamente non è rassicurante il documento predisposto dall’Autorità portuale brindisina titolato “RESOCONTO DEGLI INTERVENTI CORRELATI AI PROGETTI IN CORSO DI REALIZZAZIONE E DA INTRAPRENDERE”, dalla cui lettura si ricava che, più che essere un documento strategico per delineare lo sviluppo del porto, sembra essere concepito al più per assolvere alla richiesta dell’art. 29 del decreto legge renziano, conosciuto come Decreto “Sblocca Italia”, che impone alle Autorità portuali di inviare a Roma una relazione delle opere in fase di realizzazione o previste per delineare il proprio “peso specifico”nella logistica nazionale.

Questo tipo di documento, richiesto da Roma a tutte le 24 autorità portuali, verrà utilizzato dal Ministero delle Infrastrutture per selezionare i pochi porti che saranno onorati di far parte del Piano nazionale della portualità e della logistica, su questi porti lo Stato italiano e la Comunità europea investiranno miliardi di euro nei prossimi anni.
E per quelli esclusi da questo prestigioso club cosa accadrà?
Non è difficile immaginare per noi una condanna alla marginalizzazione dalla rete logistica nazionale ed europea. tradotto in soldoni, scarsi finanziamenti, probabilmente solo locali e sicuramente la perdita della nostra Autorità portuale. Ovviamente in una città normale, come del resto è accaduto in molte altre città portuali, la logica avrebbe voluto che anzi tempo si fosse aperto un dibattito fra cittadini, amministrazioni, imprenditori, su come orientare lo sviluppo del porto, evidente bene comune di tutta la cittadinanza. Infatti come è a “quasi” tutti noto le città portuali fioriscono quando si sviluppa il porto, declinano, altresì, quando il loro porto va in crisi. Invece come è consuetudine in questa città, ognuno va per conto proprio, questo documento partorito in solitudine dall’Autorità portuale è stato approvato, a quanto ci è dato sapere a larga maggioranza dai componenti del Comitato portuale, pur avendolo ricevuto con poco tempo di anticipo e di conseguenza impossibilitati a fare rilievi e proposte, acquisito a scatola chiusa e senza pubblico dibattito.
In questo documento c’è un po’ di tutto: dalle opere bloccate e fuori termine per essere realizzate (come la nuova stazione marittima di Punta delle Terrare), ai finanziamenti perduti (i nuovi accosti di S.Apollinare per esempio), oppure perplessità ancora evidenti sull’eventuale allargamento del Canale Pigonati per far entrare agevolmente nel porto interno navi crociera di grandi dimensioni.
Oppure, per darsi un tocco di novità, sperando che più dei contenuti possano far presa le notizie giornalistiche, si inserisce nel piano del porto il progetto della piattaforma logistica presentata dall’ASI, opera già messa nel crudo lessico burocratese in seconda fascia, cioè priva di finanziamento. Lo scopo di presentare questo progetto sembra più una sorta di attività di mutuo soccorso tra Autorità portuale ed ASI. L’Autorità include nel suo dossier preparato per il Ministero delle infrastrutture un progetto chiamato pomposamente piattaforma logistica (ricordiamo che il Piano del Governo si chiama dei porti e della logistica, quindi il buon senso dice che qualcosa che suona di logistica occorre includerla), l’ASI spera in questo modo di poter recuperare qualche finanziamento, tanto è vero che l’Autorità portuale ha manifestato l’intenzione di finanziare con 450 mila euro di soldi dei contribuenti italiani il progetto esecutivo di un opera di un altro ente, vedi caso proprio quello dell’ASI. Quest’opera collocata in area industriale, lontana dalle banchine portuali ma definita retro portuale, costerebbe 40 milioni di euro, di cui 26 di cofinanziamento suddiviso come segue: il 40% pubblico e il 60% di parte privata, del privato interessato a questo progetto pronto a sborsare milioni di euro al momento non se ne intravede neanche l’ombra. Ancora una volta questo territorio assiste sgomento alla pseudo programmazione dello sviluppo o non sviluppo del nostro porto. Va da sé chiedersi: dove sono i rappresentanti degli enti locali che dovrebbero avere a cuore lo sviluppo della città? Forse sono impegnati a combattere assiduamente all’interno del Comitato portuale, organo consultivo dell’ente porto, per costringere i dirigenti di quell’ente ad avviare una effettiva fase di rilancio delle attività portuali? Invece pare che in quel Comitato portuale, decisivo per le future sorti del nostro porto, al momento della votazione, qualche rappresentante di ente pubblico si era già dileguato.
Ovviamente la storia delle vicende del nostro porto non finiscono qui, c’è il caso Grimaldi, che tiene banco da giorni tra dichiarazioni ostili e interpellanze parlamentari. La società napoletana è accusata di voler occupare per venti anni il nostro porto, quasi a costo zero. Chi fa questa accusa sottolinea che si andrebbero a dare in concessione alla Compagnia gli unici accosti disponibili nel porto per le navi traghetto, privatizzando di fatto il porto e limitando le attività imprenditoriali dell’ormai asfittico settore delle aziende che operano nel settore marittimo brindisino. La stessa Grimaldi, in una risposta sulla stampa, smentisce questa lettura negativa della sua iniziativa imprenditoriale, sostenendo che essa rappresenta una autentica occasione di crescita del porto. Nel tentare di spiegare quali siano i vantaggi per la città della sua presenza legata alla richiesta di concessione, involontariamente mette a nudo tutti i problemi inerenti il porto di Brindisi.
Se in questo porto si fosse veramente agito in questi anni per creare sviluppo concreto e duraturo e condizioni di libera concorrenza, la richiesta della Grimaldi, oltre ad essere considerata positiva (ogni imprenditore che arriva e vuole investire deve essere ben accolto) sarebbe passata quasi inosservata, alla stregua di una iniziativa imprenditoriale che si aggiunge ad altre e collabora allo sviluppo dell’intero porto. Purtroppo non è questa la situazione di Brindisi; la stessa Grimaldi, nella sua risposta pubblica, mette a nudo i problemi del porto dicendo che essa rappresenta l’unico vettore stabile nel suo settore, che non monopolizza un bel niente perché altre banchine possono essere usate per le navi traghetto grazie ai suoi investimenti, non specificando quali e che porterà sempre più traffico nei prossimi anni.
Bene, tutti sanno che le banchine alternative che indica Grimaldi non sono adatte al tipo di traffico che possono attivare i suoi potenziali concorrenti, non essendoci nemmeno i servizi base che quel tipo di traffico richiede, quindi non si attua a Brindisi quel principio previsto da normativa vigente (legge 84/94), che in un porto gli operatori devono essere messi tutti nelle stesse condizioni operative e la concorrenza fra aziende si vince solo con l’offerta di servizi e tariffe migliori. Questo è un compito proprio delle Autorità portuali, garantire cioè la massima fruibilità del porto a tutti gli imprenditori che chiedono di venire, cosa che purtroppo nel nostro porto non avviene. Ma il problema va risolto, non bisogna far passare l’idea nel mondo imprenditoriale che Brindisi è un luogo ostile agli investitori Grimaldi compresa e che quando qualcuno vuole fare una iniziativa non deve essere messo nelle condizioni di andare via. Nel contempo la città non deve essere terra di conquista di soggetti che tutto vogliono e niente danno, magari con la complicità di qualche organismo locale.
La nostra Associazione, “Il Timone – Navigare con le idee”, vuole intervenire su questi argomenti nel modo più oggettivo possibile, cercando di essere un soggetto propositivo e non ostativo ed aprire un dibattito pubblico sullo sviluppo del porto, con la partecipazione di cittadini, imprese ed istituzioni, esaminando le varie problematiche e dare suggerimenti utili per lo sviluppo di questa importante risorsa per la città. Nei prossimi giorni avvieremo delle iniziative pubbliche tra cittadini e soggetti interessati, con lo scopo di diradare le nebbie che avvolgono il porto, cercando di far emergere la vera natura dei problemi che ostacolano la crescita della nostra città e del nostro territorio.