Verifiche del NIL Carabinieri e dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro finalizzate alla prevenzione e repressione del lavoro sommerso, nonché alla verifica della corretta applicazione della normativa concernente la tutela della salute, e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Due persone sono state deferite in stato di libertà, in quanto ritenute responsabili in concorso, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Nell’ambito dell’attività dei Reparti Speciali dell’Arma, i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Brindisi unitamente al personale dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Brindisi, a definizione dell’attività ispettiva finalizzata alla prevenzione e repressione del lavoro sommerso, nonché alla verifica della corretta applicazione della normativa concernente la tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, hanno deferito in stato di libertà per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, due soggetti. Si tratta rispettivamente della titolare di una ditta operante nel settore agricolo per la produzione di ortaggi, e l’amministratore della società, entrambi originari della provincia di Lecce. Gli accertamenti condotti hanno evidenziato che gli indagati, hanno impiegato nella raccolta dei prodotti agricoli in agro di Brindisi, 28 lavoratori di origine africana tra i quali sei in nero, in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno, sottopagandoli, nonché elargendo loro una retribuzione palesemente difforme a quanto contemplato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Nella circostanza sono state applicate sanzioni amministrative per € 20.000,00 e applicato un provvedimento di sospensione di attività imprenditoriale per l’impiego di manodopera in “nero”. Lo sfruttamento del lavoro in genere e nelle aree rurali pugliesi in particolare, è un esecrabile fenomeno che si caratterizza per le patologiche manifestazioni delle relazioni di lavoro, agevolato dalla condizione di disagio e di vulnerabilità di uno degli attori del rapporto, solitamente, ma non esclusivamente migrante ovvero proveniente da altri paesi europei soprattutto dall’est Europa. Il fenomeno ha coinvolto e colpisce anche cittadini italiani appartenenti a particolari fasce sociali che vivono in condizioni di indigenza. L’emersione di queste forme di grave sfruttamento è piuttosto ardua per la vulnerabilità e il timore delle vittime ed anche per la difficoltà di monitorare e di investigare il fenomeno. La nuova norma penale introdotta nel 1996 riguardante il fenomeno è stata calibrata non solo sul caporalato ma colpisce anche il datore di lavoro che utilizza assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l’attività di intermediazione, sfruttando i lavoratori e approfittando del loro stato di bisogno. Si tratta di una legge alquanto articolata ed innovativa poiché ricomprende tutte le condizioni ritenute indice di sfruttamento dei lavoratori (ad es. la retribuzione palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali di categoria, comunque sproporzionata rispetto alla quantità e qualità di lavoro prestato; la violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo all’aspettativa, alle ferie; le violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro). È prevista altresì la confisca obbligatoria dei beni, denaro o altre utilità degli autori del reato e l’obbligo di arresto in flagranza.