Mi chiamo Rosangela Chirico, vivo a Ceglie Messapica (Br). Come figlia di una vittima del petrolchimico di Brindisi affermo che l’intitolazione del piazzale antistante lo stabilimento industriale ai tre operai, Carlo Greco, Giuseppe Marulli e Giovanni Palizzotto, morti l’8 dicembre 1977 per l’esplosione del P2T-cracking è stato un gesto nobile da parte dell’Amministrazione comunale di Brindisi. Un’opera meritoria che mi ha fatto piacere.
Le vittime della chimica, purtroppo, sono molte di più, a Brindisi come in tutto il mondo. Sono vittime che scompaiono senza il boato di un’esplosione ma nel silenzio doloroso delle proprie case. Mio padre, Donato Chirico, è morto per un cancro da CVM (Clorulo di vinile monomero), il micidiale gas lavorato a Brindisi da molti anni, usato per la produzione della plastica. Nel 2010 chiesi alla Regione Puglia di aggiornare lo stato in vita di tutti gli operai del CVM. Nessuna risposta. A Brindisi le vittime sono state molte di più di quelle morte nella notte dell’8 dicembre di 42 anni fa ma nessuno le vuole ricordare. A Venezia e a Mantova ci sono stati processi che hanno individuato le responsabilità per le morti da lavoro, a Brindisi no. A Venezia, Ferrara e Ravenna lo stato in vita dei lavoratori del CVM è stato aggiornato, a Brindisi no. Ancora oggi a Brindisi e in provincia si diagnosticano tumori che risalgono alle esposizioni di tanti anni fa. Siamo di fronte ad un eccidio che non conosce colpevoli. Un olocausto senza memoria. Purtroppo il pane condito con la morte non lo hanno mangiato solamente gli operai come mio padre. Quanti sarebbero a conoscenza dell’elevato costo in vite umane, per produrre la plastica? Nella mia quotidianità lavoro come dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione, oltre a insegnare la didattica, tra i miei primi doveri fanno parte l’educazione al rispetto, la difesa della vita propria e quella altrui, l’attenzione e condivisione dei beni comuni. I giovani stanno ereditando i danni umani e ambientali che noi adulti stiamo continuando a permettere che avvengano. Vorrei proprio che questa intitolazione sia l’inizio di un cambio di rotta, soprattutto la fine del silenzio delle istituzioni, la volontà di fare finalmente luce e giustizia su questa “catastrofe continuata”.  Se l’intitolazione rimanesse un fatto fine a se stesso, significherebbe un doloroso colpo arrecato contro la dignità, non unicamente quella dei padri operai, posta ai piedi del carnefice petrolchimico.