CORONAVIRUS, LA LETTERA DI UN’ASSISTENTE SOCIALE DI BERGAMO AL SUO ORDINE PROFESSIONALE E ALL’ITALIA
Scrivo qui come una ragazza scrive alla propria famiglia come se fossi dall’altra parte del mondo (come si faceva una volta che non c’erano ne cellulari, ne video chiamate, ne tantomeno skype e whatsapp), io essendo un po’ poetica ho preferito scriverti una lettera in una sera di metà marzo di questo anno (come dice il detto popolare “anno bisesto anno funesto”) 2020……
Io e tantissimi miei colleghi, alcuni di questi carissimi amici, stiamo vivendo giornate con tantissime lacrime negli occhi, l’impotenza nelle mani, nel cuore, nel telefono, nelle e-mail ….
Viviamo soli sai Ordine, dentro di me avverto la sensazione della solitudine che mai come ora di me si è impossessata.
Ormai anche i nostri instancabili volontari che se non sono malati in alcuni casi sono venuti persino a mancare, fanno quello che possono, le esigenze sono tantissime e si ritrovano in alcuni casi a dover portare pazienti dializzati facendo lo slalom tra i deceduti al pronto soccorso degli ospedali dell’intera provincia di Bergamo…
La Rete Sociale caro Ordine professionale che tu ci hai insegnato che dobbiamo costruire ed alimentare, coma fa l’acqua per un piantina in continua crescita, è messa a durissima prova, ogni famiglia ha dolore al suo interno, ha urgenze a cui dover rispondere ….. ogni chiamata che riceviamo è pervasa da paura, da solitudine e mi rendo conto che l’unica cosa da fare ora è RESISTERE.
Noi qui …. a rispondere ed a non saper dare risposte (una cosa che personalmente mi ha sempre fatto star male ed ora più che mai) soprattutto ad una consistente fetta di popolazione che chiede aiuto, elemosina conforto, dove credo che il mio ruolo sia quello di dare serenità dove possibile, una spalla anche virtuale su ci appoggiarsi; ma anche quello di far arrivare al domicilio un pasto pronto, la spesa, i farmaci per poter appunto SOPRAVVIVERE nulla di più…
Sono una donna che vive in questi giorni il mio mestiere, che amo alla follia, svuotato di tutti gli strumenti (non esistono più visite domiciliari, colloqui, riunioni, non si riescono ad attivare servizi a supporto della domiciliarietà).
Le innumerevoli bellezze che ne contraddistinguono la quotidianità è completamente annullata, annichilita e deprivata da qualsiasi anelito di vita.
Siamo donne e uomini che cercano con una risposta, tramite telefono, di dare conforto, proviamo ad ascoltare i pianti dei famigliari che non hanno potuto nemmeno salutare un proprio congiunto.
Vivo queste giornate svuotate …. tornare a casa senza poter salutare i propri genitori per paura di contagiarli, senza un bacio dal proprio ragazzo che vive in una altra provincia e nel doversi far forza nell’affrontare un’altra giornata sperando che il suono delle ambulanze non sia continuo e che non contraddistingua l’intera giornata lavorativa.
Caro ordine professionale mi rivolgo a te come una mia madre lavorativa, perché so che solo tu puoi sostenermi, aiutarmi e finita questa guerra, ascoltami se possibile anche abbracciami; fammi sentire che appartengo a qualcuno così da sembrare che anche la notte,che stiamo attraversando, non sarà solo stata portatrice di brutali e bestiali assenze, ma anche di ritrovamenti di una comunità professionale che c’è, nonostante tutto.
Di noi non si parla mai se non per denigrarci, sminuirci, rimproverarci… ora no non lo posso accettare cara mamma sono qui e aspetto affetto da te anche a guerra finita Bergamo ti aspetta ed insieme ripartiremo dalla macerie ricostruendo la nostra amatissima rete e le nostre comunità andranno avanti con lo sguardo e le braccia verso chi l’affetto, le risorse, la serenità non le ha.
Con stima
L’assistente sociale
Clara Zanni