Il Presidente Gesualdo: “È una categoria a elevato rischio burnout”
“La rivolta dei detenuti scoppiata dopo la decisione del Governo di sospendere i colloqui con i familiari deve indurre a prendere provvedimenti urgenti a tutela degli agenti della polizia penitenziaria”. Lo afferma il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Regione Puglia, Vincenzo Gesualdo. “Ci sono agenti che sono stati sequestrati per più di 10 ore”, prosegue Gesualdo. “Ma anche dove non si è arrivati a questi eccessi il personale ha subito effetti deleteri sul piano psicologico. Parliamo di una categoria fortemente esposta al fenomeno del burnout, che affligge molti agenti della polizia penitenziaria e che non va né trascurato, né sottovalutato. Il sovraffollamento delle carceri è una delle motivazioni per cui i detenuti hanno protestato, così come desta preoccupazione negli stessi operatori della giustizia. Questa condizione riduce lo spazio vitale elevando i livelli di ansia ed aggressività e comporta uno stato di continua tensione emotiva costante che influisce inevitabilmente sulle relazioni con i detenuti, con i colleghi, con le famiglie, gli amici e la medesima istituzione penitenziaria. Il lavoro all’interno degli istituti di pena determina uno stress che necessita di un supporto psicologico, ancor di più quando eccessivo e prolungato”, aggiunge il presidente degli psicologi pugliesi.
Ma lo stesso discorso vale anche per i detenuti. Circa 600 psicologi, impegnati negli istituti penitenziari italiani, hanno a disposizione 30 minuti all’anno per ciascun detenuto, troppo pochi. Nonostante la crescita esponenziale non è stata rafforzata l’assistenza psicologica, anzi è stato ridotto l’orario di lavoro degli specialisti del settore.
“Un’opera di prevenzione, mediante il supporto della figura dello psicologo, è fondamentale affinché il carcere continui ad essere considerato un’istituzione in grado di riabilitare l’individuo da un punto di vista sociale e affettivo e contribuisca a ridurre il fenomeno dei suicidi che colpisce detenuti e gli stessi operatori dell’istituzione penitenziaria, minimizzando i fattori di rischio”, conclude Gesualdo.