Disabilità Intellettive, “I want to work”: campagna di Valueable per il 1° maggio

Le persone con disabilità intellettive di sei paesi europei, le loro famiglie e le associazioni lanciano il messaggio “Voglio lavorare”. Una possibilità e un diritto che con l’emergenza sanitaria non deve venir meno. AIPD: “Con un po’ di fantasia, possiamo trovare nuove mansioni, perché i lavoratori con Sindrome di Down non tornino ad essere utenti e assistiti”

Roma, 30 aprile 2020 – #IwantWork: è lo slogan, l’hashtag e l’appello che ValueAble, la rete europea per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva, lancia in occasione della Festa Internazionale del lavoro. “Io voglio lavorare”: un appello che suona particolarmente forte , nel momento in cui il mondo intero da quasi due mesi si è fermato e tanti lavoratori sono in difficoltà. E proprio per questo la campagna lanciata dalla rete, cui aderiscono sei Paesi europei, assume oggi un significato e un valore particolare: ha il compito di far sentire con forza la voce di queste persone, per le quali il lavoro è anche inclusione sociale e autonomia.

La campagna, chi e come. Possono partecipare tutte le persone con Sindrome di Down o disabilità intellettiva che lavorano e/o che cercano il lavoro. La richiesta è di pubblicare un post sui Social, tra il 30 aprile e il 3 maggio, con il messaggio “Io voglio lavorare”, accompagnato dagli hashtag #InternationalWorkersDay #ValueableNetwork #IwantWork e con il tag dell’associazione di riferimento, dell’azienda presso cui si è eventualmente inseriti e di @ValueableNetwork. Il tutto, accompagnato da una foto in cui la persona tenga in mano un cartello con la scritta “Io voglio lavorare”.

Le persone con SD al lavoro. Oggi nella rete AIPD il 13,5% delle persone con SD adulte lavora svolgendo lavori semplici ma reali contribuendo in modo significativo alla produttività delle aziende in cui sono inserite. I numeri sono cresciuti negli ultimi anni grazie a politiche di collocamento mirato e ad una progressiva maggiore disponibilità dei settori dell’accoglienza e della grande distribuzione.

Lavorare, “volere è potere”? Nuove mansioni per le persone con sindrome di Down. Con l’attuale crisi sanitaria, sociale ed economica, la richiesta di lavoro da parte delle persone con disabilità intellettiva rischia di suonare fuori contesto e inaccoglibile. “Per noi invece assume particolare importanza e urgenza – sottolinea l’AIPD – per diverse ragioni. Primo, perché il lavoro rappresenta, per le persone con Sindrome di Down, una possibilità di sviluppo di autonomia e di competenze. Rimanere senza un impiego significa, nella maggior parte dei casi, restare a casa con i genitori. E ora più che mai sappiamo tutti quanto sia difficile, appunto, restare a casa senza una motivazione personale e una vita sociale.

Il secondo aspetto evidenziato da AIPD è che “proprio i settori della ristorazione e della ricettività alberghiera, in cui sono inseriti tanti lavoratori con Sindrome di Down, soffrono oggi una crisi che minaccia di durare più a lungo che in altri ambiti produttivi. Sappiamo quindi che le persone con SD rischiano più di altri di perdere il lavoro o di non essere accolti con nuovi tirocini. Ci rendiamo conto delle difficoltà: ci sarà sicuramente una richiesta inferiore da parte di ristoranti e alberghi. Per questo ci candidiamo, con la nostra esperienza e la nostra creatività, per individuare, insieme agli imprenditori e alle istituzioni, nuove figure professionali e mansioni lavorative, che nasceranno per necessità dall’attuale crisi, in cui le persone con Sindrome di Down potranno essere coinvolte: pensiamo all’imballaggio dei pasti da asporto, al commercio a distanza o alla vigilanza e al controllo nelle aree verdi, come sarà richiesto dalle esigenze di contenimento del contagio. Confidiamo che il prossimo 1° maggio sia l’occasione per iniziare a riflettere sui ‘nuovi lavori’ che le persone con Sindrome di Down e con disabilità intellettiva potranno svolgere, in questa delicata fase che il mondo sta attraversando. E’ importante non dimenticarci di questi lavoratori del loro DIRITTO come cittadini ad avere un ruolo sociale riconosciuto dalla nostra Costituzione secondo le proprie capacità, dimostrate in anni di storia dell’ABILITAZIONE al lavoro, col pericolo di ricadere in risposte solo assistenziali che umiliano la loro crescita e la loro volontà.