Ho conosciuto Michele Di Schiena quasi quarant’anni fa quando stavamo costruendo il primo comitato contro la realizzazione della centrale termoelettrica di Cerano. Michele Di Schiena era presidente dell’azione cattolica diocesana di Brindisi e mi era stato descritto come una persona di grande tempra, austero e che incuteva rispetto, se non proprio soggezione.

Mi disse allora che per un cattolico la vita era sacra e che, in nome di essa, non poteva essere accettato alcun compromesso per giustificare l’impianto programmato.

Si stabilì subito un rapporto di stima reciproca tramutatosi ben presto in profonda amicizia.

Combattere contro la costruzione della centrale era anche equivalente a combattere contro il sonno della ragione e della coscienze e contro quel “colossale mercato di scambi e favori” di cui anni dopo avrebbe parlato perfino l’amministratore delegato di ENEL Franco Tatò.

La grande dirittura morale di Michele Di Schiena si esprimeva pienamente anche e soprattutto nella sua professione di giudice del lavoro, attento a garantire la tutela dei diritti dei lavoratori, compresi ovviamente quelli operanti nel polo industriale le cui istanze sono state oggetto di sentenze che hanno fatto giurisprudenza.

Da alcuni veniva rappresentato come un “giudice di sinistra”, ma in realtà Michele Di Schiena era sempre impegnato a difendere i diritti dei più deboli nel rispetto assoluto della costituzione, della legislazione italiana e della dottrina sociale della chiesa. Sono sempre stati i suoi principi morali ed appunto la dottrina sociale della chiesa a guidare il suo impegno civile e la sua attenzione verso la politica con la P maiuscola. Se avesse voluto, infatti, avrebbe potuto accogliere ripetuti inviti a candidarsi alla camera o al senato con garanzia di essere eletto,ma questa scelta era estranea rispetto alla sua decisione di impegno totale nella professione e nella vita sociale.

Abbiamo vissuto un lungo percorso insieme, conoscendo alcune sconfitte nel cercare di fermare ecomostri e l’inquinamento del territorio e della società; abbiamo conosciuto vittorie importanti quale quella che ha impedito la realizzazione del terminal di rigasssificazione dopo essere riusciti a portare in piazza migliaia di brindisini ,ma soprattutto abbiamo condiviso l’impegno, le idee ed i progetti per “cambiare rotta “ titolo quest’ultimo dato a numerosi documenti e dossier per creare un’altra Brindisi.

Michele Di Schiena leccese purosangue si sentiva profondamente brindisino e lo dimostrava nella vita quotidiana in quella sociale.

Emblematica fu l’esperienza che visse quando fu chiamato a fare da garante nella scelta di un candidato sindaco al di sopra delle parti, momento del quale diceva che gli era rimasta come retaggio soltanto l’essere tornato a fumare.

Ho detto che Michele Di Schiena appariva austero e poteva mettere in soggezione, ma io ho conosciuto la sua profonda umanità e l’espressione di valori profondi quali quello dell’amicizia che conserverò in me ricordandolo e l’amore profondo per sua moglie Lella, per i figli Maria Pia e Paolo, di cui mi parlava sempre con orgoglio, da ultimo per la piccola nipote accanto alla quale aveva riscoperto il grande piacere del gioco e della visione di film al cinema.

Quando l’ho sentito alcune settimane fa e mi ha manifestato i timori legati al precario stato di salute, ho ricordato, sperando che ciò fosse accolto come una nota beneaugurante, che sua madre era vissuta fino a centouno anni e che, quindi, aveva ancora un lungo percorso da compiere con la sua famiglia i suoi amici e per continuare ad operare affinché il “cambiare rotta” possa diffondersi.

Purtroppo il mio auspicio non si è concretizzato ed oggi avvertiamo un profondo vuoto, ma anche un profondo stimolo a continuare quell’impegno civile nel quale la sua amicizia ed il suo insegnamento resteranno radicati in noi.

Doretto Marinazzo