SALUTE MENTALE: CON LA SCUSA DEL COVID19 SI RIDIMENSIONANO I SERVIZI.
Il Movimento Rompiamo il Silenzio chiede che la ASL Bari ritiri una recente delibera con cui si ridimensionano ulteriormente i servizi territoriali per la salute mentale.
Eppure con la pandemia tutti hanno detto che la medicina del territorio doveva essere rinforzata. Ed invece i soldi arrivano (in realtà c’erano già) ma i servizi vengono ridotti sempre più al lumucino con personale col contagocce e organizzazione sempre più paramanicomiale. Pubblichiamo questo comunicato a firma del dott. Carlo Minervini che fa uno spaccato di cosa stia diventando l’organizzazione per la salute mentale in Puglia.
Apprendiamo con stupore e sconcerto che la Direzione Generale della ASL BA ha recentemente approvato una delibera che rimodula la struttura organizzativa del Dipartimento di Salute mentale prevedendo l’accorpamento di varie unità operative, con il dimezzamento (da 14 a 7) del numero delle Unità territoriali (nella città di Bari sono previste solo due Unità con un bacino di utenza di circa 160.000 abitanti ciascuna, corrispondente al bacino di utenza di un intero Dipartimento di Salute mentale di una città del Centro-Nord!).
Si continua così nel paradossale percorso di smantellamento dei servizi territoriali in atto da anni, più volte denunciato dal nostro Movimento, che aveva già portato nel recente passato alla soppressione a Bari di tre Unità Operative Complesse (corrispondenti a tre CSM: Libertà-Carrassi-Iapigia, Picone-Poggiofranco e San Paolo-S. Spirito), creando notevoli problemi per la gestione di porzioni di territorio troppo estese e popolose e soprattutto chiudendo presidi territoriali (Libertà, Carbonara e Santo Spirito) con la conseguente riduzione dell’accessibilità per le fasce sociali più deboli dei quartieri periferici e la perdita della funzione di accoglienza e di aggregazione sociale propria dei servizi di prossimità, nello spirito della Legge n. 180 e del Progetto Obiettivo della Salute Mentale.
Tutto ciò appare davvero irragionevole ed incomprensibile ancor di più ora a seguito dell’emergenza Covid che ha messo a nudo le inaccettabili carenze nei servizi territoriali nonché l’evidente fallimento della visione ospedalocentrica.
Da tempo tutte le grandi riviste mediche internazionali hanno lanciato l’allarme sulle conseguenze della epidemia di Sars-Cov-2 sulla salute mentale e sui servizi ad essa dedicati in tutto il mondo; anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha espresso la sua preoccupazione così come molte Associazioni Scientifiche. Non si tratta infatti soltanto degli effetti del confinamento su categorie di persone fragili o particolarmente esposte, ma della rottura brutale che in questi mesi si è verificata nella continuità dell’assistenza, nelle forme più varie di reclusione che hanno colpito i soggetti costretti a convivenze forzate e/o ad ulteriori e più dure misure di residenzialità, nella marginalizzazione del ruolo degli operatori. Dobbiamo quindi attenderci un aumento significativo del disagio psichico soprattutto lì dove i servizi sono storicamente più deboli e dove è scarsa la considerazione per coloro che non hanno voce, che non riescono ad esprimere una lobbistica politica, che vivono esperienze disperse che gli Enti Locali non aggregano se non nelle forme paramanicomiali di esclusione.
In Puglia l’emergenza virus ha svelato a tutti quanto purtroppo era già evidente alle persone che attraversano i servizi e agli addetti ai lavori: servizi sempre più poveri di personale e risorse, sempre meno aperti e ridotti nei numeri, stravolti nella cultura e nei paradigmi.
Il circuito di risposta alla sofferenza psichica si è ancora di più focalizzato sui poli della emergenza (Spdc) e della cronicità (Comunità Residenziali pesanti H 24, trattate in questo periodo alla stregua della Rsa, e quindi blindate, attuando dei veri arresti domiciliari), chiudendo tutto ciò che vi sta in mezzo e che dovrebbe rappresentare invece l’asse principale e portante dei servizi della salute mentale inverando opportunità e pratiche di prossimità, di comunità, di piccole convivenze, di avvio e inserimento lavorativo, insomma di vita.
I Csm, già quasi dappertutto ridotti solamente ad ambulatori, lo sono diventati per davvero: poche visite, solo per appuntamento, spesso solo per praticare la fiala depot mensile, luoghi quasi vuoti e solo di breve passaggio, visite domiciliari (già carenti prima) quasi completamente annullate, il lavoro interdisciplinare ridotto ancor di più, se possibile. Così la pratica odierna ha definitivamente segnato la priorità dell’approccio biomedico, con medici in testa e infermieri al loro servizio e tutti gli altri assenti o messi da parte.
Nei primi tempi del lockdown da più parti si diceva e sperava che “ne saremmo usciti migliori”, più attenti al prossimo e solidali; e nel campo specifico della salute con finalmente una maggiore attenzione ed investimento sui servizi pubblici; ma, anche nella nostra Regione, i segnali non sono confortanti, anzi: emerge, con sempre più evidenza, ed è considerato vincente dai più, l’irrigidimento dei vizi presenti ormai da oltre 20 anni e che “tradiscono” la 180.
Riguardo la difficoltà di rinforzare i servizi territoriali l’alibi principale finora utilizzato, e cioè che non ci sono soldi (che già era solo parzialmente vero) ora è caduto visti i finanziamenti straordinari in arrivo che dovrebbe servire proprio (in Puglia, come nelle altre regioni) per il potenziamento dei servizi territoriali (Dipartimenti di Prevenzione, Medicina di base, Consultori, Sert) considerando la salute mentale tra le priorità nelle priorità. Rimane però l’altra variabile chi deciderà cosa farne? Quale paradigma sarà utilizzato? Quello a retta o quello a budget di salute? Con quale consapevolezza degli stessi operatori e dei diretti interessati e delle loro organizzazioni?
Alla luce di quanto finora esposto la nostra Organizzazione chiede alla Asl il ritiro della delibera e alla Regione l’apertura immediata di un tavolo di lavoro regionale aperto a tutti i portatori di interesse (peraltro promesso da anni!) per la riorganizzazione condivisa, e sulla base dei reali bisogni attuali, dell’intero circuito psichiatrico, riservandosi ogni iniziativa ritenuta utile per contrastare questa deriva riduzionistica, antipopolare e fuori dal tempo.