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Basta gas e fossili, chiudere Cerano. Per una Brindisi veramente “green”.

Brindisi è stata terra di conquista di tante grandi aziende energetiche ed industriali negli ultimi decenni, che hanno reso la nostra città una delle più inquinate d’Italia e con i più alti tassi di tumore, come quello al seno nelle donne (Studio Forastiere).

Dobbiamo iniziare a immaginarci in maniera diversa, proprio ora che siamo nell’era Covid-19, con tutti i finanziamenti che arrivano dalla UE e quando ormai vediamo giornalmente gli effetti dei cambiamenti climatici con fenomeni naturali estremi o mai visti, con la desertificazione del nostro territorio e la salinizzazione delle falde.

Edison, ENI e Cerano hanno dato lavoro a tanti brindisini nel secolo scorso, ma le cose sono cambiate: c’è l’emergenza climatica e i posti di lavoro in queste grandi opere riguardano poche decine di posti. E il costo in tema di ambiente e salute è stato altissimo: lo dimostrano il sito di bonifica nazionale di Micorosa, il più inquinato d’Europa, lasciatoci in eredità dalla Edison, o gli alti tassi di tumori lasciateci dalla megacentrale di Cerano.

In questi ultimi mesi le lobby delle grandi aziende, ENEL, ENI, A2A, Edison, TAP, SNAM e altre, vorrebbero continuare questo scempio a danno di salute, ambiente e territorio del brindisino, come una Fenice che rinasce dalle sue ceneri mortali:

  • la più grande megacentrale d’Europa, la Federico II ENEL di Cerano, invece di chiudere nel 2021, si vuole convertire al gas di TAP;
  • A2A Brindisi Nord, centrale chiusa dal 2013, ora vuole rinascere a gas
  • Edison e il Deposito GNL a Costa Morena

E i sindacati di categoria e confindustriali in questi giorni appoggiano tali iniziative con motivazioni illogiche e imposte dalle attività lobbyistiche di ENEL, ENI, A2A, Edison, SNAM, TAP, che perseguono solo l’interesse dei loro azionisti, e non dei cittadini di Brindisi, come in passato. E le amministrazioni pubbliche, dal Comune, alla Provincia, alla Regione fino ad arrivare ai politici nazionali, come l’ex presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, appoggiano tali richieste dei lobbyisti, in piena campagna elettorale.

Vediamo le posizioni ufficiali di sindacati, organizzazioni industriali e politici apparse sui giornali locali e perché sono sbagliate:

  • Sindacati e la scusa dell’occupazione: la centrale ENEL di Cerano con più di 300 occupati attuali oltre all’indotto del porto per lo scarico del carbone, attracco navi, eccetera, doveva chiudere nel 2021: con la conversione a gas basterebbero 30 dipendenti. A2A Centrale Brindisi Nord è ferma e basterebbero poche decine di dipendenti nella conversione a gas. TAP ha la sede logistica nella zona industriale di Brindisi, 15 dipendenti. Tutti tecnici specializzati, pochi di Brindisi. Perché spendere miliardi di fondi pubblici e del Just Transition Fund per avere meno di un centinaio di occupati, di cui una minima parte di operai locali? Basterebbe spendere pochi milioni in agriturismi e parchi per avere una nuova occupazione molto maggiore… Per non parlare se si investisse in comunità energetiche locali.
  • La scusa degli investimenti sul territorio: ENEL, ENI, A2A, Edison, SNAM, TAP e altre aziende quotate, che devono produrre dividendi sulle azioni per i loro azionisti proprietari, investiranno su Brindisi solo per produrre ulteriori profitti, senza nessun interesse per i cittadini e il territorio. Un esempio: in questi giorni è arrivata una comunicazioni di ENEL Gas a tutte le famiglie brindisine che aumenta nella bolletta del gas il costo del metano da 0.285 €/mc a 0.31€/mc: un aumento del 10% permesso da Arera, malgrado il prezzo del gas a livello internazionale sia sceso anche per effetto della riduzione dei consumi dovuti al Covid e a causa della sovrapproduzione di gas. Altro esempio: SNAM, per l’interconnessione del megagasdotto TAP/SNAM, come ristoro per il territorio, ha previsto delle nuove stazioni di rifornimento di metano sul territorio dopo gli scempi fatti sul territorio. Quali sono i ristori per i cittadini? Paghiamo di più il gas…
  • La scusa della sicurezza della fornitura energetica: la Puglia produce già il doppio dell’energia che consuma, e in particolare il territorio di Brindisi: con la centrale di A2A ferma e Cerano a un terzo della sua potenzialità produttiva e la centrale a turbogas di Eni Power nella ex Montedison. Aggiungiamo gli oltre 2000 ettari in Valutazioni d’Impatto Ambientale di nuovi megaimpianti fotovoltaici chiesti nella provincia di Brindisi per un totale di 4 Gigawatt e conseguente consumo di suolo agricolo e le decine di VIA richieste per il megaeolico (vedi EON a Mesagne o il progetto WPD Muro tra San Pancrazio, Erchie, Mesagne, Cellino), o gli impianti di compostaggio anaerobico per la produzione di biogas di Erchie e Brindisi. Brindisi terra di conquista “green” destinata allo scempio paesaggistico e inquinamento. Altro che “sicurezza nel rifornimento energetico”.
  • Deposito GNL a Costa Morena: per rigenerare il porto di Brindisi, ci mettiamo un megadeposito di di GNL: l’ultima idea di Edison SPA, socia al 50% del nuovo gasdotto Eastmed Poseidon, che dovrebbe appordare a Otranto e arrivare a Brindisi, a Matagiola. Megadeposito di gas liquido (il GPL delle auto), un ulteriore impianto a rischio industriale, oltre gli 11 impianti a rischio che già ci sono, e posizionato proprio dove arrivano le navi crociera, non in una zona neutra… E Ugo Patron Griffi, presidente dell’autorità portuale, sospeso per 8 mesi dal suo incarico con l’accusa di falso in atto pubblico, ora se la prende con gli ambientalisti, “avvertimento mafiosetto” la riserva delle stesse associazioni di ricorrere all’autorità giudiziaria nel caso si ravvedano illegittimità ed illegalità nel procedimento… Chi difende la propria terra ora è “mafiosetto”. Siamo all’assurdo.
  • La scusa del capacity market: il nuovo business delle aziende energetiche per avere finanziamenti senza neanche produrre energia: “le aste bandite dal gestore della rete, Terna, che paga i produttori fossili di energia perché garantiscano, con l’entrata immediata in funzione delle centrali a gas in caso di cali di produzione, l’energia necessaria per le esigenze nazionali.” Cioè noi a Brindisi, con la centrale Eni Power già attiva e due nuove centrali a gas, Cerano e A2A, dovremmo spendere miliardi per “garantire l’energia necessaria per le esigenze nazionali”? Ma se produciamo già il doppio dell’energia che consumiamo, compreso il fabbisogno dell’ex-Ilva…
  • Sono solo “stranded assets”:  il valore contabile di molte società considera già le aspettative dei ricavi economici di una buona parte di questo carbone, petrolio e gas che andrebbe lasciato sottoterra. Per questo si parla di “bolla del carbonio”: se si contrasterà seriamente il riscaldamento globale qualcuno dovrà rinunciare a un po’ di profitti, e quelle riserve di combustibili fossili conteggiate come futuri ricavi nei bilanci diventeranno degli stranded assets, ossia degli attivi non recuperabili. E’ il caso del magagasdotto TAP, che arriverà Brindisi per la fine del 2020, ma poi non c’è l’Interconnessione tra Matagiola e Massafra, da dove parte la Rete Adriatica SNAM, per portare il gas al Nord, a cui poi mancano importanti sezioni, come tra Foligno e Sulmona, zone altamente sismiche e contestate da istituzioni e popolazione locale, o il PRT di Sulmona, ancora solo in progetto, che dovrebbe decomprimere il gas di TAP per farlo arrivare a Minerbio, vicino a Bologna, per poi esportarlo verso l’Austria o stoccarlo nel nord Italia.

E’ il caso della conversione a gas delle centrali di Cerano e Brindisi Nord, visto che la Banca Europea degli Investimenti dal 2021 non finanzierà più infrastrutture fossili e che il testo uscito dal Just Transition Fund della Commissione Europea e dal Consiglio dell’UE “esclude investimenti legati in attività legate al gas naturale per ragioni legate ad estrazione e combustione del carbonio”. E dovremmo impegnarci per 30 anni a investimenti nel gas climalterante e fossile, obsoleti e contro tutte le politiche europee e internazionali, come l’agenda ONU 2030?

  • Ex-Ilva e la scusa della riconversione a gas: un’altra frottola: il carbone non è utilizzato negli impianti esistenti solo “per produrre calore” nelle acciaierie, ma anche per l’ossidoriduzione dei minerali provenienti dalle miniere e per arricchirli di carbonio ottenendo la ghisa. L’unica alternativa all’abbandono della produzione di acciaio a ciclo integrale è lo sviluppo e l’adozione della MOE. Convertire Taranto a gas richiederebbe di rifare tutto l’impianto ed è folle.
  • Lo scandaloso Decreto Semplificazioni: 160 associazioni ambientaliste di tutta Italia, compresi noi, hanno firmato le osservazioni contro il Decreto, che
  • 1. Semplifica la procedura di valutazione d’impatto ambientale, rendendo più semplice l’approvazione di progetti ambientalmente dannosi e riducendo il potere d’intervento dei cittadini
  • 2. Svuota di significato i Siti nazionali di Bonifica trattati come territori “ordinari” nonostante il gravissimo inquinamento, da Taranto a Falconara, da Bussi a Brindisi, da Livorno a Gela, da Milazzo a Mantova e altre decine di aree
  • 3. La bonifica si ferma ai suoli: e le falde contaminate? Abbiamo l’esempio di Micorosa, il più grande e inquinato SIN (Sito di Interesse Nazionale) europeo, i cui liquami si stanno sversando in mare per l’erosione della costa.
  • 4. I nuovi emendamenti di questi giorni, a quanto riferisce Milano Finanza, rischia di sbloccare le attività petrolifere upstream in Italia, mettendo a rischio i piani di Eni ma anche di operatori esteri come Shell e Total: si parla anche dei campi di estrazione di petrolio e gas al largo della costa brindisina, come Campo Aquila, finora bloccate come licenza. Estraiamo ancora petrolio a mare a Brindisi?

Le nostre richieste:

  • Chiudere subito la centrale di Cerano e tenere chiusa la centrale Brindisi Nord di A2A.
  • No alle oltre 30 richieste di VIA alla Provincia di Brindisi per impianti di megafotovoltaico che non producono occupazione e consumano suolo agricolo e rovinano il paesaggio caratteristico del Salento: non capiamo, dopo gli scandali degli impianti fotovoltaici con riduzione a schiavitù degli operai installatori degli inizi degli anni 2000, come nell’ultimo anno siano arrivate tutte queste richieste? Forse per il basso prezzo dei terreni? Forse per la facilità di eludere i vincoli paesaggistici del nostro territorio anche a causa della Xylella?
  • No alle richieste al Ministero Sviluppo Economico per impianti di megaeolico nella Provincia
  • No al Deposito GNL a Costa Morena: non porta occupazione, è fossile, serve un’idea diversa per il porto di Brindisi
  • No a impianti di compostaggio anaerobico per la produzione di biogas: i nostri rifiuti differenziati di organico diventano rifiuto industriale dopo la produzione di biogas: invece noi chiediamo impianti che producano compost da riutilizzare come fertilizzante organico nei terreni agricoli, visto che il 70% del territorio salentino è a rischio desertificazione, cioè con meno dell’1% di sostanza organica nel terreno e di contribuire così a rigenerare un terreno impoverito, che favorisce malattie come il complesso di disseccamento rapido degli ulivi e la xylella.

Cosa proponiamo:

  • Comunità energetiche: la Regione Puglia ha già istituito il Regolamento Regionale sulle Comunità energetiche, Legge Regionale n. 45/2019: i Comuni devono coordinare l’autoconsumo di energia e devono redigere un Piano Strategico di Produzione e Autoconsumo annuale. I Comuni dovrebbero poi dimostrare l’attuazione del 60% degli impegni presi, pena l’annullamento dello stanziamento dei fondi regionali. Le Comunità energetiche producono una vera “green economy”: le famiglie sovvenzionate risparmiano sulle bollette luce/gas, si crea una economia di installatori, manutentori, tecnici, operai per gli impianti di micro fotovoltaico e microeolico (Brindisi è città del sole e del vento), in più c’è l’indotto per produttori di sistemi di energia rinnovabile e intermediari commerciali. E si evitano centrali a turbogas e il consumo di suolo (land-grabbing) dei megaimpianti: sono tutte azioni politiche che non danno profitto alle solite grandi aziende energetiche, ma vanno direttamente in tasca ai cittadini e alle amministrazioni comunali: non è semplice la soluzione? Le direttive europee le prevedono: la RED II, renewable energy directivedefinisce chiaramente le Renewable Energy community (REC): l’ obiettivo delle REC è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.
  • Compostaggio aerobico: impianti che producano compost da riutilizzare come fertilizzante organico nei terreni agricoli per combattere la desertificazione e favorire la biodiversità, invece di usarlo in modo anaerobico per produrre biogas e lasciare i residui come rifiuti industriali.
  • Bonifica immediata del SIN Micorosa: con bonifica reale, appalti senza odore di mafia. Il telone isolante ormai è corroso e rischia di arrivare in mare e distruggere i confinanti parchi regionali con i fenicotteri rosa.
  • Bonifica della centrale Federico II: realizzare la proposta del Prof. Borri, assessore all’Urbanistica del Comune di Brindisi, di creare una Grande Foresta Orientale, dal Parco delle Saline di Punta della Contessa fino al Bosco del Tramazzone o Bosco di Cerano. Smantellare la centrale e convertire il terreno consumato di cemento in impianto fotovoltaico, con ritorni economici anche per ENEL.
  • Una nuova visione del ex-porto turistico di Brindisi, non più deposito di carbone e GNL fossili, ma di nuovo un porto turistico, come negli anni ‘70-’80, ambientalmente favorevole, e traino per una città sostenibile, con una economia sostenibile ed energeticamente comunitaria.

Associazioni firmatarie:

  • Movimento No TAP/SNAM della Provincia di Brindisi
  • Redazione di emergenzaclimatica.it, organizzazione registrata come rappresentante d’interessi presso la Commissione Europea
  • WWF Brindisi
  • Cobas Brindisi
  • Comitato No Compostaggio Erchie

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