La decarbonizzazione è una realtà dalla quale non si può tornare indietro e, per questo motivo, serve una “Road Map” che porti al migliore degli esiti possibili, in termini di occupazione, sostenibilità e ritorno economico per il territorio.

L’obiettivo è ambizioso e per nulla semplice da centrare ma i livelli politico-istituzionali locali hanno il diritto e il dovere di chiedere a una sola voce impegni vincolanti anche a Enel e al governo affinché la transizione rappresenti una svolta concreta e irreversibile per Brindisi, polo industriale tra i più complessi e articolati d’Europa, visti gli importantissimi insediamenti produttivi ospitati tra città e provincia, ma bisognoso di un improcrastinabile rinnovamento che necessariamente deve puntare ai tre obiettivi sopra citata: occupazione, sostenibilità e ritorno economico.

La Cgil è da sempre attenta ai profondi mutamenti globali che investono il pianeta e, per questo, non sono passati inosservati i grandi progetti che vedono in prima fila Enel, tanto in giro per l’Italia, quanto dall’altro capo del mondo. A Civitavecchia, ad esempio, il progetto per la produzione di energia da idrogeno verde vede il Comune laziale capofila: un percorso concreto, che passa da un confronto pubblico e dal coinvolgimento dei comuni del comprensorio. Percorrendo questa strada, si potrebbe creare un nuovo polo di ricerca e produzione da fonti rinnovabili, in particolare idrogeno verde, appunto, indicando anche l’impatto a livello ambientale e occupazionale. La produzione da idrogeno verde avrebbe un effetto importante per una transizione davvero epocale, definitiva e sostenibile. Tale obiettivo è in linea non solo con gli impegni sulla decarbonizzazione, ma anche con lo sviluppo di settori di ricerca e la realizzazione di elettrolizzatori e accumulatori, con evidenti vantaggi a livello economico e occupazionale. Tra l’altro, guardando oltre lo steccato di casa nostra, Enel pare essere molto consapevole dei benefici che una transizione di questo tipo può portare: la società italiana a partecipazione statale, infatti, si è aggiudicata un progetto pilota in Cile che sarà operativo nel 2022. Si tratta di un impianto che produrrà idrogeno rinnovabile attraverso un elettrolizzatore alimentato da energia eolica. A realizzarlo sarà Enel Green Power con Enap, Siemens Energy e Porsche. Perché in Cile sì e a Brindisi no?

Pertanto, il tema trattato parte dal presupposto che Enel debba presentare ulteriori piani di investimento per il futuro della Centrale ENEL di Cerano che vadano a integrare i progetti già presentati, nella consapevolezza generale della funzione essenziale che quell’impianto ha occupato ed occupa nel complesso equilibrio del sistema energetico dell’intero paese, tanto da farlo risultare nel tempo il principale esportatore di energia. Dunque, è necessario che Brindisi sia all’interno del processo di decarbonizzazione avviato dall’Unione Europea ma riteniamo pure che uno sviluppo coerente dell’impiego dell’idrogeno debba realizzarsi anche a Brindisi attuando gli indirizzi del Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC). Uno degli strumenti per la produzione di idrogeno dal metano è quello mediante processi di reforming associati alla separazione della CO2 (gas stream reforming) che viene in seguito confinata nel sottosuolo con tecnologie di cattura e sequestro (Carbon Capture and Storage), tale strumento può diventare competitivo nel medio periodo aprendone così una più larga possibilità di impiego. Tra l’altro ENEL inaugurò, ormai 10 anni fa, il primo impianto pilota di cattura della Co2 in Italia proprio a Brindisi all’interno della Federico II, salvo poi accantonare il progetto. Lo sviluppo delle tecnologie di cattura e stoccaggio della Co2 sembrano invece prioritarie per diverse compagnie italiane del settore, in particolare per l’ENI, che ha avviato le procedure per realizzare nell’Adriatico a Ravenna un grande centro di cattura-stoccaggio.