La perdita dei posti di lavoro è dovuta al mancato rinnovo dei contratti a termine, ma non solo. In controtendenza, sanità, costruzioni e finanza

«Persi» 28.767 addetti in Puglia. Vale a dire il tre per cento della forza lavoro. È quanto emerge dall’ultimo studio condotto da Davide Stasi, responsabile dell’Osservatorio Economico di Aforisma School of Management, riferito al terzo trimestre di quest’anno (luglio-settembre).

La perdita di tanti posti di lavoro è dovuta, principalmente, al mancato rinnovo dei contratti a termine e alla forte stagionalità del settore turistico-ricettivo, in gran parte compromessa dal Covid-19.

«L’analisi per settori e per province – spiega Stasi – consente di comprendere quali siano i comparti e quali siano le aree più colpite dalla recessione economica, innescata dal nuovo coronavirus. Prendendo in esame le imprese attive ed escludendo quelle cancellate o sottoposte tuttora a procedure concorsuali, la più penalizzata è la provincia di Foggia che ha perso ben 8.663 addetti, pari ad un tasso negativo del 5,7 per cento: da 151.244 unità lavorative a 142.581. Seguono, in termini percentuali, la provincia di Brindisi, con una flessione del -4,7 per cento (da 87.998 a 83.904, ovvero 4.094 addetti in meno); quella di Lecce, con un decremento del -3,6 per cento (da 177.535 a 171.124, ovvero 6.411 addetti in meno); quella di Taranto, con un calo del -2 per cento (da 122.785 a 120.299, ovvero 2.486 addetti in meno); quella di Bari e Barletta-Andria-Trani, con una contrazione del -1,8 per cento (da 405.899 a 398.786, ovvero 7.113 addetti in meno). Nelle aziende attive pugliesi – evidenzia Stasi – si contano 916.694 addetti. La media è di 2,8 addetti per impresa, considerato che le attività economiche attive, iscritte al «Registro Imprese» delle Camere di commercio della Puglia, sono 328.881. Il sistema produttivo pugliese è caratterizzato, nel complesso, dalla forte presenza di ditte individuali e micro-imprese, considerato che la media per impresa non arriva neppure alle tre unità lavorative».

In particolare, gli addetti nelle «attività dei servizi di alloggio e ristorazione» sono diminuiti di 14.282 unità, pari ad un tasso negativo del 14,2 per cento (da 100.362 a 86.080).

Nell’agricoltura, si registrano 9.247 addetti in meno (da 110.942 a 101.695, ovvero l’8,3 per cento in meno). Nel manifatturiero, «scomparsi» 2.262 addetti (da 148.383 a 146.121).

In termini percentuali, a pagare di più sono le «attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento», che hanno avuto un calo del 16,3 per cento (da 13.743 a 11.505, cioè meno 2.238 addetti).

In difficoltà anche il commercio che ha «perso» 2.088 addetti (da 207.262 a 205.174); le attività di noleggio e delle agenzie di viaggio (-1.395 addetti; da 59.498 a 58.103); le attività professionali, scientifiche e tecniche (-252 addetti; da 20.545 a 20.293); i servizi di informazione e comunicazione (-184 addetti, da 18.397 a 18.213).

In controtendenza, la sanità e l’assistenza sociale (+1.034 addetti; da 43.394 a 44.428, pari ad un incremento del 2,4 per cento); le costruzioni (+976 addetti; da 89.571 a 90.547); il trasporto e il magazzinaggio (+845 addetti; da 54.114 a 54.959); le attività finanziarie e assicurative (+347; da 19.405 a 19.752).

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