SVOLTA GREEN A BRINDISI: IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI IDROGENO VERDE
Ci avevamo visto lungo e giusto quando, in tempi non sospetti, abbiamo stimolato la discussione su un possibile e auspicabile futuro a idrogeno green per Brindisi.
È di poche ore fa la notizia secondo cui in Regione stanno prendendo forma progetti tesi a portare qui da noi la tecnologia e le infrastrutture necessarie alla produzione di energia pulita. Dunque, si può affermare che la Cgil di Brindisi ha colto, a suo tempo, i corretti segnali che indicano la via per un necessario cambio di paradigma del sistema industriale, energetico ma non solo, della realtà locale, articolata in un polo costituito da insediamenti sia strutturalmente che ideologicamente obsoleti.
L’annuncio, poi, del sindaco Rossi in commissione consiliare ha un peso non indifferente e speriamo che sia il primo passo di un percorso lungo e lungimirante che possa portare Brindisi a un altro livello in termini economici e sociali: il primo cittadino, in commissione, ha dichiarato che “in Regione è in fase di valutazione un impianto per la produzione di idrogeno da fotovoltaico che verrebbe immesso nella rete Snam, diminuendo la necessità di gas”.
La Cgil di Brindisi da tempo si interroga ed elabora le proprie proposte sul tema, avendo intuito per tempo le enormi potenzialità che una simile transizione energetica e industriale si porta in dote. Non pretendiamo di essere antesignani o avanguardisti delle nuove frontiere della produzione energetica ma siamo attenti a quanto ci succede intorno e non ci sono sfuggiti i profondi mutamenti che in diverse parti del mondo stanno già restituendo risultati importanti, in termini di sostenibilità ambientale e occupazionale. Percorrendo questa strada, si potrebbe creare un nuovo polo di ricerca e produzione da fonti rinnovabili, in particolare idrogeno verde, appunto, indicando anche l’impatto a livello ambientale e occupazionale. La produzione da idrogeno verde avrebbe un effetto importante per una transizione davvero epocale, definitiva e sostenibile. Tale obiettivo è in linea non solo con gli impegni sulla decarbonizzazione, ma anche con lo sviluppo di settori di ricerca e la realizzazione di elettrolizzatori e accumulatori, con evidenti vantaggi a livello economico e occupazionale. Tra l’altro, guardando oltre i nostri confini, Enel pare essere molto consapevole dei benefici che una transizione di questo tipo può portare: la società italiana a partecipazione statale, infatti, si è aggiudicata un progetto pilota in Cile che sarà operativo nel 2022. Si tratta di un impianto che produrrà idrogeno rinnovabile attraverso un elettrolizzatore alimentato da energia eolica. A realizzarlo sarà Enel Green Power con Enap, Siemens Energy e Porsche.
Oggi veniamo a sapere che c’è già un progetto che aspetta a Bari i nullaosta necessari per arrivare a Brindisi: “Prometheus”, questo il nome che si è voluto dare al piano industriale, in riferimento alla figura mitologica dell’antica Grecia che rubò il fuoco agli dei, dovrebbe interessare un’area di quasi 300 ettari che promette di fare di Brindisi il maggiore polo europeo dell’idrogeno green. La Cgil si augura che questi non rimangano proclami da consegnare alla stampa per rimanere sulle colonne dei giornali ma si trasformino in atti concreti che, già nel breve e medio termine, restituiscano dei risultati tangibili per il territorio. Gli otto partner guidati da Siemens che sarebbero interessati alla questione deveno ripercorrere i passi già compiuti altrove da altre grosse realtà produttive, trovando le giuste soluzioni per agevolare la transizione green a Brindisi, tenendo insieme interessi economici, sostenibilità ambientale e ritorno occupazionale: sembra una missione impossibile ma, con l’impegno di tutti, dalle istituzioni ai gruppi industriali, passando per le parti sociali e la politica, l’obiettivo è ambizioso ma alla portata.
Le strade per giungere alla meta sono diverse: quella che sembra essere stata scelta per “Prometheus” dovrebbe puntare, come detto, alla produzione di idrogeno dal fotovoltaico che dovrebbe essere immesso e utilizzato nella rete Snam e nella riconvertita centrale a turbogas di Enel e all’utilizzo di una centrale a biomasse per la produzione di bio-gnl e bio-gas che alimenterà i mezzi di trasporto locale, le navi da crociera e i camion. Il trasporto del combustibile dovrebbe essere affidato al Consorzio Asi che muoverà l’energia prodotta da scarti animali e vegetali su dei treni nella zona industriale per oltre 250mila tonnellate all’anno.
Non serve un veggente per visualizzare l’enorme potenzialità di un simile sistema, dalla sua creazione fino alla messa a regime: si parla di un investimento da circa 300 milioni di euro e di poco meno di 500 unità lavorative da impiegare nella fase di realizzazione, di un’occupazione diretta di circa 100 lavoratori e di un’occupazione indiretta di circa 400 unità.
Passare dalle parole ai fatti, però, non è propriamente facile come la Storia insegna: per imbastire una simile, mastodontica, opera di rinnovamento servono risorse e in realtà neanche quelle bastano, da sole. Serve convogliare sforzi e capitali nei giusti canali, evitando sperperi o, ancora peggio, indirizzi che vedano il Mezzogiorno ancora una volta penalizzato. La pandemia, nostro malgrado, ha consentito al nostro Paese di ottenere la parte più consistente del Recovery Fund messo a disposizione dalla Comunità Europea agli Stati messi in ginocchio dall’emergenza sanitaria ed economica ma questa importante iniezione di energia deve muoversi seguendo la bussola delle necessità dei territori: ci sono enormi pezzi di Meridione che già prima che la pandemia colpisse aveano impellente bisogno di investimenti e rinnovamento, intere regioni che hanno visto sempre passare in secondo e terzo piano i legittimi interessi e le sacrosante richieste provenienti dai territori.
Il rischio grosso che stiamo correndo, quindi, è che le risorse europee, ancora una volta, vengano deviate verso altre realtà che già in passato hanno ottenuto migliori trattamenti e le cui condizioni sono decisamente migliori di quelle che possono essere quelle che vediamo a Brindisi e nei dintorni: ci sono indicatori economico-sociali allarmanti, che abbiamo ampiamente analizzato, che ci dicono che non c’è tempo da perdere. Spopolamento, dispersione scolastica, disoccupazione, giovanile e non, non sono degli spettri che agitano i sonni dei cittadini ma delle tristi realtà che si aggravano ogni giorno di più e che scavano un divario tra Nord e Sud sempre maggiore e sempre meno recuperabile. Per questi motivi gli investimenti e tutte le articolazioni per le quali si riescono a intercettare risorse di ogni tipo devono guardare al Mezzogiorno e contribuire allo sviluppo di una delle aree meno progredite dell’intera Europa.
Noi abbiamo messo a disposizione le nostre idee e i nostri progetti, sottolineando anche i vantaggi da cogliere per portare a Brindisi quella che è una vera e propria rivoluzione: i grandi gruppi che potrebbero essere interessati a questo imponente movimento non devono sottovalutare le opportunità offerte dalla partenza della Zes Interregionale Adriatica Puglia-Molise, attivata ufficialmente lo scorso 16 settembre. La zona franca portuale e retroportuale, poi, deve diventare essenziale per attrarre le imprese a Brindisi.
Abbiamo urgente bisogno di preme l’acceleratore sul pedale dello sviluppo sostenibile e l’idrogeno green, nelle sue diverse declinazioni, rappresenta un’occasione da non lasciarsi sfuggire e a cui dedicare ogni attenzione e sforzo: bisogna fare le cose per bene, valutando ogni mossa ed evitando di disperdere energie e risorse in mille rivoli che non portano a nulla se non a scavare ancor di più quel solco che ci separa dalle realtà più virtuose e progredite della nostra.
Il Segretario Generale
Antonio Macchia