Dodici mesi fa, agli albori del 2020, nessuno avrebbe immaginato quello che aspettava l’umanità in questo anno terribile.
Nessuno poteva figurarsi di dover fare i conti con una tragedia così grande da non riconoscere confine alcuno. Nessuno immaginava le pesantissime conseguenze con le quali tutti avrebbero dovuto fare i conti, a tutti i livelli. Gli ultimi giorni di ogni anno rappresentano la naturale occasione per stilare un bilancio personale, sociale e politico, nel senso più nobile del termine, di quanto accaduto nel corso dei dodici mesi passati ma nessuno, dodici mesi fa, avrebbe pensato di dover trovare un posto nel proprio resoconto annuale per parole come pandemia e per i suoi contraccolpi, crisi sanitaria, economica e sociale.
Eppure, in maniera del tutto inaspettata fino a poche settimane fa, il 2020 si chiude con un raggio di speranza chiamato vaccino che ci consente di accogliere il nuovo anno con lo spirito sollevato, almeno un po’. La campagna vaccinale appena iniziata arriva come una boccata d’aria fresca al fotofinish dell’annus horribilis 2020 e non è un caso che le case farmaceutiche e le istituzioni mondiali abbiano lavorato senza sosta per rilasciare le prime dosi di siero entro la fine dell’anno.
Forse perché in Cgil siamo degli inguaribili ottimisti, vogliamo anche noi congedare l’anno che sta per finire volgendo lo sguardo al futuro e a un 2021 che possa essere un nuovo Rinascimento dopo dodici mesi di buio pesto. La fiducia nel futuro è scritta nel nostro Dna ma come attori sociali attenti a quello che ci accade intorno non possiamo non richiamare l’attenzione, anche in questo momento, sui tanti problemi che ci sono e che la situazione attuale ha contribuito ad acuire, in un modo o nell’altro. Lo spirito che muove le nostre considerazioni parte dalla volontà di partecipare al miglioramento che tutti vogliono e si aspettano e, per questo, ancora una volta, rinunciamo alla polemica per percorrere il sentiero, sicuramente più stretto e tortuoso, della proposta.
Il 2020 ci lascia un’eredità pesante in termini di aumento delle disuguaglianze economiche e sociali, in parte dovute alla pandemia globale, che impone a tutti e a tutti i livelli di concorrere al cambio di passo vanamente invocato da oltre vent’anni. Non parliamo per frasi fatte e luoghi comuni: il nostro osservatorio sindacale ha registrato, nel corso degli ultimi dodici mesi, un peggioramento di alcuni degli indici sentinella, quelli dal cui andamento si decifra lo stato di salute di una comunità.
Dispersione scolastica, prospettiva demografica di spopolamento, disoccupazione giovanile e non, crisi industriale, crollo di interi comparti economici e produttivi, emergenza sanitaria e questione scolastica sono solo alcuni degli allarmi rossi che suonano incessantemente e che richiedono misure urgenti per mettere in atto un’inversione di tendenza improcrastinabile e necessaria per evitare guai peggiori di quelli in cui ci troviamo.
Per riprendere un percorso che si è interrotto ben prima che la pandemia travolgesse tutto, bisogna ripartire dai temi che rappresentano i pilastri sui quali una società che vuole dirsi moderna, efficiente e solidale si basa: Istruzione, Sanità, Ricerca, Ecologia devono diventare le parole chiave del 2021, sostituendosi ai vecchi sistemi che hanno fatto dell’aumento profitto l’unica rotta da seguire.
A Brindisi, per quello che ci riguarda, la Cgil è consapevole delle cose da fare e non si è mai tirata indietro nel denunciare, nel proporre soluzioni e nello stimolare un dialogo tra le parti interessate. Transazione energetica, sviluppo del porto e questione trasporti, locali e nazionali, devono rappresentare alcune delle priorità da affrontare al più presto possibile: sarebbe bello, tra dodici mesi, poter parlare di progetti ben avviati, di idrogeno green, di “Green new deal” per Brindisi, progettare una nuova industria creativa e culturale, oppure ragionare dello scorporo del porto dal sistema dell’autorità portuale, unica via per riprogrammare l’assetto e le strategie che potrebbero rendere il porto di Brindisi un volano per la ripresa e per il rilancio dell’intero sistema economico del territorio.
Mossi dall’ottimismo sindacale e sociale che ci contraddistingue, pensiamo che il 2021 possa essere l’anno della svolta: coi fondi che l’Europa ha messo a disposizione degli Stati per far fronte alle conseguenze della pandemia, il famoso Recovery fund, se ben distribuiti e ben impiegati, si potrebbero mettere a disposizione le risorse necessarie a riqualificare molte delle storture che hanno caratterizzato gli ultimi decenni del nostro Paese, da Nord a Sud.
La Sanità e l’Istruzione pubbliche hanno mostrato tutti i propri limiti: vero è che l’emergenza ha messo sotto sforzo l’intero sistema Paese, con maggiore riferimento proprio agli ospedali e alle scuole, ma è innegabile che è necessario potenziare entrambi i settori per poter guardare al futuro con maggiore serenità. Uno Stato che non si poggia sulla Sanità e sull’Istruzione non ha un avvenire molto radioso e lungo davanti a sé. Nel resto d’Europa, i sistemi sanitari e scolastici hanno retto meglio l’urto dell’emergenza: qui da noi, solo grazie all’altissimo senso del dovere mostrato da tutti i lavoratori impegnati in corsia e sul territorio, dai medici fino agli ausiliari, passando per ogni categoria impegnata sul pianeta Sanità, e agli sforzi di migliaia di insegnanti che hanno garantito il prosieguo delle lezioni pur tra mille difficoltà non stiamo parlando di un tracollo totale dell’intero sistema. È del tutto evidente che interventi in questi comparti siano indispensabili per rialzare la testa: dal potenziamento della Sanità e dell’Istruzione passano le speranze per un futuro migliore, magari non a brevissimo termine, da leggere nei libri di Storia come Nuovo Rinascimento.
Non agire ora, guardando alle opportunità che piani come il Recovery Fund si portano appresso, sarebbe un peccato mortale che condannerebbe questa e le future generazioni a un peggioramento continuo, inesorabile e irreversibile che non ci possiamo permettere. Le nostre speranze di rinascita passano, come detto, dalla riconversione energetica del nostro polo industriale, dallo sviluppo del porto, pienamente attuabile una volta compiuto lo scorporo che chiediamo da tempo e che mortifica le energie potenziali possedute dall’infrastruttura, e dalla connessione del territorio al resto del tessuto produttivo nazionale, con il potenziamento dello scalo aeroportuale affinché, assieme al porto, al retroporto e alle altre infrastrutture dei trasporti da riqualificare, si possa parlare di Brindisi come un Hub del trasporto di merci e persone.
Sono questi alcuni degli interventi, a livello locale e a livello globale, da attuare in questo 2021 che sta per iniziare se vogliamo lasciarci alle spalle un’epoca storica terribile iniziata anni fa e che, speriamo, possa chiudersi con l’ancor più terribile 2020. Il Nuovo Rinascimento che tutti auspichiamo passa dalle nostre mani, dalla nostra capacità di abolire i modelli che hanno caratterizzato il passaggio dal vecchio al nuovo millennio, messi a punto con l’unico scopo dell’aumento spasmodico del profitto, e di crearne di nuovi, improntati alla solidarietà, all’equità, al rispetto del prossimo e dell’ambiente.
Avremmo voluto condividere un bilancio diverso da quello col quale dobbiamo fare i conti, non c’è dubbio, ma da inguaribili ottimisti quali siamo non possiamo che guardare al futuro e all’anno che sta per iniziare con speranza, consapevoli che, oggi più che mai, il destino è nelle nostre mani e che saranno le nostre azioni e le nostre scelte a determinare la strada che prenderemo.
Permettetemi di ricordare, in conclusione, chi ci ha lasciato in questo 2020 in cui la morte, non possiamo nasconderlo, ci ha fatto compagnia ogni giorno: Carla Nespolo, Lidia Menapace, Valentina Pedicini, tra i tanti e le tante, rimarranno nei nostri cuori grazie a quello che hanno fatto in vita. Il loro esempio è la più preziosa eredità che un essere umano possa lasciare ai posteri e loro, con la loro intelligenza, con la loro arguzia, con la loro tenacia, col loro talento e con la loro empatia, rappresentano di diritto una stella polare cui affidare la nostra rotta. Con loro abbiamo un debito che va onorato: dobbiamo rimboccarci le maniche per costruire già da oggi una società migliore, una società all’altezza delle aspettative che Carla, Lidia e Valentina hanno coltivato per tutta la loro vita.
Il Segretario Generale
Antonio Macchia