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COVID: LA CACCIA NON È UNO STATO DI NECESSITÀ! Critiche delle associazioni (animaliste e ambientaliste) all’ordinanza pro caccia di Emiliano.

Critiche delle Associazioni regionali aderenti al CRIAA – il Coordinamento Regionale Interassociativo  per la tutela Ambientale e Animale (GUARDIE PER L’AMBIENTE, LIPU, LAV, ENPA, OIPA, RANGERS  D’ITALIA, GIACCHE VERDI, NOGEZ, GUARDIE AMBIENTALI, ANPA, ACCADEMIA KRONOS,  ANIMALISTI ITALIANI, FARE VERDE) – verso l’Ordinanza n. 5 del 9 gennaio 2021 del Presidente  Emiliano che autorizza, sia pure con delle limitazioni, anche nelle giornate “arancioni”, i cacciatori a   svolgere la loro attività al di fuori del loro comune di residenza giustificando la caccia come strumento  necessario di intervento nei confronti di un presunto “stato di necessità per conseguire l’equilibrio  faunistico-venatorio, limitare i danni alle colture, nonché il potenziale pericolo per la pubblica  incolumità”. 

Affermano le Associazioni: “Uno “stato di necessità” dovrebbe essere comprovato da dati oggettivi  che possano dimostrare la sussistenza di un rischio imminente per le colture e per la pubblica  incolumità, nonché l’effettiva idoneità dell’attività venatoria a porre rimedio a tale asserita emergenza  e, se così fosse, l’esercizio venatorio dovrebbe essere limitato alle specie ritenute “dannose” o  “pericolose” ”.  

In realtà la normativa sulla caccia (Legge n. 157/1992) chiarisce la funzione e gli obiettivi dell’attività  venatoria, il cui esercizio non si può certamente qualificare di pubblica utilità, essendo peraltro svolto  sulla base di una concessione e in maniera subordinata rispetto al preminente interesse di  conservazione della fauna selvatica, quale patrimonio indisponibile dello Stato. 

Concludono le Associazioni: “Questa ordinanza appare come l’ennesimo provvedimento filovenatorio,  in contrasto con le limitazioni previste dal DPCM in vigore al fine di tutelare il primario interesse della  salute pubblica. La caccia è una (discutibile) attività ludico-ricreativa che non è assimilabile ad attività  professionale (infatti la fauna selvatica abbattuta non è commerciabile) e che è assolutamente  diversa, per scopo e funzioni, dalla gestione della fauna, attività scientifica e regolata dall’art. 19  della legge 157 del 1992: articolo che esclude, anche in caso di ricorso eccezionale a piani di  controllo, il ricorso ad operatori privati quali i cacciatori.”. 

E se proprio di pubblica incolumità dobbiamo discutere allora i riferimenti cadono sui dati oggettivi.  Nella stagione venatoria 2019/2020 vi sono state 91 vittime umane di cui 27 morti e 64 feriti. Di  questi 76 in ambito venatorio di cui 8 feriti non cacciatori più 20 morti e 48 feriti cacciatori. E di  questi 22, che non erano cacciatori, i morti sono stati 7 e i feriti 15. 

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