Pubblicata una ricerca sul Proteoglicano-4: un suo incremento consente dosaggi minori dei farmaci attuali, diradando i pesanti effetti collaterali. Il direttore scientifico Giannelli: “Una prospettiva strategica mirata a ottimizzare le terapie oncologiche già in uso”

Una grande arma per combattere i tumori al fegato era dentro di noi, e non lo sapevamo. Un’arma fisiologica, naturale. E potente. Ha il nome di una proteina, Proteoglicano-4 (in sigla Prg-4), e la produce il nostro organismo: l’Irccs de Bellis di Castellana ha scoperto che aumentandone la presenza – stimolandone l’autoproduzione a livello epatico o somministrandola dall’esterno – aumenta l’efficacia dei farmaci oggi in uso, consentendo al tempo stesso di ridurne i dosaggi con ovvie ricadute in termini di minori effetti collaterali. Quegli effetti che rappresentavano il più grande ostacolo, spesso insormontabile, nella lotta all’epatocarcinoma (HCC), ossia il quinto tumore in ordine di frequenza e il terzo per malignità. Dunque, ottimizzando l’efficacia terapeutica, la ricerca castellanese segna una innovativa strategia in campo oncologico, tanto da essere stata appena pubblicata sul prestigioso Cell Death and Disease (rivista del gruppo Nature Publishing Group).

Vediamo la situazione fino ad oggi. La terapia d’elezione che offre i migliori risultati in termini di sopravvivenza rimane quella chirurgica, quando il tumore è asportabile. Ma nella maggior parte dei casi l’avanzamento della neoplasia rende impossibile l’approdo in sala operatoria, per cui da un decennio si interviene con una terapia farmacologica, basata sull’impiego del Sorafenib in prima linea e del Regorafenib in seconda. Entrambi sono potenzialmente molto attivi nel limitare la progressione tumorale, ma nella pratica clinica il loro successo è fortemente condizionato dalla comparsa di pesanti effetti collaterali che di fatto o limitano il loro impiego o, riducendone le dosi, l’efficacia; e si arriva spesso all’abbandono della terapia, anche con altri farmaci di ultima generazione. “Il Proteoglicano-4 è una glicoproteina, cioè una proteina con attaccati alcuni zuccheri – spiega il dottor Francesco Dituri, biologo assunto all’Irccs come ricercatore mediante la procedura ministeriale ormai nota come Piramide della Ricerca – prodotta dal nostro organismo e distribuita soprattutto nelle articolazioni e nell’occhio, dove agisce come un ‘lubrificante’ fisiologico (da cui anche il nome di Lubricina). La ricerca per la prima volta descrive il suo ruolo nei casi di cancro al fegato. Due gli aspetti rilevanti: da un lato, elevati livelli di Prg-4 nel tessuto tumorale comportano una migliore sopravvivenza dei pazienti; dall’altro, i due citati farmaci diventano molto più efficaci nel distruggere le cellule tumorali, se è presente il Prg-4: che essendo già nel nostro organismo non comporta effetti collaterali”.

Questi risultati, per il loro carattere fortemente pionieristico, hanno richiesto un lungo periodo di validazione scientifica, coinvolgendo numerosi ricercatori dell’Istituto anche in collaborazione con colleghi statunitensi. “Il risultato ottenuto – sottolinea il direttore scientifico dell’Irccs, Gianluigi Giannelli – può aprire nuovi scenari nella lotta contro il cancro migliorando l’efficacia delle terapie oncologiche e individuando nuovi bersagli cellulari. L’assoluta innovazione della nostra ricerca sta nell’aver di fatto potenziato l’effetto antitumorale dei farmaci più impiegati nella cura, riducendone però i dosaggi grazie all’impiego simultaneo del Prg-4. Ora stiamo ampliando le nostre ricerche a tutti i tumori gastrointestinali”. A tutti gli effetti, dunque, una nuova strategia d’azione: “Tanto innovativa – conclude il direttore generale dell’Irccs, Tommaso Stallone – da essere ora al vaglio di commissioni internazionali e nazionali brevetti. Senza dimenticare che l’impiego di questa proteina è stato di recente approvato dalla Food and Drug Administration statunitense, l’equivalente dell’Aifa”.

 

Foto:Da sin., il ricercatore Francesco Dituri (primo autore) e caporicerca nonché direttore scientifico del de Bellis, Gianluigi Giannelli