La RAI sta presentando esempi virtuosi di impegno civile e professionale contro il corona virus. Recentemente ho sentito un’intervista ad un odontoiatra che ha chiesto ed ottenuto di lavorare in un reparto covid genovese. L’odontoiatra è il brindisino Luigi Rubino che ha detto di ispirarsi al padre, l’indimenticabile Franco Rubino.

Ho conosciuto il professor Rubino quasi quaranta anni fa in un incontro formale nel centro Provinciale Antitubercolare e Malattie Sociali che ha diretto per molti anni, mostrando pienamente la professionalità del tisiologo e pneumologo e la grande umanità.

Ben presto il rapporto formale si trasformò in una vera amicizia in occasione dell’organizzazione dell’azione di contrasto alla costruzione della centrale termoelettrica Brindisi Sud nel comitato per la tutela dell’ambiente e della salute e poi, nel comitato salentino contro le mega centrali. 

Franco Rubino diceva di essere ispirato nella sua formazione professionale da quella cattolica e fornì subito un fondamentale contributo con una pubblicazione che, raccogliendo studi internazionali e quelli derivanti dalla sua esperienza professionale, mostrava chiaramente gli effetti sanitari prodotti dal carbone, dalle polveri e dalle ceneri e dalle piogge acide.

Per quanto il rapporto di amicizia e di stima fosse diventato sempre più intenso, abbiamo continuato a darci del Lei.

Ricordo i tanti incontri nella sede di Legambiente e quelli nel suo studio professionale, frequentato da adulti e bambini (il professor Rubino era anche un valente pediatra) che visitava nelle ore serali, spesso senza farsi pagare, tanto più se si trattava di suoi concittadini latianesi.

Anche il suo studio nel CPAMS era frequentatissimo ed il professor Rubino non si concedeva sostanzialmente pause perché, come diceva spesso, il giuramento di Ippocrate, l’amore per la professione e le gioie che venivano dallo stesso contatto umano con le persone che assisteva, mettevano in secondo piano la fatica.

Gigioneggiando, amava ripetere che soltanto una “santa donna come la moglie” poteva sopportare le tante ore di assenza, lasciandole il compito di crescere direttamente la numerosa famiglia.

Altro segno distintivo erano le troppe sigarette fumate, con riferimento alle quali diceva di non essere un buon esempio, che però giustificava col maggiore impegno a favore della prevenzione, secondaria e soprattutto di quella primaria, a tutela dell’ambiente salubre contro malattie respiratorie e tumorali. 

Nel 1985 Franco Rubino, assieme all’altrettanto compianto dottor Tonino Di Giulio, entrò in Consiglio comunale per portare nelle istituzioni la battaglia ambientalista e sanitaria e, circa due anni dopo rifiutò, così come Di Giulio, l’offerta di diventare sindaco della città di Brindisi perché incompatibile con la prosecuzione dell’impegno sanitario pubblico per lui irrinunciabile.

L’improvvisa grave malattia che colpì la moglie fu la causa diretta della rinuncia all’impegno istituzionale e soprattutto del progressivo aggravarsi della sua situazione sanitaria. Ricordo bene il modo brusco con il quale gli chiesi di sottoporsi ad un non rinviabile intervento cardiaco sulla spinta del tempo da dedicare al primo nipote che stava per nascere.

Dopo l’intervento che un malore in aereo lo costrinse a subire, ricordo l’incontro al suo rientro a Brindisi nel CPAMS e la pressione fatta da chi insisteva per essere visitato, malgrado Rubino fosse in convalescenza. Il professore volle effettuare quelle visite perché diceva che farlo fosse anche un’iniezione di vita per lui.

Seguirono gli anni in cui volle fare una nuova esperienza in Consiglio comunale e la scelta di fornire scritti sarcastici su esponenti di primo piano della società politica e sociale brindisina, oltre a dedicare un forte impegno per il bene di Brindisi e contro il carbone e tutte le fonti di inquinamento ambientale, sanitario e morale.

Prima di tutto, però, venivano l’amore profondo per i figli e gli affetti sinceri per gli amici, fra i quali posso collocarmi.

Un ultimo ricordo è legato al giorno dell’epifania del 1996, quando, affaticato e mostrando i segni della malattia, volle venire a visitare mia madre da alcuni giorni febbricitante, dicendomi che lo stare con noi e il ricevere un pezzo di torta fatto in casa non rispondevano al dovere per il medico, ma erano il miglior modo per affrontare la sua malattia.

Ricordo, infine, l’ultima delle tante lunghe conversazioni che precedette di poche ore la morte.

A venticinque anni dalla morte ritengo doveroso inviare questa nota perché Franco Rubino non può essere dimenticato.

                                                                                                              DORETTO MARINAZZO