Un porto che non sfigurerebbe in un confronto nazionale, non trova di meglio, per allocare un deposito di gas metano, che destinarvi sostanzialmente la sua unica banchina attrezzata, costata diverse decine di milioni di euro e destinata a tutt’altri traffici mercantili.
Persino lo spostamento dal centro della città dei rimorchiatori che, occupando spazi importanti e ormai destinati ad altro, occludono la vista di una delle sue parti più belle – al netto del problema delle emissioni in atmosfera – era stata ritenuta di recente inammissibile per carenza di altre allocazioni possibili. Ed ora scopriamo invece che, senza studio di fattibilità, è possibile sottrarre spazi ad altri traffici per un servizio in gran parte (75%) destinato all’autotrazione e solo residualmente (25%) alle navi. Il tutto in nome di investimenti fini a sé stessi non inseriti in una visione generale di porto, e ciò avviene dove non si riescono a fare le necessarie opere pubbliche come per esempio la predisposizioni di nuove e più ampie banchine nel porto stesso o l’elettrificazione di quelle esistenti.
La spaccatura registrata nella maggioranza nell’ultimo Consiglio Comunale rappresenta una preoccupante perdita di autorevolezza della stessa e un segno di debolezza della posizione dell’ente che dovrebbe per primo pretendere un ingresso del nostro porto in quella catena di porti mondiali che vanno verso la totale elettrificazione delle banchine e la drastica riduzione delle emissioni. E che dovrebbe anche pretendere che si aggiornino i dati sulla salute della popolazione fermi al 2013.
Lo sbandierare come tecnologicamente innovativi progetti come la catena del freddo – che nulla hanno a che vedere con la tecnologia del deposito Edison – o la produzione d’idrogeno da combustibili fossili da immettere poi nella rete del gas, appare come un artificio per non svoltare verso le produzioni energetiche da rinnovabili, che garantirebbero occupazione duratura con produzione e risparmi diffusi per le famiglie, e per camuffare un vetero industrialismo con imbellettamenti di modernità. Insomma, la solita strategia a danno della collettività cittadina e del territorio per avvantaggiare quegli sparuti, ma invadenti, gruppi di potere che da sempre condizionano questa città e il suo futuro.