Si è tenuta ieri, in una vasta cornice di partecipanti, pur nel rispetto delle regole del distanziamento anti – covid, la celebrazione del “Giorno del Ricordo”.
“Anche quest’anno, dichiara con soddisfazione Cesare Mevoli,– rappresentante del “Comitato 10 febbraio”, che da decenni organizza iniziative sul tema, – si sono voluti ricordare i tragici eventi che riguardarono migliaia di nostri connazionali sul confine orientale , durante i giorni del caos seguiti all’otto di settembre, quando tutte le istituzioni si sfaldarono, e ripetendosi poi nei giorni dell’immediato dopoguerra, nell’aprile/maggio 1945”.
“Migliaia di italiani di ogni età, sesso e professione, la stragrande maggioranza dei quali nulla aveva avuto a che fare con il regime fascista, venivano prelevati di notte dall’ozna, la terribile polizia partigiana , nata dalle milizie comuniste di Tito, e una volta caricati su camion scomparivano nel nulla”.
Un numero variabile tra 10mila e 30mila scomparirono per sempre, trucidati nel peggiore dei modi, fucilati, strangolati, gettati ancora vivi nelle foibe, voragini naturali profonde centinaia di metri, la gran parte delle quali fatte esplodere con granate per nascondere gli eccidi.
Solo per quanto riguarda la foiba di Basovizza, un pozzo minerario abbandonato da anni, la voragine prima del 1945 era profonda 228 metri, mentre dopo il 1945 i metri erano diventati 198, per cui si hanno 250 metri cubi riempiti con materiali che, secondo questa stima, sarebbero corpi umani.
E su tutto il territorio interessato, sono state censite oltre 700 foibe.
Non si trattò di vendetta contro gli italiani, ma di una vera e propria pulizia etnica, che nei disegni egemonici di Tito, riguardò anche migliaia di Croati, Bosniaci, Cetnici, Monarchici, il tutto per eliminare ogni possibile oppositore a quella che diventerà una dittatura comunista mascherata dall’altisonante nome di “Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia” (Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija, SFRJ).
A quegli eccidi, seguì un’esodo di massa di famiglie e singoli che, terrorizzati, fuggirono dall’Istria, dalla Dalmazia, abbandonando ogni avere,, case, terreni, poderi, cascine, industrie,, fabbriche, magazzini, e cercarono scampo nella madrepatria, desiderosi di salvare la vita propria e dei propri cari, e di continuare a vivere all’ombra del tricolore.
Pensavano di essere accolti da patrioti, ma nei porti dove sbarcavano, e nelle stazioni dove sostavano i loro convogli, dovettero subire offese , minacce, ingiurie, da parte dei comunisti italiani, venendo dipinti come fascisti che fuggivano dal costruendo paradiso socialista di Tito.
A Bologna un folto gruppo di attivisti comunisti, sventolando bandiere rosse, versò sui binari il latte destinato ai bambini istriani, impedendo alle dame di San Vincenzo di avvicinarsi ai vagoni ed offrire acqua e viveri a chi era fuggito senza neanche un tozzo di pane nella sporta..
Dispiace che, ancora oggi, la verità fatìchi a trovare spazio nei libri di scuola, e nella narrazione ufficiale, nonostante dal 1994, la Legge n° 92, istituenda del “Giorno del Ricordo”, inviti a celebrare in tutta Italia questa triste pagina della nostra Storia nazionale.
E’ quindi con grande soddisfazione, mista a riconoscenza , che si vuole qui ringraziare le istituzioni locali, Prefettura, Questura, Comune , Comandi provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, per aver voluto partecipare con propri rappresentanti alla deposizione di numerosi fasci di fiori in via Martiri delle Foibe, al rione Sant’Angelo, ed alla successiva Santa Messa, tenuta da Don Pierino nella Parrocchia Spirito Santo.
Oltre ai rappresentanti delle istituzioni citate, non hanno voluto far mancare la loro presenza l’Assessore Mauro Masiello che ha deposto un fascio di fiori a nome dell’amministrazione comunale di Brindisi, il consigliere regionale Luigi Caroli, il vice Presidente del Consiglio Comunale di Brindisi Massimiliano Oggiano, il segretario cittadino di Lega/ Noi con Salvini Mimmo De Michele, il Presidente del Circolo “Cantieri Sociali” di Fratelli d’Italia Settimo La Rosa.
Madrina della manifestazione, la Signora Adriana, (vedova del compianto Comandante della PP. MM di Brindisi Michele Salerno, che nelle passate edizioni non aveva mai fatto mancare la sua presenza); la Sig.ra Adriana aveva 7 anni, quando dovette abbandonare al seguito dei parenti la bellissima Pola, – dove una meravigliosa arena romana testimonia da due millenni l’italianità di quelle regioni, – per giungere sino a Brindisi, con centinaia di altri esuli che costituirono una folta Comunità di Istriani e Dalmati, su tutti il noto cantante Sergio Endrigo, che studiò presso l’istituto nautico “Carnaro”, che appunto dalla Regione Carnia prende il nome.
Non è mancata una nota, garbata ma critica, da parte di Mevoli all’indirizzo dell’assessore Masiello, facendo notare che dopo anni di raccolte di firme, richieste e petizioni, l’amministrazione comunale dell’epoca avesse scelto di intitolare ai “Martiri delle Foibe” una strada assolutamente periferica e sconosciuta ai più, e che solo l’autotassazione dei volontari del comitato aveva permesso di dare al contesto un minimo di dignità, apponendo una targa marmorea in sostituzione del tratto di pennello nero che intitolava la strada.
A nome del Comitato 10 febbraio, Mevoli ha comunicato ai presenti che il prossimo anno farà giungere a Brindisi, direttamente dall’Istria, un cippo di granito, e che d’intesa con l’amministrazione comunale, lo stesso sarà deposto in uno slargo, una piazza, da individuare assieme, per dare maggiore dignità ad una pagina della nostra Storia nazionale che tutti hanno il dovere, oggi ribadito dopo anni di omissioni e di oblio, anche da una legge dello Stato, di ricordare.
Al termine del breve discorso tenuto ai presenti, per ribadire l’alto valore simbolico della giornata, e le foto di rito, la manifestazione si è sciolta, e tutti i partecipanti si sono dati appuntamento al prossimo anno.
Cesare MEVOLI
Comitato 10 Febbraio