Si perché è cosi che vengono chiamati i nostri figli; per il mondo scuola in particolare, noi siamo i genitori dell’alunno H.

È un anno ormai che chiediamo organizzazione e progettazione alle nostre scuole ma, ancora una volta in questi giorni, l’unica cosa che abbiamo trovato è stata l’impreparazione.

Del rischio lockdown si sapeva già dall’inizio dell’anno eppure nessuno si è mosso per preparare un piano B o un piano C.

Poche sono state le realtà scolastiche che hanno lavorato perché si potesse garantire, nel caso di nuova chiusura, una reale inclusione come da nota ministeriale n°662 del 12 marzo.

Quante volte noi genitori di “ALUNNI H” abbiamo provato a spiegare quanto sia importante la tempistica per gestire al meglio le problematiche dei nostri figli, arrivare preparati il più possibile all’emergenza.

Nonostante fosse ampiamente prevedibile e preannunciata la nuova sospensione delle attività scolastiche, oggi più che mai abbiamo la conferma che si lavori sempre e solo sulla emergenzialità, tralasciando la programmazione per gli alunni “H” e sprecando tempo prezioso.

Dall’inizio della pandemia siamo sempre stati al fianco dei dirigenti scolastici comprendendo le tante difficoltà che si sono trovati ad affrontare, ma non possiamo più tollerare che le convocazioni dei Collegi dei Docenti arrivino durante la prima settimana “in zona rossa” con tutta calma, negando di fatto il diritto allo studio agli studenti disabili, non garantendo loro la frequenza in presenza sin dal primo giorno di didattica a distanza. 

Di fatto ad oggi ancora molte famiglie di alunni “H” non hanno indicazioni e non sanno se e quando ritorneranno a frequentare le lezioni.

Non vogliamo entrare nel merito delle diverse circolari emanate da ogni singolo istituto comprensivo ma è tanta l’amarezza quando scopriamo l’esistenza di così tante differenze sulle decisioni da intraprendere tra un istituto e un altro; ci viene da pensare che siamo ormai davanti alla discriminazione mascherata da inclusione.

Poi ci sono anche dirigenti scolastici che sanno assumersi le responsabilità, che si erano già organizzati per tempo e che sono riusciti a garantire già da lunedì (15 marzo) la didattica in presenza degli alunni disabili, anche con la costituzione del piccolo gruppo di compagni, avendo predisposto un piano B come farebbe un buon padre o madre di famiglia.

Quello che ci dispiace è che a farne le spese sono sempre le persone con disabilità; i bambini autistici come i nostri figli, stanno già pagando un prezzo troppo alto in termini di isolamento ed esclusione in quest’ultimo anno, non si può ancora chiedere loro di modificare le proprie routine, irrinunciabili quando si parla di “Disturbo dello Spettro Autistico”.

L’AUTISMO è ancora un mondo a parte!