Già fissati i criteri per l’assegnazione a capoluoghi di provincia come Taranto, Brindisi ed a Comuni con più di 15mila abitanti, di contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, per la riduzione di fenomeni sia di marginalizzazione che di degrado sociale, si pone oggi il tema dell’effettiva esigibilità da parte dei cittadini amministrati di finanziamenti che sono concepiti crescenti nel tempo, ossia 150 mln per il 2021, 250 per il 2022, 550 mln sia per il 2023 che per il 2024, 700 mln per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034.
In gioco, grazie al DPCM 21.1.2021 pubblicato in G.U. del 6 marzo u.s. ci sono contributi di 5 mln massimo di euro per i Comuni con meno di 50mila abitanti e di 10 mln per quelli con popolazione fra 50 mila e 100 mila, elevati a 20 mln per i capoluoghi di provincia e per i Comuni con popolazione superiore a 100 mila abitanti e con ricadute occupazionali in un settore, come quello edile, che ancora arranca a causa dell’emergenza pandemica.
Verrebbe da dire, allora, che nulla potrebbe restare come prima, tanto più che nel nostro territorio sussistono oggettive condizioni per beneficiare delle suddette risorse.
La condizione, però, è che le rispettive pubbliche amministrazioni elaborino progetti specifici, caratterizzati dai valori propri di un welfare locale capace di ricollegare politiche abitative e nuova socialità, in periferie spesso non solo geografiche ma anche esistenziali.
E’ una sfida di futuro di cui potranno beneficiare le rispettive cittadinanze e, se effettivamente accettata, creerebbe condizioni favorevoli per riscontrare attese di ogni fascia di età, minori, ragazzi, giovani, donne, lavoratori, pensionati, persone non autosufficienti che, come è noto, non sono solo persone anziane.
Dunque, le richieste di contributo dovranno riguardare realizzazioni di opere pubbliche previste nel piano urbanistico comunale e finalizzate alla manutenzione per il riuso di aree e/o di strutture edilizie pubbliche con finalità di interesse generale, oppure al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione di immobili pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali, educativi, didattici, alla promozione di attività culturali e sportive od anche alla mobilità sostenibile.
La sfida riguarderà la messa in campo di azioni amministrative illuminate e, perciò, supportate dal dialogo sociale, tanto più che in caso di insufficienza delle risorse stanziate l’attribuzione dei contributi verrebbe effettuata a favore di realtà locali con indice Istat più elevato di vulnerabilità sociale e materiale della popolazione.
Tale indice è calcolato sulla base all’incidenza di indicatori quali: popolazione in età lavorativa senza titolo di studio, famiglie con potenziale disagio economico o con potenziale disagio assistenziale, popolazione in affollamento grave, famiglie con 6 o più componenti, famiglie mono genitoriali, disoccupazione giovanile.
Per il triennio 2021-2023 i Comuni sono tenuti a presentare le domande per la concessione dei contributi entro il prossimo 6 giugno mentre per i trienni successivi, entro il 30 giugno dell’anno precedente al periodo di riferimento.
Il nostro territorio, ovvero le nostre Città, i nostri Comuni possono ed anzi devono attivarsi prima possibile, magari facendo rete nella fase del censimento dei bisogni – semmai non fossero conosciuti o aggiornati – e soprattutto in quella della progettazione, mobilitando, sia nel primo che nel secondo caso, le migliori risorse professionali, sociali, culturali, associative, tecniche e, soprattutto, assicurando ruolo e ascolto ai cittadini in modalità diretta o indiretta.
Nessun New deal per il Paese potrà prescindere da scelte inderogabili come quelle sopra descritte, che nello specifico sono in capo agli Enti locali per i cui amministratori l’impegno della rigenerazione urbana costituirà, senza dubbio, un banco di prova meritorio se oltre alla dimensione urbana saranno capaci di rigenerare anche socialità.
Massimo Caliandro