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BRINDISI.Il caso Fukushima

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L’11 marzo 2011 uno tsunami di magnitudo 9.0 si abbatté sulle coste del Giappone, la conseguenza fu un terremoto che causò gravi danni alla centrale nucleare di Fukushima. In seguito al maremoto, i reattori ad acqua bollente, utilizzati dalla centrale, smisero di funzionare innescando immediatamente il meccanismo di sicurezza.  Nonostante la repentina messa in sicurezza della centrale, rimase il problema su come smaltire ed eliminare le grandi quantità di calore prodotte dalla fissione. Questo compito era attribuito al sistema di raffreddamento presente all’interno della centrale, ma questo, a causa del maremoto, smise di funzionare.

Dopo 10 anni dal devastante terremoto, non c’è ancora una soluzione per lo smaltimento dell’acqua contaminata della centrale. Si tratterebbe di oltre 1 milione di tonnellate di acqua contaminata che è stata convogliata in serbatoi di stoccaggio all’interno dell’impianto. 

Nonostante i sofisticati processi di bonifica che hanno ridotto la quantità di acqua contaminata raccolta, lo spazio nei serbatoi non è più sufficiente. Il governo giapponese ha quindi, deciso di sversare in mare l’acqua contaminata. 

 

Quali sarebbero le implicazioni rispetto alla soluzione? 

Nonostante l’acqua venga filtrata così da ridurne la radioattività, ci sono alcuni elementi che non possono essere eliminati come il trizio, il plutonio e il cobalto. Il trizio, come è stato rilevato, è poco dannoso per la salute umana, ma può essere ingerito e gli scienziati affermano che in grande quantità può essere dannoso. Ken Buesseler, chimico e ricercatore del Woods Hole Oceanographic Institution, ha affermato a Reuters che gli altri isotopi risultano essere più rischiosi del Trizio perché si accumulano più facilmente nei pesci e sui fondali marini. 

 

Chi si è opposto alla decisione?

Chiaramente contrari sono Greenpeace e altre associazioni ambientaliste. Nello specifico Greenpeace condanna “con forza la decisione del governo giapponese” con riguardo al rilascio nell’oceano dell’acqua stoccata proveniente dalla centrale nucleare. 

Il ministro degli esteri cinese inoltre ha definito la scelta dannosa per la salute pubblica accusando Tokyo di aver deciso senza riguardo per dubbie opposizioni interne ed estere. “L’oceano è proprietà comune dell’umanità e lo smaltimento delle acque reflue nucleari non è solo questione interna del Giappone” ha affermato il Ministro cinese. La Cina ha chiesto al Giappone di non rilasciare acqua radioattiva in mare senza l’autorizzazione di altri paesi e dell’Agenzia Internazionale per l’energia atomica. 

La Corea del Sud ha, invece, mosso opposizione davanti al Tribunale Internazionale del diritto del mare ad Amburgo chiedendo di esprimersi sulla questione. Seoul ha espresso grande preoccupazione per la decisione del governo giapponese richiedendo una urgente misura provvisoria. 

La risposta del governo giapponese, tramite il suo ambasciatore, ha fatto presente che il suo paese è cosciente delle preoccupazioni, ma ha ribadito che il riversamento nelle acque dell’Oceano Pacifico non avrà effetti per i paesi vicini.

Infine, non si è fatto attendere il parere dell’Unione Europea che ha affermato:“La Commissione si aspetta che le autorità nipponiche garantiscano la piena sicurezza nell’operazione di sversamento in piena conformità con i suoi obblighi nazionali e internazionali. È importante la piena trasparenza in questo tipo di operazioni. Noi continueremo a monitorare la situazione e a restare in contatto con i nostri omologhi giapponesi” 

La decisione preoccupa anche i pescatori che non sono d’accordo con la soluzione avanzata. L’industria della pesca locale si è ridotta sensibilmente a partire proprio da quel tragico incidente del 2011 e campioni di pesce sono stati analizzati per misurare il livello di radioattività. 

Molti consumatori hanno sostenuto che smetteranno di comprare e mangiare i prodotti ittici se l’acqua dovesse essere dispersa nell’oceano. 

In Italia, Coldiretti ha affermato che oltre 21 milioni di chili di pesci, crostacei e molluschi arrivano sulle tavole italiane dalle acque giapponesi e definisce “devastante la decisione del Giappone che avrà pesanti ripercussioni dal punto di vista ambientale, economico e sanitario a livello globale, sulla quale devono intervenire le istituzioni internazionali”.

Le operazioni di smaltimento dovrebbero iniziare nel 2022 come affermato dal governo giapponese, ma non si esclude la possibilità che si possa optare per altre soluzioni come auspicano altri stati e organizzazioni varie. 

 

Sanasi Riccardo

Zuffianò Giorgia


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