La Regione Lazio interviene sulla decarbonizzazione della centrale Enel Torre Valdaliga Nord di Civitavecchia e mette subito dei paletti fermi imprescindibili; propone altre vie per il futuro per la città che sorprendentemente sono perfettamente in linea con le cose che da tempo diciamo noi come Movimento NO TAP/Snam di Brindisi per la centrale di Cerano.
Per la transizione ecologica del polo energetico di Civitavecchia la Regione Lazio sostiene che la direzione da prendere è quella di un distretto delle energie rinnovabili e dell’economia circolare, per la quale si impegna a produrre un studio di fattibilità.
Per la Regione Lazio occorre pensare invece alla riconversione delle aziende attraverso un piano che le trasformi in manutentrici, distributori e commercializzatori di tecnologie rinnovabili con un percorso per giungere a forme di riqualificazione professionale dei lavoratori, utilizzando il fondo sociale europeo e coinvolgendo anche gli istituti tecnici sull’orientamento alle nuove professioni.
In merito al futuro della centrale Enel TVN, la Regione Lazio è fermamente contraria alla richiesta di conversione a gas perché la stessa Regione Lazio è arrivata alla conclusione, conti alla mano, che la centrale a gas non serve.
E se la Regione Lazio arriva a questa conclusione che la centrale a gas a Civitavecchia non serve altrettanto si dovrà concludere sulle altre ipotesi di conversione a gas delle centrali a carbone dell’Enel di Fusina, La Spezia e Brindisi.
Mentre a Civitavecchia il confronto sulla decarbonizzazione della centrale Enel di Torre Valdaliga Nord con tutti gli interessati (politica, sindacati, imprenditori, lavoratori, associazioni ambientaliste, cittadini) va avanti in maniera spedita a Brindisi, duole dirlo, il confronto sulla decarbonizzazione della centrale Enel Federico II fa molta fatica ad entrare nell’agenda politica.
L’assenza della politica non solo brindisina nel dibattito sulla decarbonizzazione è la dimostrazione evidente di una incapacità a capire di cosa veramente si sta parlando su questo argomento.
Ma in qualche maniera è la Prefettura di Brindisi a sopperire a questa mancanza e nientemeno prende iniziativa.
Nei giorni scorsi come Movimento NO TAP/Snam della Provincia di Brindisi siamo stati ricevuti al Prefetto di Brindisi, la Dott.ssa Carolina Bellantoni, a seguito di una richiesta di incontro fatta alla Prefettura dalle realtà ambientaliste brindisine sul tema della “decarbonizzazione”.
Abbiamo rappresentato al Prefetto il nostro punto di vista e abbiamo offerto alla discussione una analisi generale del contesto locale e nazionale che sembra essere avulso dalle dinamiche europee e mondiali per quanto riguarda la prospettiva di un necessario cambio di paradigma per la lotta ai cambiamenti climatici.
A Brindisi è solo di parvenza il dibattito sul dopo ENEL e tanti, sempre i soliti noti, approfittando della confusione, spingono per ottenere la riconversione a gas della centrale di Cerano facendo la falsa propaganda che la trasformazione a gas sarà la panacea di tutti i mali, sia ambientali e sia occupazionali del territorio brindisino.
Una visione miope che nel nostro intervento abbiamo sottolineato al Prefetto che abbiamo ringraziato per la sensibilità avuta per aver preso questa iniziativa di ascoltare anche le voci delle realtà ambientaliste che da tempo hanno le idee chiare sul futuro post decarbonizzazione di Brindisi.
Auspichiamo che la Regione Puglia abbia un sussulto di orgoglio cominci ad entrare seriamente nella discussione prendendo esempio e spunto dalla Regione Lazio.
Non fosse altro che per non lasciare Brindisi alla mercé delle multinazionali dell’energia che insistono a proporre il gas metano, sempre un combustibile fossile e altamente climalterante, per una transizione energetica ingannevole, funzionale solo all’ accaparramento dell’enorme fiume di quattrini previsti dal recovery found con gli annessi e connessi, funzionale alla “genialata” tutta italiana del capacity market e funzionale a giustificare l’inutile gasdotto TAP e l’altrettanto inutile gasdotto Poseidon prossimo a sbarcare sulle coste salentine.
Tutto il mondo è preoccupato, i grandi capi di Stato e di Governo del pianeta già si stanno confrontando sulla strategia da adottare nel più breve tempo possibile per scongiurare il raggiungimento del punto di non ritorno previsto per l’IPCC fra 10/11 anni.
Infatti, l’ultimo rapporto speciale dell’Organismo Intergovernativo delle Nazioni Unite (IPCC), approvato con il consenso unanime dei governi di tutto il mondo, lancia un allarme sullo stato del clima e dice che per evitare più disastrosi dei cambiamenti climatici è necessario agire subito e prendere le misure molto più radicali di quelle già in campo che derivano dagli accordi di Parigi del 2015.
In sostanza l’IPCC ci dice che a livello planetario dovremmo dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e abbatterle del tutto entro il 2050 per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia cruciale di +1.5 gradi centigradi.
L’ Europa invece, recependo il rapporto IPCC, addirittura ambisce a ridurre fino al 55% le emissioni climalteranti per abbatterle definitivamente entro il 2050.
Ma in Italia sembra che su questi temi l’ipocrisia del Governo e della politica stia prendendo il sopravvento sulla necessità di contribuire attivamente come Paese alla lotta ai cambiamenti climatici.
In questo particolare momento storico, anziché farsi parte attiva e protagonista per scrivere il futuro della città, di un intero territorio e per contribuire attivamente alla lotta contro i cambiamenti climatici, la politica brindisina resta ostaggio della propria paura di non disturbare i manovratori romani per non perdere consensi ed effimeri vantaggi di ogni sorta.