Il Nuovo Recovery Plan del governo Draghi ha avuto il via libera definitivo da palazzo Chigi lo scorso 23 aprile ed entro fine mese sarà inviato a Bruxelles. 

L’infrastruttura del Piano rimane più o meno la stessa del governo Conte, con un’organizzazione in 6 macro missioni (Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; transizione verde; infrastrutture e mobilità; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute), ognuna delle quali si articola in 16 capitoli.

Gli interventi valgono complessivamente 220 miliardi di Euro, di cui 190 arrivano dal Recovery Fund dell’Unione Europea, tra prestiiti e trasferimenti, mentre altri 30 miliardi sono finanziati dal fondo complementare.

Complessivamente vengono individuati 135 investimenti e 7 riforme, tre relative alla pubblica amministrazione e alla semplificazione, le cui misure urgenti saranno varate già a maggio in un maxi decreto, sulla scia delineata dal Premier nella parte introduttiva del documento, in base alla quale la sfida dei piani nazionali si gioca sulle riforme per spingere la ripresa in maniera efficace.

Il cambio della guardia, dal punto di vista delle “regole”, è la portata sensazionale e davvero rivoluzionaria del Piano, volta ad affrontare le «debolezze strutturali» italiane e a fare in modo che i progetti finanziati dai fondi del Next Generation Eu non restino intrappolati nelle maglie della burocrazia.

La prima missione del Piano è dedicata alla Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, si articola in 3 componenti e sostiene la transizione digitale del Paese, nella modernizzazione della pubblica amministrazione, nelle infrastrutture di comunicazione e nel sistema produttivo, vantando di una dotazione complessiva di 10, 95 miliardi di Euro.

Uno degli interventi riformatori essenziali che supporta trasversalmente tutte e sei le missioni del PNRR, è quello della semplificazione legislativa, che risponde alla produzione schizofrenica di norme, alla loro scarsa chiarezza e alle sperimentazioni in tema di semplificazione normativa dell’ultimo decennio, che hanno avuto effetti solo parziali e che di fatto continuano ad ostacolare  la vita dei cittadini e le iniziative economiche. 

In particolare, la semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni, contenuta nella Parte seconda al paragrafo 1.3.4, è un obiettivo primario per l’efficiente realizzazione delle infrastrutture e per il rilancio dell’attività edilizia e la ripresa a seguito della diffusione del contagio da Covid-19. Tale semplificazione deve avere a oggetto non solo la fase di affidamento, ma anche quelle di pianificazione, programmazione e progettazione.

Basta riflettere sul ruolo che gli appalti pubblici saranno chiamati a svolgere per la ripresa della vita economica e sociale del Paese, dopo l’emergenza sanitaria, per avere l’impressione di trovarsi di fronte a un’irripetibile opportunità per riprogettare, attraverso soluzioni innovative, il pubblic procurement, con l’intento di colmare il divario esistente con gli altri Paesi europei. 

Come è noto, il sistema degli appalti pubblici è stato messo a dura prova dalla drammatica emergenza sanitaria, costretto, in un difficile equilibrio, tra la necessità di garantire gli approvvigionamenti in tempi rapidi, legittimando eccezioni e deroghe, e l’obiettivo, sempre attuale, del contrasto al fenomeno della corruzione, per garantire trasparenza e integrità dei comportamenti. 

Anticipando i tempi, il decreto Cura Italia aveva previsto un percorso agevolato per l’approvvigionamento di strumenti ICT, utili a favorire lo smart working nelle amministrazioni pubbliche, per evitare che  le disposizioni del Codice si trasformassero in un ostacolo alla gestione dell’emergenza, dal momento che i numerosi paletti normativi, nel frangente straordinario dovuto al Covid, hanno rischiato di congestionare la macchina degli acquisti pubblici.

Sicchè, allo scopo di assicurare la  velocità di approvvigionamento è stata introdotta, dal decreto Semplificazioni, una pioggia di deroghe transitorie al Codice dei contratti Pubblici volte ad incentivare gli investimenti e a far fronte alle ricadute economiche negative conseguenza delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale.

Il trade-off  che il Paese ha dovuto affrontare durante l’emergenza, nella ricerca di una sintesi efficace, ha visto,  su di un fronte l’ impellente esigenza di velocizzare il ciclo degli acquisti pubblici,  che ha ispirato la cancellazione o la  sospensione  di alcune norme gravose del Codice, sul fronte opposto la preoccupazione relativa al dilagare di fenomeni corruttivi che facilmente  si insinuano nel sistema delle deroghe o delle eccezioni e che tendono ad una crescita esponenziale durante i periodi di crisi. 

Eppure, puntare all’equilibrio tra efficienza e legalità è una prospettiva non solo auspicabile ma addirittura indispensabile, che individua, in questo percorso tortuoso, un punto di leva concreto nella semplificazione e nella trasformazione digitale del settore degli appalti pubblici.

Tanto è vero che, sia l’Autorità Nazionale Anticorruzione che  la Banca d’Italia, in vista dell’emanazione del decreto Semplificazioni, hanno fornito proposte per accelerare la ripresa economica mediante la progressiva digitalizzazione dell’intero ciclo di vita degli acquisti pubblici, dalle fasi della programmazione fino a quella  dell’esecuzione.

Senza contare che il ritorno di efficienza derivante dalla semplificazione e dalla digitalizzazione non opera a discapito dei presidi di trasparenza e di anticorruzione ma, al contrario li rafforza, in quanto garantisce una maggiore completezza, tempestività e accessibilità delle informazioni. 

In tale direzione il Piano prevede, in via di urgenza, una normativa speciale sui contratti pubblici che rafforzi le semplificazioni già varate con il citato D.L. n. 76/2020 e ne proroghi l’efficacia fino al 2023, con particolare riguardo alle seguenti misure: 

  1. Verifiche antimafia e protocolli di legalità; 
  2. Conferenza di Servizi veloce; 
  3. Limitazione della responsabilità per danno erariale ai casi in cui la produzione del danno è dolosamente voluta dal soggetto che ha agito, ad esclusione dei danni cagionati da omissione o inerzia; 
  1. Istituzione del collegio consultivo tecnico, che ha funzioni di assistenza e di risoluzione delle controversie con finalità di definire celermente le controversie in via stragiudiziale e ridurre il contenzioso davanti al giudice;
  2. Individuazione di un termine massimo per l’aggiudicazione dei contratti, con riduzione dei tempi tra pubblicazione del bando e aggiudicazione; 
  3. Individuazione di misure per il contenimento dei tempi di esecuzione del contratto, in relazione alle tipologie dei contratti. 

Non richiedono, invece, un provvedimento legislativo idoneo le sottoelencate ulteriori misure urgenti: 

  1. Avvio dei lavori della Cabina di regia per il coordinamento della contrattualistica pubblica già istituita presso la Presidenza del Consiglio in attuazione dell’art. 212 del codice dei contratti pubblici; 
  2. Riduzione del numero e qualificazione delle stazioni appaltanti; 
  3. Potenziamento del database di tutti i contratti tenuto dall’Autorità nazionale anticorruzione;
  4. Semplificazione e digitalizzazione delle procedure dei centri di committenza ed interoperabilità dei relativi dati. 

La realizzazione di tali misure si traduce, sotto il profilo economico, nel miglioramento, in termini di efficienza e qualità, della spesa pubblica; sotto l’aspetto giuridico nel favorire la par condicio fra gli operatori economici, l’inviolabilità e la segretezza delle offerte, la tracciabilità di tutte le operazioni di gara, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso. 

Le misure urgenti saranno adottate con decreto-legge da approvare entro maggio 2021, mentre le misure a regime saranno varate  utilizzando lo strumento della legge delega da presentare in Parlamento entro il 31 dicembre 2021. I decreti legislativi saranno adottati nei nove mesi successivi all’approvazione della legge delega, con il chiaro intento di ridurre le regole che vanno oltre quelle richieste dalla normativa europea, anche sulla base di una comparazione con la normativa adottata in altri Stati membri dell’Unione.

  I principi e criteri direttivi della delega legislativa sono di seguito specificati: 

  1. Riduzione e razionalizzazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni
  2. Recepimento delle direttive europee, integrate in particolare là dove non immediatamente self executing;
  3. Previsione della disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, nel rispetto dei principi di concorrenzialità e trasparenza;
  4. Apertura e contendibilità dei mercati; 
  5. Previsione di specifiche tecniche relative alle gare da espletare, soprattutto in relazione a beni e strumenti informatici e componenti tecnologici, che garantiscano parità di accesso agli operatori e non costituiscano ostacolo alla piena attuazione del principio di concorrenza; 
  6. Riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti alle procedure di evidenza pubblica; 
  7.  Individuazione espressa dei casi nei quali è possibile ricorrere alla procedura negoziata senza precedente pubblicazione di un bando di gara; 
  8. Precisazione delle cause che giustificano la stipulazione di contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza e specificazione delle relative modalità attuative;
  9. Individuazione dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione dei decreti legislativi e di discipline specifiche per particolari tipologie di contratti pubblici in ragione della peculiarità del loro contenuto;
  10. Previsione di misure volte a garantire la sostenibilità energetica e ambientale e la tutela della salute e del lavoro nell’affidamento dei contratti;
  11. Regolazione espressa dei casi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere, ai fini dell’aggiudicazione, al solo criterio del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta;
  12. Realizzazione di una e-platform ai fini della valutazione della procurement capacity
  13. Revisione della disciplina dell’appalto integrato, con riduzione dei divieti; 
  1. Revisione della disciplina del subappalto; 
  2. Divieto di clausole di proroga e di rinnovo automatico nei contratti di concessione. 
  3. Rafforzamento delle strutture pubbliche per il controllo sulle opere stradali e ferroviarie;
  4. Rafforzamento degli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alle azioni dinanzi al giudice. 

Nel Piano è, anche, precisato che appositi uffici per la contrattualistica verranno istituiti presso i Ministeri, le Regioni e le Città metropolitane, rispettivamente con decreti ministeriali e con provvedimenti delle Giunte regionali e metropolitane. L’iniziativa verrà avviata immediatamente dopo il 30 aprile 2021 con tempi che varieranno funzione dell’effettiva disponibilità di personale con competenze specifiche nelle varie amministrazioni.

Infine viene auspicata e programmata una riduzione e una maggiore qualificazione delle stazioni appaltanti e dei soggetti aggregatori previsti dal Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella Pubblica amministrazione, grazie all ’automazione dello scambio dei dati tra i soggetti coinvolti e all’utilizzo di modelli dei dati condivisi e interoperabili , che porranno le condizioni per un aumento dell’affidabilità delle informazioni, un miglioramento dell’efficienza del processo, una riduzione degli errori e una conseguente riduzione dei costi, nell’ottica di una maggiore trasparenza e di una migliore allocazione delle risorse pubbliche.