Siamo certi che l’attuale situazione di permanenza dell’emergenza sanitaria non ha consentito di potere organizzare la “riapertura – inaugurazione” del Castello Aragonese, a conclusione dei primi lavori di restauro, secondo quelle modalità che si sarebbero viste in tempi ordinari, ma l’evento appare inspiegabilmente come estraneo alla vita e alle dinamiche della Città di Brindisi. Il fatto poi che finanche gli inviti alle istituzioni locali, per quello che è emerso dagli organi di informazione, siano stati inviati all’ultimo momento, costituisce un ulteriore indizio in tale direzione.
Dico questo perché tutta la vicenda dei lavori di riqualificazione di un bene di rilievo internazionale, per aspetti sia storici che architettonici, come il Castello Aragonese, è apparsa gestita altrove (certo i finanziamenti rivenivano da fondi ministeriali ed erano gestiti dalla competente Soprintendenza), quasi con distacco nei confronti delle Istituzioni Locali.
Su un tema così complesso come quello trattato non possono e non debbono prevalere logiche ad excludendum, vanno aperti spazi e processi di co-progettazione e co-partecipazione, perché la gestione di un complesso così vasto ed articolato deve essere ripensato con la massima attenzione possibile, ovviamente per pervenire ad una sintesi che non può non essere affidata a chi ne ha titolo.
Abbiamo assistito sin troppe volte alla conclusione di altri lotti ed appalti senza che si costruissero percorsi coerenti di utilizzo, guardando alle opportunità offerte dal contesto ed alle regole del mercato, con il coinvolgimento non pletorico di tutti i soggetti potenzialmente interessati.
In verità, il tentativo di aprire un dibattito non di maniera era stato fatto dagli stakeholder interessati ma se a questo non fa seguito un confronto continuo e di elevata qualità fra enti locali e territoriali e governo centrale, Parti Sociali, fra organizzazioni imprenditoriali e di categoria, anche professionali, e settori culturali, il rischio potenziale è di consegnare all’oblio ed agli atti vandalici il bene restaurato.
Certo ripartire con la possibilità di consentire visite guidate ed eventi, anche al fine di avviare forme, in modo concreto, che rendano il Castello un “Patrimonio Culturale per TUTTI” in termini di fruibilità, riconoscibilità e accessibilità. Ricordo che la Soprintendenza aveva preso l’impegno di assicurare un “cantiere aperto”, nel rispetto delle norme di sicurezza, fondamentali anche per il nostro sindacato, ma non mi pare che questo sia accaduto, rafforzando così la tesi di scelte estranee alla nostra città.
Oggi, la gestione di queste prime attività di partenza, che scontano le restrizioni del momento che stiamo vivendo, possono essere una prima occasione di apertura e di cambiamento. Vanno pianificate le attività che si possono sinergicamente svolgere all’interno, tese a riavvicinare la cittadinanza al Castello ed a costruire la basi perché venga visto anche altrove come un grande attrattore culturale, che, data la loro importanza, non possono che essere affidate con procedure di evidenza pubblica.
Ma il dato prioritario ere e resta quello dell’utilizzo del Castello, del Forte a Mare, delle strutture fortificate dello scorso secolo, delle aree naturalistiche, delle costruzioni militari più recenti, insomma dell’intera isola di Sant’Andrea.
E’ dato sapere dal Ministero, dal Segretariato regionale, dalla Soprintendenza, attorno a quale idea di futuro si stanno progettando i prossimi lavori di restauro? Ed i precedenti programmi di valorizzazione, pure consegnati ed oggetto di valutazione in sede regionale, sono congelati, bocciati, in corso di esame?
La Città di Brindisi si era fatta carico di avanzare proposte di utilizzo e di gestione, perchè è alla città in primis ed a tutti i visitatori, studiosi e turisti, che quest’isola tutta storicizzata deve ritornare, proprio in quell’auspicato processo non ad excludendum, che, date la complessità e la qualità dei beni di cui parliamo, deve vedere coinvolte tutte le figure in gioco.
Il Castello può rappresentare una grossa occasione per delineare un nuovo (da quanto ne parliamo?) modello di sviluppo per la città e per il territorio, che ruota attorno al suo centro storico ed ai suoi monumenti, ai suoi musei, alle sue aree archeologiche e naturalistiche, al Castello Svevo, all’ex Capannone Montecatini, all’ex Collegio N. Tommaseo, alle sue coste ed al suo porto, alle sue infrastrutture.
Si gioca ora la sfida perché questo modello futuro ipotetico divenga una realtà competitiva e vitale. Siamo consapevoli delle difficoltà del momento, che ci fanno apparire quali più probabili scenari di perduranti e più profonde crisi socio-economiche, ma non abbiamo e non avremo più alternative.
Quanto meno non rassegniamoci ad ulteriori inaugurazioni di quelli che rischierebbero diversamente di essere condannati senza merito al ruolo di preziosi contenitori del nulla o del degrado.
Il Segretario Generale
f.to Antonio Macchia