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BRINDISI.IL TEATRO COME STRUMENTO DI RELAZIONE: I LABORATORI DELLA FONDAZIONE NUOVO TEATRO VERDI

Teatro è anche utilizzo dei suoi strumenti, delle sue risorse, dei suoi linguaggi. Così, la Fondazione Nuovo Teatro Verdi ha deciso di organizzare alcuni laboratori nell’idea di abbattere il diaframma immaginario che divide la scena dal pubblico e di creare spazio al gioco teatrale, a un mondo fatto non solo di parole, ma di sguardi, gesti, voci, scene, luci, colori, ma soprattutto di persone.

Il primo laboratorio, Domus Aurea, con la partecipazione del regista Enzo Toma, è rivolto a realtà associative che operano nell’ambito di progetti sulla disabilità e sul disagio giovanile, Oltre l’Orizzonte e il Centro di Aggregazione Giovanile (CAG), istituito dal Comune di Brindisi nell’ambito dell’offerta dei servizi socio-educativi per minori e fasce giovanili e gestito dalle cooperative sociali Solidarietà e Rinnovamento Amani; il secondo ha per titolo VERDinLAB, giunto alla seconda edizione, ed è condotto nel teatro dagli attori e registi teatrali Sara Bevilacqua e Fabrizio Saccomanno.

I laboratori sono organizzati con il sostegno della Regione Puglia, nell’ambito del finanziamento «FSC 14-20: Patto per la Puglia. Custodiamo la Cultura in Puglia 2021 – Misure di sviluppo per lo spettacolo e le attività culturali – D.G.R. n. 1570/2020 – A.D. 499/2020».

Domus Aurea è un laboratorio di comunità condotto da Enzo Toma, regista, attore, docente considerato il maggiore esperto di teatro e disagio in Italia. Il lavoro, fatto di regolari incontri settimanali, è rivolto agli ospiti di due importanti infrastrutture che operano a Brindisi nel settore dello svantaggio e dell’inserimento sociale: il teatro, le sue tecniche, diventano strumento di socializzazione, uno spazio protetto in cui poter indagare le proprie emozioni, liberare energie, ascoltare ed essere ascoltati in un viaggio di condivisione, senza l’ombra di giudizi, competizioni, stereotipi. Per questo, il laboratorio mira a far emergere sentimenti di gioia che giochino a favore di talenti e competenze, attesi alla prova dello spettacolo finale: insomma, ciascun ragazzo è portato a imparare che esiste un “altrimenti” e un “altrove”, oltre un mondo visto con gli stessi occhi e con le stesse abitudini, e che tutto questo prende realtà in un grande scenario che si chiama teatro. Partecipare, imparare a far parte di un gioco di gesti e parole, fare la propria parte nel cerchio dello spettacolo, sarà una sfida per tutti gli “apprendisti attori”.          

«Raccontare la vita di un uomo in fondo è una poesia – ha detto Enzo Toma – e il teatro che non lavora sui testi è un’occasione per raccontare delle vite. Vite che si fanno arte perché laddove c’è una ferita, questa diventa una fessura per guardare nell’anima. Il teatro è questo che fa, guarda dentro la Domus Aurea di ciascuno e poi racconta con la potenza della poesia. Abbiamo cominciato da qualche giorno e già i ragazzi e gli operatori rispondono con entusiasmo. In questa prima fase mi muovo su un piano esplorativo, rivolto alla conoscenza dei partecipanti, del loro ambiente e alla individuazione di alcuni “perni” sui quali misurare il percorso di attività e articolare il programma: tuttavia, ho già avviato con i ragazzi un dialogo emozionale e il grado di coinvolgimento è massimo».

Il teatro si trasforma in un luogo dei sentimenti permettendo a ciascun ragazzo e operatore di vivere oltre i confini familiari il proprio spazio, a volte compresso a causa delle abitudini o della presenza di particolari ostacoli di relazione e di dialogo.

Il laboratorio di formazione teatrale VERDinLAB si articola in un percorso incentrato sulla scoperta delle potenzialità della pratica teatrale, in programma fino a dicembre, con il compito di accompagnare ciascun partecipante a sperimentare la propria creatività e ad agire sulla scena. Un famoso regista e attore svedese diceva che il teatro «non è altro che l’incontro tra esseri umani, tutto il resto è contorno». Il laboratorio libera l’incontro, libera l’espressione e la conoscenza, cercando ciò che accomuna e provando a restituire riflessi rassicuranti. Al centro del lavoro le fragilità e la famiglia, come anche le fragilità nella famiglia, in un momento storico che mette a dura prova la naturale propensione ai rapporti sociali: abbattere il muro tra sé e gli altri, curare la “carestia tattile” e riconquistare lo spazio e la relazione. Su questo terreno Sara Bevilacqua e Fabrizio Saccomanno si muoveranno fino a condurre il gruppo alla messa in scena, sempre al Verdi, di uno spettacolo di restituzione scenica.

«VERDinLAB è pensato per condurre ciascuno ad esprimersi al di là delle forme stereotipate – ha detto Sara Bevilacqua –, sviluppare le proprie potenzialità comunicative coinvolgendo tutte le risorse a disposizione. Il teatro è la casa creativa dei linguaggi dove è possibile verificare i tanti modi di combinare il linguaggio del corpo con il linguaggio della parola scritta e parlata, dei suoni, dello spazio e degli oggetti. La nostra idea è di formare alla consapevolezza di sé, alla relazione con l’altro, al saper stare in un gruppo. Dentro di noi c’è tutto: lavoreremo per fare uscire quello che c’è dentro e fare entrare quello che ci sta attorno. Uno scambio incessante. Infine, con l’uso degli strumenti più poveri del teatro, come la fantasia e il corpo, ci dedicheremo alla rappresentazione».

«Quando le mani lavorano il cervello smette di ragionare. Il fare è il migliore dei maestri per creare. Il Teatro si fa insieme ed è di una indecente intimità, ti costringe a stare nella relazione».

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