BRINDISI.LXV Colloquio di studi e ricerca storica 21 ottobre 2021. Inizio ore 17.30.
Brindisi, Sala convegni della History Digital Library
(Casa del Turista, lungomare Regina Margherita, 44, Brindisi)
II sessione
Dante Alighieri: i riflessi nella storia e nella cultura del Salento
Accesso con green pass. Prenotazione inviando mail a fondazione.digiulio@gmail.com
(Casa del Turista, lungomare Regina Margherita, 44, Brindisi)
II sessione
Dante Alighieri: i riflessi nella storia e nella cultura del Salento
Accesso con green pass. Prenotazione inviando mail a fondazione.digiulio@gmail.
con ciò sia cosa che li nomi seguitino le nominate cose, sì come è scritto:
«Nomina sunt consequentia rerum».
Dante Alighieri, Vita Nuova (XIII, 4)
«Nomina sunt consequentia rerum».
Dante Alighieri, Vita Nuova (XIII, 4)
Il passo delle Istituzioni di Giustiniano (II, 7, 3) «i nomi sono conseguenti alle cose», reso noto dalla citazione che ne fa Dante (Vita Nuova XIII, 4), rimanda in certo senso alla circostanza che il termine «nomen» si pensasse derivato etimologicamente da «omen», e indicasse in sé il destino dell’oggetto o della persona cui si riferisse. «Nomina sunt consequentia rerum», «i nomi sono conseguenza della realtà delle cose» e, per tale ragione è fondamentale comprendere l’etimo primo di un termine, proprio per cogliere il fine, il destino, la prospettiva di compimento. Sul nome di Brindisi è ancor oggi fondamentale il saggio di un grande studioso quale Giovanni Alessio ( Sul nome di Brindisi, in “Archivio Storico Pugliese”, VIII (1955), I-IV, pp. 211-238) il quale non macò di soffermarsi sul termine usato da Dante per indicare Brindisi. A parere dello studioso Brandizio (Purg. 3, 27) non rispecchia la pronunzia popolare “essendo chiara la sua derivazione da una forma in –icium (-itium), in contrasto con l’uscita di quella classica, di origine cancelleresca”. Gli etnonimi, come brindisini, possono alludere a caratteristiche del gruppo in questione, come posizione geografica, lingua, stile di vita o usanze alimentari. Nel caso di etnonimi, come il nostro caso, con un’antica tradizione letteraria essi, facendo appello all’autorità dei testi classici e cristiani, evocano nelle mente dei lettori le popolari storie ad essi collegati. Gli etnonimi svolgono un ruolo importante nella costruzione e diffusione di una retorica etnica; in quanto strumenti concettuali, sono stati utilizzati per adattare, modellare o affermare particolari idee di comunità avendo non irrilevante importanza nella costruzione del concetto di sé e dell’altro. Come sosteneva Marcin Smiglecki, S.J. (1562-1618) “Voces significant conceptus, sed mediante significatione rerum et tanquam signa manifestativa non suppositiva”.
A Brindisi si collega direttamente il tema del viaggio; essa rappresenta sempre, in quest’ottica, un andar oltre; il suo senso e significato si è allora declinato nell’essere estremo limite dell’occidente e , al contempo, gate of the east. Da essa transitò Virgilio; lo ricorda Marguerite Yourcenar nelle Memorie di Adriano: “Intimai immediatamente ad Attiano di raggiungermi a Brindisi per rispondermi delle sue azioni. Mi aspettava a due passi dal porto, in una delle camere di quella locanda, volta a oriente, dove un giorno era morto Virgilio. Venne zoppicando a ricevermi sulla soglia; soffriva d’una crisi di gotta. Non appena solo con lui, lo rimproverai aspramente: un regno che volevo moderato, esemplare, s’iniziava con quattro esecuzioni sommarie, delle quali una soltanto era indispensabile, alle quali, per di più, si era incautamente trascurato di dare una sembianza di legalità. Quell’abuso di potere mi sarebbe stato tanto più rimproverato quanto più in seguito mi sarei messo d’impegno a mostrarmi clemente, scrupoloso o giusto; se ne sarebbero serviti per provare che le mie cosiddette virtù non erano che una maschera, e m’avrebbero fabbricata una banale leggenda di tiranno che, forse, mi avrebbe seguito sino alla fine della storia. Confessai la mia paura: non mi sentivo esente dalla crudeltà più che da qualsiasi altra tara umana: accettavo perfino il luogo comune che vuole che il delitto chiami delitto, l’immagine della belva che ha assaggiato il sangue. Un vecchio amico, la cui lealtà m’era parsa sicura, si emancipava già, profittava delle debolezze che aveva creduto d’osservare in me; sotto l’aspetto di rendermi un servigio, aveva fatto in modo di regolare un conto personale con Nigrino e con Palma. Comprometteva la mia opera di pacificazione; mi preparava, infine, il più tetro dei ritorni a Roma. Il vecchio chiese il permesso di mettersi a sedere; posò su di uno sgabello la gamba avvolta in bende. E io, mentre continuavo a parlare, andavo ricoprendo con una coperta quel piede infermo. Mi lasciava sfogare, con il sorriso d’un grammatico che ascolta un alunno cavarsela abbastanza bene in una recitazione difficile. Quando ebbi finito, mi domandò con tono pacato che cosa contavo di fare dei nemici del regime. Se era necessario, si sarebbe potuto fornire prove del fatto che quei quattro uomini avevano tramato la mia morte: in ogni caso, sarebbe stato loro reale interesse il farlo. Non c’è cambio della guardia che non comporta le sue epurazioni; e s’era incaricato lui di quest’ultima, per lasciarmi le mani nette. Se l’opinione pubblica reclamava una vittima, non c’era nulla di più semplice che destituirlo dalla carica di prefetto del pretorio. Questa misura l’aveva prevista, mi consigliava perfino di adottarla. E se per conciliarmi il Senato bisognava andare oltre, mi avrebbe approvato anche qualora mi fossi deciso a relegarlo o esiliarlo. Come scrisse Italo Calvino di “una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda”.
A Brindisi si collega direttamente il tema del viaggio; essa rappresenta sempre, in quest’ottica, un andar oltre; il suo senso e significato si è allora declinato nell’essere estremo limite dell’occidente e , al contempo, gate of the east. Da essa transitò Virgilio; lo ricorda Marguerite Yourcenar nelle Memorie di Adriano: “Intimai immediatamente ad Attiano di raggiungermi a Brindisi per rispondermi delle sue azioni. Mi aspettava a due passi dal porto, in una delle camere di quella locanda, volta a oriente, dove un giorno era morto Virgilio. Venne zoppicando a ricevermi sulla soglia; soffriva d’una crisi di gotta. Non appena solo con lui, lo rimproverai aspramente: un regno che volevo moderato, esemplare, s’iniziava con quattro esecuzioni sommarie, delle quali una soltanto era indispensabile, alle quali, per di più, si era incautamente trascurato di dare una sembianza di legalità. Quell’abuso di potere mi sarebbe stato tanto più rimproverato quanto più in seguito mi sarei messo d’impegno a mostrarmi clemente, scrupoloso o giusto; se ne sarebbero serviti per provare che le mie cosiddette virtù non erano che una maschera, e m’avrebbero fabbricata una banale leggenda di tiranno che, forse, mi avrebbe seguito sino alla fine della storia. Confessai la mia paura: non mi sentivo esente dalla crudeltà più che da qualsiasi altra tara umana: accettavo perfino il luogo comune che vuole che il delitto chiami delitto, l’immagine della belva che ha assaggiato il sangue. Un vecchio amico, la cui lealtà m’era parsa sicura, si emancipava già, profittava delle debolezze che aveva creduto d’osservare in me; sotto l’aspetto di rendermi un servigio, aveva fatto in modo di regolare un conto personale con Nigrino e con Palma. Comprometteva la mia opera di pacificazione; mi preparava, infine, il più tetro dei ritorni a Roma. Il vecchio chiese il permesso di mettersi a sedere; posò su di uno sgabello la gamba avvolta in bende. E io, mentre continuavo a parlare, andavo ricoprendo con una coperta quel piede infermo. Mi lasciava sfogare, con il sorriso d’un grammatico che ascolta un alunno cavarsela abbastanza bene in una recitazione difficile. Quando ebbi finito, mi domandò con tono pacato che cosa contavo di fare dei nemici del regime. Se era necessario, si sarebbe potuto fornire prove del fatto che quei quattro uomini avevano tramato la mia morte: in ogni caso, sarebbe stato loro reale interesse il farlo. Non c’è cambio della guardia che non comporta le sue epurazioni; e s’era incaricato lui di quest’ultima, per lasciarmi le mani nette. Se l’opinione pubblica reclamava una vittima, non c’era nulla di più semplice che destituirlo dalla carica di prefetto del pretorio. Questa misura l’aveva prevista, mi consigliava perfino di adottarla. E se per conciliarmi il Senato bisognava andare oltre, mi avrebbe approvato anche qualora mi fossi deciso a relegarlo o esiliarlo. Come scrisse Italo Calvino di “una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda”.
Programma
Indirizzi di saluto
Riccardo Rossi
Sindaco di Brindisi
Raffaella Argentieri
Presidente della Fondazione Di Giulio
Teresa Nacci
Presidente del Comitato di Brindisi Società Dante Alighier
Coordina e introduce i lavori
Ettore Catalano
Professore onorario di letteratura italiana – Università del Salento
Interventi
Giacomo Carito
Società di Storia Patria per la Puglia
Sul nome di Brindisi nel XIV secolo
Giuseppe Marella
Società di Storia Patria per la Puglia
Il pellegrinaggio medievale: una dimensione comune tra Dante e Brindisi
L’attore Cesare Pasimeni proporrà lettura di brani della Divina Commedia
Organizzazione
Comune di Brindisi
Società di Storia Patria per la Puglia, sezione di Brindisi
Fondazione “Tonino Di Giulio”,
Brindisi Società “Dante Alighieri”,
Brindisi History Digital Library, Brindisi
Adesioni
In_Chiostri, Brindisi
Adriatic Music Culture, Brindisi