Epatite C – La Puglia resta al palo. Ancora nessun progetto per l’impiego del fondo da 5,5 milioni destinato agli screening in scadenza tra un anno.
Prosegue l’analisi delle politiche regionali per l’eliminazione dell’Epatite C. Piemonte, Emilia-Romagna, Sardegna e Puglia le regioni coinvolte in questa nuova fase. La Regione Puglia evidenzia un forte ritardo nella definizione di una strategia per l’uso dei fondi, che scadranno a dicembre 2022
“La situazione è preoccupante: confidiamo in qualche iniziativa per il 2022. Secondo i dati AIFA, sono già stati effettuati circa 17.200 trattamenti, ma si stima che vi siano ancora 30mila pazienti da trattare. Per far emergere questo sommerso, servono apposite pratiche di screening” spiega la Prof.ssa Teresa Santantonio, Ordinario di Malattie Infettive Università di Foggia
LA MANCANZA DI PROGETTI IN PUGLIA – La Puglia è rimasta al palo, nell’immobilismo più assoluto dinanzi alla priorità e ad un’occasione straordinaria di soluzione di un problema di salute globale e un piano di sanità che mai prima si sarebbe pensato avrebbe potuto coinvolgere così tanti attori. Occorre accelerare per impiegare i fondi assegnati alle regioni per effettuare lo screening per l’Epatite C che ammontano a 71,5 milioni di euro da utilizzare entro dicembre 2022, un termine molto vicino. Eppure, in alcune regioni come la Puglia, che ha disposizione 5,3 milioni di euro per effettuare lo screening dell’infezione da HCV su circa 1 milione 122 mila soggetti nati tra il 1969 e il 1989, persiste un problema di percorsi e di assegnazione di compiti che di fatto si traduce nell’assenza di un progetto concreto. Restano solo alcune iniziative di singoli centri.
“Nonostante i solleciti da parte di noi specialisti e da parte della sede locale della SIMG, non vi è stato alcun riscontro dalla Nonostante i solleciti da parte di noi infettivologi e da parte della sede locale della SIMG, non vi è stato alcun riscontro da parte della Regione Puglia, dalla quale non abbiamo ufficialmente avuto alcuna indicazione o convocazione per un Tavolo Tecnico finalizzato all’ottimizzazione dell’utilizzo di questi fondi – spiega la Prof.ssa Teresa Santantonio, Professore Ordinario di Malattie Infettive Università degli Studi di Foggia – Continuiamo a sollecitare un incontro con i responsabili della Regione, perché siamo in un ritardo notevole. La situazione è preoccupante: confidiamo in qualche iniziativa per il 2022. Secondo i dati AIFA, sono già stati effettuati circa 17.200 trattamenti in Puglia, ma si stima che vi siano ancora 30mila persone da trattare, che prima devono emergere attraverso apposite pratiche di screening. A Foggia, su nostra iniziativa, abbiamo avviato una stretta collaborazione con i SerD e con gli istituti penitenziari, per favorire l’esecuzione dei test di screening per HCV in tali contesti e la presa in carico dei soggetti risultati positivi. A livello regionale, collaborazioni simili sono state avviate tra le UOC di Malattie Infettive di Bari, Lecce, Taranto e Brindisi con i SerD locali”. – Accanto a questi singoli programmi di microeliminazione dell’infezione C è ora imprescindibile avviare quanto prima nella nostra regione le attività di screening previste e finanziate, finalizzate all’emersione del sommerso e assicurare percorsi e protocolli efficaci di diagnosi e trattamento attraverso una stretta interazione tra strutture territoriali, medici di medicina generale e centri specialistici”.
L’APPUNTAMENTO ONLINE E IL CONTRIBUTO ISTITUZIONALE – La situazione della Puglia è stata al centro del “Focus Point Regione Puglia” organizzato nell’ambito del progetto CCuriamo, ideato e gestito da ISHEO, con il contributo non condizionante di Gilead Sciences, che da maggio si propone di monitorare e incoraggiare le politiche regionali nei confronti dell’Epatite C per perseguire l’obiettivo fissato dall’OMS dell’eliminazione del virus dal nostro Paese entro il 2030. Oggi eliminare l’Epatite C è possibile, grazie ai nuovi farmaci ad azione antivirale diretta che permettono di eradicare il virus definitivamente, in poche settimane e senza effetti collaterali, ma occorre ripartire con gli screening e con il linkage-to-care. In occasione di questo incontro sono intervenuti Davide Integlia – Direttore di ISHEO; Paola Boldrini, Vicepresidente XII Commissione permanente Igiene e sanità, Senato della Repubblica; Ignazio Grattagliano, Professore di Medicina di Famiglia Università degli Studi di Bari e Coordinatore SIMG Puglia; Teresa Santantonio, Professore ordinario di Malattie Infettive Università degli Studi di Foggia; a moderare Daniel Della Seta, giornalista scientifico.
LE RISORSE DISPONIBILI E LE POLITICHE REGIONALI – Per favorire gli screening, nel febbraio 2020 il Governo ha stanziato 71,5 milioni di euro con un emendamento al decreto Mille Proroghe, adottato dal Ministro della Salute ad aprile 2021; ad agosto è stato pubblicato un decreto che ha prescritto alle Regioni l’identificazione e la comunicazione al Ministero di una o più referenti per lo screening e la compilazione di una scheda di monitoraggio e valutazione dai contenuti da trasmettere, come prima scadenza, entro il 31 gennaio 2022 e successivamente ogni sei mesi. Le politiche regionali dovranno definire il programma di accesso allo screening in tutte le articolazioni; definire il budget, tra i fondi reperibili per i test, e le risorse da allocare alle altre attività, necessarie, per realizzare gli screening; informare la popolazione delle modalità operative per accedere allo screening; intercettare le key populations, come detenuti e tossicodipendenti; analizzare gli esiti e il linkage to care.
“Ad oggi stiamo lavorando su Puglia, Emilia-Romagna, Piemonte e Sardegna, anche se quest’ultima essendo una regione a statuto speciale non riceve i fondi – ha spiegato Davide Integlia, CEO di ISHEO – Lo scenario attuale mostra l’avvio di un piano di screening in Piemonte ed Emilia-Romagna nella fascia di coloro che sono nati tra il ’69 e l’89. Il problema è che le regioni possono usufruire degli screening gratuiti, ma devono provvedere a formazione, percorsi negli ospedali, reti tra specialisti. Un processo complicato ulteriormente dall’andamento della pandemia che frena i trattamenti. Il caso dell’Epatite C è pertanto emblematico delle difficoltà di coordinamento tra Stato e Regioni”.