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DISINNESCARE LA BOMBA SOCIALE DEGLI SFRATTI – RILANCIARE L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA di Massimo Caliandro Segretario Reggente Sicet Cisl Taranto Brindisi

Non sarà stato un Natale felice, né sarà un primo gennaio di serenità quello delle centinaia di migliaia di famiglie che in Italia, al compimento del 31 dicembre p.v. saranno sfrattate per decisioni dei Tribunali dalle rispettive abitazioni, a fronte di una morosità incolpevole che, causa pandemia, nella stragrande maggioranza dei casi è stata dovuta alla minore capacità reddituale.

Saranno circa millecinquecento le famiglie coinvolte, tra Brindisi (circa 600) e Taranto (circa 900).

Il Sicet Cisl, da quello nazionale a quelli regionali e territoriali, nel tempo si è fatto carico di invocare il blocco degli sfratti, conquistando una specifica misura che l’allora governo Conte adottò nel pieno del primo periodo pandemico, sebbene nella totale assenza di strumenti che avrebbero potuto e dovuto governare un’emergenza non inattesa, attraverso la graduazione delle esecuzioni.

A fronte di proroghe che mai possono concepirsi sine die, era evidente come bisognasse contestualmente porsi, da parte della politica e delle istituzioni, il tema dell’accompagnamento di queste famiglie verso nuove soluzioni abitative, appunto programmando interventi alternativi e, magari, risolutivi.

Auspichiamo che sulla questione venga insediata una task force presso le Prefetture di Taranto e di Brindisi, con la partecipazione anche dei sindacati degli inquilini, proprio perché il periodo natalizio e delle festività di fine anno non possono né devono far passare sotto silenzio il rischio di una vera e propria bomba sociale che potrebbe esplodere a brevissimo, anche nel nostro territorio, determinando esiti imprevedibili.

In un quadro di emergenza sociale che la pandemia e la recessione hanno ovviamente aggravato, si continua a minimizzare il fatto che in Italia e nel Mezzogiorno per quanto attiene ai nostri territori, l’attuale sofferenza abitativa, strutturale e profonda, sia determinata dalla carenza di offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale.

Le privatizzazioni degli anni ’90 assottigliarono la disponibilità di case popolari mentre il mercato, in assenza di incentivi fiscali, non è riuscito a sopperire alla crescente domanda di alloggi a basso costo.

In assenza di dati aggiornati, si valuta che ammonti almeno ad un milione il  numero di alloggi non assegnati a famiglie aventi diritto, mentre non poche risposte alle esigenze abitative potrebbero essere realizzate senza ulteriore consumo di suolo ma con il recupero e il riuso del patrimonio immobiliare vuoto e in degrado, a partire da quello pubblico.

Si parla qui di immobili in gestione a Comuni e Regioni, soggetti istituzionali purtroppo poco avvezzi al dialogo sociale, pur a fronte di ruoli attribuiti loro da Leggi e finanziamenti mirati che, quasi non bastasse, le molteplici farraginosità burocratiche spesso rischiano di non rendere immediatamente esigibili.

L’azione pubblica risulta condizionata oggi dalla pressante necessità di dover attualizzare politiche per l’abitare dimensionate alla nuova realtà sociale fatta di continua precarizzazione del lavoro, di generalizzato abbassamento del reddito da lavoro autonomo, dipendente e da pensione delle famiglie italiane, di una maggiore ancorché opportuna sensibilità ambientale, di un sempre minor numero di componenti i nuclei familiari anche per quello che Papa Francesco ha definito “inverno demografico”. 

E l’emergenza presente stride anche con la necessità di dover reinvestire in modo strutturale con piani necessariamente pluriennali nell’edilizia residenziale pubblica.

Nell’attesa, però, cosa impedisce ai Comuni di costituire Agenzie della casa, peraltro già finanziate nell’ambito delle risorse ad essi attribuite per il sostegno agli affitti, così da consentire l’incontro tra domanda e offerta abitazioni, incentivato con sconti sull’Imu?

Quanto al Governo, al fine di smuovere il mercato concernente il patrimonio privato della casa, cosa impedisce ad esso il varo di detrazioni di almeno il 19% dei canoni di locazione private dalla denuncia dei redditi, considerato che con la cedolare secca i proprietari beneficiano già dell’abbattimento del 10%?

Se la riforma del Titolo V della Costituzione ha attribuito alle Regioni la titolarità delle politiche abitative, nel caso pugliese a Leggi ben articolate e fortemente efficaci quando e se effettivamente applicate, non corrispondono pari coerenze e sollecitudini da parte dei Comuni, a cominciare dalle redazioni dei Piani casa e da una appropriatezza di politiche abitative che non vanno affatto considerate  figlie di un dio minore rispetto alle più generali politiche di welfare.

Che dire poi sullo stato dell’arte che caratterizza l’Arca (ex Iacp) Jonica, schiacciata da reiterate prorogatio da oltre un anno e mezzo, per spartizioni della politica regionale non ancora perfezionate?

Spartizioni intollerabili, che continuano ad offendere le intelligenze dei cittadini ionici, oltreché perpetuare le criticità gestionali della medesima Agenzia.

 Il Governo ha inserito nel PNRR la misura “M5C2 Rigenerazione Urbana e Housing Sociale” che, oltre alle necessità di investire in progetti di rigenerazione urbana, tesi a contrastare l’emarginazione e il degrado sociale, esplicitamente fa riferimento all’azione Investimento 2.3: Programma innovativo della qualità dell’abitare.

Progettualità già avviata nel nostro territorio ma del tutto insufficiente rispetto all’articolata quanto diffusa domanda sociale.

Questo presente è per l’Italia, in particolare per il Mezzogiorno e con esso il territorio Taranto Brindisi, un tempo di ripartenza davvero eccezionale e di fatto irripetibile grazie alle ingenti risorse finanziarie europee e non solo queste; perciò andrebbe stretto un Patto sociale mirato esclusivamente alle Politiche abitative.

Un Patto per dare risposte di comunità a bisogni di persone e famiglie in difficoltà, compresi quelli del milione di nuovi poveri divenuti tali in conseguenza della crisi sanitaria; e per  offrire alle generazioni presenti e future un Paese più giusto e più unito, con la compiuta esigibilità di quel diritto all’abitazione che rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità, cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla nostra Costituzione.

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