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Reddito di cittadinanza, reddito di dignità e borse lavoro, a Mesagne un resoconto positivo

Storie di uomini e donne che stanno migliorando la vita degli altri grazie ai progetti di pubblica utilità 

Che cos’hanno in comune Reddito di cittadinanza, Reddito di dignità pugliese e tirocini di inclusione sociale? Si tratta di tre misure a sostegno del reddito pensate per persone in difficoltà che si rivalgono su linee di intervento differenti, a scalare – rispetto ai livelli territoriali – dal Governo centrale, alla Regione Puglia, al Comune di Mesagne. Ma il trittico sociale di presa in carico del bisogno economico non esaurisce l’intervento con la mera erogazione di risorse economiche ad integrazione, totale o parziale, del quantum indispensabile per garantire condizioni di vita dignitose a coloro che ne fanno richiesta. “Queste misure risultano preziose, se non indispensabili, per favorire l’inclusione sociale e lavorativa di persone che a causa della pandemia hanno visto aggravare la propria situazione esistenziale. Tali strumenti rappresentano un’opportunità economica ma anche di crescita, i progetti realizzati sono infatti coerenti con il bilancio delle competenze professionali del beneficiario e con le propensioni che emergono durante i colloqui sostenuti presso il Servizio Sociale”, commenta il sindaco di Mesagne Antonio Matarrelli.

Nella città di Mesagne emergono dati degni di nota rispetto alle le tre linee di intervento, che si intersecano tracciando un sistema sorretto dai medesimi principi e che sta interessando un numero importante di destinatari. Da settembre dell’anno scorso, 67 beneficiari del sussidio statale del RdC stanno partecipando ai cosiddetti Puc, acronimo il cui senso per esteso esplicita un concetto che nella storia del welfare italiano è stato spesso dibattuto – alimentando diatribe di pensiero ancora attuali – e che si traduce con “Progetti di Pubblica Utilità”. Tradotto in numeri, si tratta di 8 ore settimanali, aumentabili fino a 16, destinate alla pulizia delle strade, alle piccole manutenzioni del patrimonio comunale, al supporto al personale scolastico, a persone sole o a portatori di handicap e per garantire il servizio di accompagnamento sugli scuolabus.  “È lo stesso decreto ministeriale che li istituisce a definire i Puc come quei progetti utili alla collettività in ambito sociale, ambientale, a tutela dei beni comuni: i titolari di reddito di cittadinanza sono tenuti ad aderire, dando la propria disponibilità a svolgere lavori utili alla comunità”, spiega l’assessore comunale ai Servizi Sociali Anna Maria Scalera, soffermandosi sull’impiego che di tali risorse si è fatto in ambito comunale.

La titolarità dei PUC è attribuita ai comuni – continua l’assessore Scalera – che sono anche chiamati a definire appositi progetti personalizzati al fine di creare delle occasioni di inserimento socio-lavorativo per i soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza. La linea tracciata ha dunque l’ambizione di favorire esperienze di lungo respiro”. E introduce una questione importante, rispetto alla quale, all’inizio del percorso poi speditamente intrapreso, si sono resi necessari approfondimenti e chiarimenti: l’Amministrazione comunale di Mesagne, attraverso il lavoro messo in campo dal personale dell’ufficio comunale alle Politiche Sociali guidato da Stefania Palana, responsabile del servizio, si è attivata con prontezza per tradurre in atti e poi in azioni le direttive normative in materia, a partire dal decreto ministeriale del 22 ottobre 2019. E via via i diversi provvedimenti governativi, a firma del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con cui si chiariscono ai comuni le modalità di scrittura dei progetti, il loro finanziamento e come renderli disponibili sotto forma di catalogo all’interno della piattaforma GEPI, l’applicazione che consente di attivare e gestire i Patti per l’inclusione sociale e di avere un immediato accesso ai dati rilevanti. “La pandemia ha rallentato l’avvio di alcuni interventi per i quali eravamo già pronti e che abbiamo sbloccato appena ci sono state le condizioni minime di sicurezza. Non abbiamo perso tempo, i bisogni delle persone interessate non consentivano di farlo”, conclude l’assessore.

Dei 58 beneficiari di Red, 42 hanno terminato i 12 mesi nel mese di ottobre e 16 sono ad oggi attivi: la misura eroga 600 euro al mese per consentire a chi è in difficoltà di accedere all’integrazione di reddito definita “universalistica”, un aggettivo con cui si apre a tutte le persone che si trovino in difficoltà, permettendo loro di assicurarsi un’esistenza accettabile, libera da bisogni di prima necessità. Il ReD è uno strumento di contrasto alla povertà assoluta e di supporto a un percorso più ampio di inserimento sociale e lavorativo. Anche in questo caso si rende necessaria la sottoscrizione di un patto individuale di inclusione sociale attiva, che è anche una condizione necessaria per fruire del beneficio. Una platea importante, quelle dei ReD, che si somma idealmente ai 160 beneficiari di Borsa Lavoro comunale, inseriti in una graduatoria in esaurimento – a breve sarà pubblicato il nuovo avviso – che ha interessato il triennio 2019-2021. Le mansioni svolte dai soggetti beneficiari – per sei mesi, con importo mensile di 500 euro – sono state un valido supporto per gli uffici, per migliorare il decoro urbano, per i servizi di pulizia degli spazi pubblici.

Queste persone, al lavoro per le strade, negli immobili comunali, nelle sedi dei servizi cittadini – spazi e bagni pubblici, scuole, uffici – ogni giorno sfatano un luogo comune non sempre giustificato. Quello secondo il quale chi beneficia di un aiuto economico garantito con risorse pubbliche spesso non ricambierebbe con prestazioni corrispondenti quanto ricevuto. Ecco, queste storie, che non sono poche e che sono destinate a riproporsi, dimostrano esattamente il contrario.

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