Piuttosto che discettare di fantaenergia Confindustria si misuri sui temi concreti: «energie green» (quelle vere però) a partire dall’idrogeno verde e dalla relativa filiera delle rinnovabili di ultima generazione; gli investimenti che i grandi player (e non solo) presenti sul territorio devono fare – così come fanno in tutti gli altri posti in cui sono presenti – e la creazione di quel «lavoro buono» che da tempo invochiamo. 

Comprendiamo la tendenza del presidente degli industriali brindisino a fare «lobby» con i consociati, ma non condividiamo – e rispediamo al mittente – l’idea che la «tassonomia verde» (l’elenco di quelle forme di produzione di energia che l’Unione europea sta prevedendo per raggiungere i suoi obiettivi green) includa persino il nucleare o il «nucleare di quarta generazione» che dir si voglia. E, nel caso di questa ultima tipologia – chissà per quale motivo anche Paesi come la Germania dicano apertamente «No» – ci sono una sfilza di validissime ragioni. 

Il nucleare di quarta generazione non è una energia «green» perché il problema delle scorie (altamente inquinanti) non è mai stato risolto; lo smaltimento di queste ultime avrebbe costi elevatissimi; la costruzione di queste centrali fagociterebbe inevitabilmente la stragrande maggioranza delle risorse che dovrebbero essere impiegate col PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per la produzione delle vere energie «verdi»; perché non è una energia inesauribile e perché gli italiani hanno già bocciato il nucleare per ben due volte con referendum popolare (nel 1987 e nel 2011). La Costituzione insegna che il popolo è sovrano. In ultimo, ma non per importanza, c’è da ricordare – laddove qualcuno l’avesse dimenticato – che Brindisi «ha già dato» a questo Paese in termini di insediamenti a forte impatto ambientale e che, oltre al danno, sconta anche la beffa di essere stata esclusa dai fondi del Just Transition Fund.

Ora sarebbe bene concentrarsi e mettersi «pancia a terra» a lavorare sui temi concreti. In tema di produzione di energia sulle risorse naturali – sole, mare e vento – di cui disponiamo ampiamente, misurandoci sulla sfida della produzione ad esempio di rinnovabili di ultima generazione, di sistemi di accumulo dell’energia prodotta, di «idrogeno verde» e della costruzione delle relative filiere ad iniziare dall’Università e dai centri di ricerca, passando per la produzione degli impianti da costruire in loco e dispiegando gli effetti di questa tecnologia anche in altri campi ad iniziare dai trasporti per una mobilità sostenibile. 

Sarebbe socialmente utile che Confindustria si misurasse con il Sindacato sui temi della sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, dal momento che, anche per il nostro territorio, l’anno che si è chiuso è stato nefasto in termini di vite umane perse.

E sarebbe infine socialmente utile che Confindustria si misurasse con il Sindacato su temi come la lotta al precariato – aggravato dalla transizione energetica – che inizia e si moltiplica a dismisura proprio nei cambi d’appalto e che dovrebbe comportare, per ogni azienda interessata, l’applicazione della clausola sociale per la salvaguardia dei posti di lavoro nei passaggi di cantiere.

Sarebbe infine indispensabile un impegno concreto di Confindustria anche in tema di creazione di «lavoro buono», favorendo l’applicazione di contratti stabili di lavoro e non precari, così come sarebbe importante applicare finalmente una redistribuzione dei redditi attraverso i quali risollevare il Pil con la domanda interna: fenomeno che si realizza nel momento in cui la gente ha un potere di spesa, perché non se ne può più di vedere sempre più lavoratori poveri pur avendo un lavoro.

Insomma è ora di rendere concreto e operativo quel tanto decantato «Modello Brindisi» finora rimasto solo sulla carta. La Cgil è pronta a misurarsi sui temi seri e concreti, della fantasiosa e lobbistica «tassonomia» facciamo volentieri a meno, preferiamo lavorare per il lavoro.

 

Antonio Macchia

Segretario Generale

Cgil Brindisi