Superare visioni lobbistiche e facile ricerca del consenso a livello politico rimettendo al centro il lavoro per creare sviluppo e nuova occupazione di qualità. E’ quanto chiederà la Camera del lavoro di Brindisi al «Tavolo territoriale di confronto», promosso dalla prefettura di Brindisi, allo scopo di programmare soluzioni da portare all’attenzione del Governo per permettere al territorio di uscire dalla grave crisi in corso.

Occorre un cambio di paradigma se si vuole affrontare positivamente le criticità in corso per traguardare l’uscita dalla crisi puntando su una visione nuova che porti tutti gli attori a fare rete nell’ottica di promuove lo sviluppo di una «economia green» che porti a traguardare investimenti in grado di attrarre le risorse rivenienti dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) evitando di puntare su scelte che si rivelano asfittiche così come accaduto in passato. Per questo crediamo che concetti come la «tassonomia» non debbano essere usati artatamente, per sostenere visioni lobbistiche o neoliberiste per traguardare interessi di parte ma collettivi. Un esempio è dato dal discusso investimento di Edison. Crediamo che non possa essere un deposito costiero di gas a risolvere i problemi di un territorio (a cui non ci opponiamo come progetto se non per la sua localizzazione), né a rilanciare le sorti di un porto su cui occorre puntare sfruttandone tutte le potenzialità e non asservendolo sostanzialmente ad una unica attività che pregiudicherebbe poi lo sviluppo di tutte le altre. Detta in altri termini: destinare il deposito costiero di gas Gnl a Costa Morena rappresenta una pietra tombale sulla polifunzionalità del porto di Brindisi.

Invitiamo quindi tutti a ragionare in una logica di filiera produttiva puntando a sostenere una economia verde che il governo possa sostenere, altrimenti se si insiste con le vecchie logiche, crediamo non si sia interpretato bene quale sia lo sviluppo che vogliamo proporre al territorio e finiremo per riproporre modelli anacronistici ed asfittici per il futuro.

Modelli che conosciamo bene e che non funzionano dal momento che hanno prodotto una costante e drammatica precarizzazione del lavoro ed una disoccupazione dilagante. Perché se è vero che c’è una crisi generalizzata è vero anche che politiche neoliberiste hanno consentito a chi ha fatto profitti enormi di derogare da quella responsabilità sociale che dovrebbe appartenere anche alle aziende di creare posti di lavoro buoni. E invece abbiamo assistito ad una dilagante precarizzazione e frammentazione del lavoro che produce solo nuove povertà determinando anche quei tristi fenomeni come quello delle «culle vuote» o delle «fughe di cervelli» di cui non sentiamo proprio alcun bisogno. 

È innegabile, infatti, che oltre a cambiare sistemi di produzione, consumi, stili di vita si rende necessario affrontare un’altra grande questione, quella demografica. Denalità e invecchiamento della popolazione, nuove e vecchie fragilità sono lo snodo da cui partire per investire adeguatamente le risorse dedicate dal PNRR sul welfare per il benessere collettivo e per trainare anche l’economia. 

E – ritornando all’industria – anche per quanto attiene settori come quello dell’aerospazio vogliamo ricordare che – al di là della questione della dipendenza di alcune aziende dalla mono committenza – sono state, di fatto, le delocalizzazioni a giocare una parte determinante dei problemi del settore metalmeccanico. 

Per questo chiediamo un salto di qualità nell’approccio al problema e una visione differente. La Cgil ha ampiamente espresso i cardini e le direttrici di uno sviluppo che possa portare alla creazione di «lavoro buono» e duraturo. In alcune filiere produttive che anche nella fase acuta della pandemia hanno fatto registrare un aumento netto dei volumi della produzione stranamente non ci sono stati aumenti occupazionali ed in alcuni casi paradossalmente si è perso lavoro stabile.

È innegabile, inoltre, che il nuovo modello di sviluppo deve avere al centro l’Università e la ricerca; che coinvolge il porto con Zes e Cis; che porti a sviluppare insediamenti green con lo sviluppo di tecnologie innovative come quella della produzione dell’idrogeno verde, delle energie sostenibili come l’eolico e il fotovoltaico (solo per fare degli esempi) nella visione della creazione di una vera e propria filiera, della produzione di accumuli; che punti con decisione ad una mobilità sostenibile investendo in nuove infrastrutture per l’alta velocità e soprattutto alta capacità. Un lavoro che veda anche i grandi player presenti sul territorio coinvolti con una assunzione di responsabilità sociale nell’affidamento di appalti che non possono più essere dominati dalla logica del massimo ribasso che porta a queste drammatiche conseguenze.

Occorre un cambio di paradigma ed uno sforzo da parte di tutti a fare i reali interessi del territorio e non solo quelli di una parte di esso. E’ questo che la Camera del lavoro di Brindisi sosterrà con forza per rilanciare le sorti di una provincia in cui ogni momento perso per fare sistema produce solo arretramento e nuove povertà sempre più drammatiche.

 

Antonio Macchia

Segretario Generale

Cgil Brindisi