“In due decenni, l’Italia ha speso tra fondi Ue e cofinanziamenti nazionali e locali ben 300 miliardi per la coesione. Soldi che sarebbero dovuti servire in particolare a ricucire il gap tra regioni del Sud e quelle del Nord.
Il risultato, invece, come emerge dall’ultimo Report sulla Coesione presentato dalla Commissione europea, è che le regioni del Sud sono quelle più colpite dalla cosiddetta ‘trappola dello sviluppo’, con un Pil rimasto fermo a 20 anni fa. Non è un fallimento della politica di coesione dell’Ue (o non solo), ma è principalmente un fallimento dell’Italia, della classe politica che ancora ci governa e della sua classe dirigente. Lo dimostra il fatto che mentre il Paese è rimasto fermo, le regioni dell’Est Europa hanno avuto tassi di crescita notevoli. Il problema, come ha detto la commissaria Elisa Ferreira rispondendo oggi a una mia domanda, è che il Mezzogiorno è rimasto indietro sia per capitale umano, che per innovazione. Ma, aggiungo io, c’è anche un problema di qualità della spesa, che non ha ricucito il gap infrastrutturale, aumentando la forbice tra Nord e Sud. E su questo anche Bruxelles ha le sue colpe, perché sulla coesione interna dei Paesi membri serve fare di più. Non come successo con il Pnrr ”. Lo dice l’eurodeputata dei Greens, Rosa D’Amato, che aggiunge: “Nel report è presente anche un indice di qualità della governance locale, da cui emerge che le regioni italiane più in ritardo rispetto all’Europa, e per questo destinatarie di maggiori fondi per la coesione, sono anche quelle peggio amministrate dell’Unione. L’indice purtroppo riguarda il 2021. Segno che 20 anni di fallimenti non sono serviti a nulla”, conclude l’eurodeputata.