La crisi bellica che sta interessando i confini europei, con ripercussioni geopolitiche ed economiche straordinarie quanto impreviste, ha fatto emergere ancora una volta ciò che come Cisl segnaliamo da anni, ovvero che l’energia è asset strategico determinante per l’indipendenza economica e politica di qualsiasi paese a sistema democratico.
Ebbene, in Italia tale questione, al pari di tante altre, finora è stata ragionata quasi sempre in prospettiva elettoralistica anziché con visione condivisa di lungo respiro e, magari, corroborata da scienza e conoscenza, così che le scelte politiche consequenziali traguardassero la sicurezza e la sostenibilità dei nostri sistemi produttivi anziché la successiva competizione elettorale.
Oltretutto sarebbe stato opportuno, per dare sicurezza di approvvigionamento all’intero sistema-paese, che la questione energetica restasse di competenza diretta dello Stato, al pari di quella militare e del sistema-Difesa.
Ora, però, evocare gli errori del passato abbia il solo scopo di non ripeterli!
Da tempo, dunque, manifestiamo la necessità che si realizzi un nuovo piano di politica energetica nazionale che non dovrà certo esemplificarsi, come sostenuto da più parti, nell’atto di spegnere luci e condizionatori; d’altro canto, per far marciare fabbriche e siti produttivi serve energia, anzi più di prima, se si intende davvero far ripartire l’economia, già in sofferenza prima del Covid-19, poi aggravatasi con la pandemia ed oggi colpita dalla guerra e dall’inflazione galoppante al punto da far rivedere al ribasso i tassi di crescita mondiali.
Il risparmio energetico è tra gli strumenti, previsti anche dal pacchetto Fit For 55, opportuni sia per la nostra sostenibilità ambientale sia per affrontare l’embargo del gas di Putin.
Ma ciò non è sufficiente perché l’energia è condizionante per l’economia nazionale sia per il sistema produttivo che per i costi della bolletta che ricadono sulle famiglie italiane.
Bisogna, dunque, velocizzare i tanti investimenti previsti per la produzione energetica da fonti rinnovabili (FER) ed intervenire anche su quella da gas, così da liberarsi prima possibile dalla dipendenza russa e di quei paesi che, per quanto oggi costituiscano valida alternativa, dal punto di vista geopolitico risultano comunque essere vulnerabili.
Ecco che Brindisi, nel contesto nazionale, gioca un ruolo importante sotto vari aspetti.
Tanti, infatti, sono gli investimenti previsti sul versante delle rinnovabili, come quello più volte ricordato della Falck Renawables e dei programmi di Enel, la cui realizzazione – e ancor prima la fattibilità – aspettiamo da tempo di verificare, atteso che il tempo non è una variabile indipendente.
E considerando, oltretutto, che investimenti nella sola produzione da FER, senza l’intera filiera costruttiva, non darebbero alcuna risposta alla problematica occupazionale derivante dal processo di decarbonizzazione.
In tale quadro, continuiamo a manifestare perplessità per la scelta di Terna di non prevedere l’essenzialità dell’impianto turbogas di Enel, sia per la crisi energetica che attanaglia il Paese, sia per la ricollocazione dei lavoratori che non prescinde dalla riconversione del sito di Brindisi.
Ribadiamo anche questo da tempo: il processo di decarbonizzazione che interessa il territorio merita un’attenzione dedicata da parte delle istituzioni territoriali e soprattutto nazionali.
Con varie città si sono avviati i cosiddetti patti governativi, per risollevare le stesse da crisi di bilancio pregresse, come nei casi di Napoli e di Torino alle quali sono state assegnate risorse importanti, rispettivamente 1.231 milioni di euro e 1.120 milioni di euro, per entrambe in vent’anni, così da risollevarle finanziariamente ed economicamente.
Ci domandiamo perché non sia possibile prevedere anche per Brindisi una simile operazione, per risollevare il territorio da una sofferenza economica ed occupazionale –ricordiamo anche quella del settore aeronautico e non solo! – che potrebbe peggiorare se il processo di decarbonizzazione, la cui valenza è nazionale, non fosse accompagnato da percorsi dedicati che coinvolgano Governo, Istituzioni territoriali, imprese e sindacati.
Un Patto sociale, magari per traguardare una Legge speciale per Brindisi rimane, per la Cisl, un percorso necessario rispetto al quale la politica e le istituzioni periferiche non possono più restare indifferenti.