SAPPE Polizia Penitenziaria:Lettera a Il Fatto Quotidiano – articolo pubblicato nell’edizione del 7 maggio 2022 – “Crimini a Bucha – Kiev, Cartabia invia la Polizia Penitenziaria”
Alla Redazione de IL FATTO Quotidiano – Roma c.a. dott. Marco TRAVAGLIO
Egregio Direttore,
ho letto l’articolo “Crimini a Bucha – Kiev, Cartabia invia la Penitenziaria”, pubblicato a pagina 7 dell’edizione di oggi, 7 maggio, ed ho rilevato una clamorosa inesattezza ed una mancata di conoscenza dell’operatività del Corpo.
In Italia, nelle oltre 200 carceri italiane, per adulti e minori, non lavorano “guardie carcerarie“ ma appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria.
Come è certamente a Voi noto, il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha emanato, l’11 aprile 2013, un protocollo deontologico per i giornalisti che trattano notizie concernenti carceri, persone in esecuzione penale, detenuti o ex detenuti noto come “Carta di Milano”, ha espressamente previsto per i giornalisti, al punto 9, di “usare termini appropriati nel definire il personale addetto alle carceri”.
Secondino e guardia carceraria sono vetusti appellativi, per altro in disuso da decenni, con cui, fin troppo spesso, chi definisce gli agenti che operano nel sistema carcere.
Vorrei anche ricordare che non è questo il primo impiego operativo all’estero del personale del Corpo di polizia penitenziaria.
L’Amministrazione Penitenziaria avviò infatti, dal maggio 2000, un piano di cooperazione con la missione internazionale delle Nazioni Unite in Kosovo.
Per questo motivo, un contingente di Polizia Penitenziaria fu assegnato al Penal Management Division Kosovo Correctional – Missione ONU (UNMIK) ed impiegato presso l’istituto penitenziario di Dubrava, il più grande dei Balcani, in attività particolarmente sensibili, come la sorveglianza dell’intercinta (outside security), servizi di traduzione di detenuti e affiancamento degli operatori penitenziari kosovari nei vari servizi (training in service).
Altrettanto fondamentale è stato il contributo della Polizia Penitenziaria per la ricostruzione del sistema carcerario di Afghanistan ed Iraq.
Sarebbe bastato sapere queste cose, dunque, per non sorprendersi affatto delle parole della Ministra della Giustizia Cartabia, come invece traspare da quanto è riportato addirittura nella prima pagina de Il Fatto di oggi… ma può succedere, se ci si occupa delle questioni penitenziaria, occasionalmente e senza alcun approfondimento.
Poliziotti, dunque. Non guardie carcerarie, agenti di custodia o secondini. Non si tratta solo di una questione di forma, ma di sostanza, dal momento che chi lavora per lo Stato, in un lavoro delicato e pericoloso, é giusto sia trattato da tutti – stampa in primis – com’é nel suo diritto, come lo Stato e la sua stessa dignità di cittadino e di operatore della sicurezza dello Stato si aspettano.
Queste rappresentazioni arcaiche e grossolane fanno male a coloro che il carcere lo vivono quotidianamente nella prima linea delle sezioni detentive, come le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che svolgono quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato per l’esasperante sovraffollamento.
E ci teniamo ad essere chiamati con il nostro corretto nome: appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria!
Certo di un Suo riscontro, l’occasione mi è gradita per porgere i migliori saluti.
Dott. Donato CAPECE – segretario generale SAPPE+39.335.7744686 – Segreteria Generale Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria – Via Trionfale, 79/a – 00136 Roma – Tel. 06.3975901 fax 06.39733669 –stampa@sappe.it
Roma, 7 maggio 2022
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