Preoccupa non poco che i destini produttivi ed occupazionali dell’area territoriale di Brindisi permangano terreno di scontro politico, come se nulla stesse accadendo negli equilibri commerciali, economici, sanitari, sociali, ambientali, geopolitici nel resto del Paese, dell’Europa e del mondo.

Ed invece, la complessa serie di eventi – dalla pandemia alla guerra in Ucraina, dall’alta inflazione alla crisi energetica, dalla speculazione sui prezzi alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime – impone a tutti e a tutti i livelli di responsabilità politica, istituzionale, amministrativa, sociale, scelte rapide, coerenti, partecipate, corresponsabili.

Certo, il tema insoluto dell’energia permane nel nostro Paese argomento di scontro e quanto accaduto negli ultimi 20 anni è già sufficiente a cristallizzare appieno la contraddizione, tutta italiana, di una bolletta dell’energia elettrica e del gas tra le più alte d’Europa e con circa l’80% delle materie energetiche importate dall’estero (per lo più da paesi politicamente instabili e lontani), nonostante i 250MD di incentivi versati, nello stesso periodo, per le fonti rinnovabili.

E questo perché sembra non voler comprendersi che fino a quando non saremo attrezzati, con imponenti impianti di accumulo, non ci saranno GW di fotovoltaico ed eolico che tengano, atteso che trattasi di fonti per loro natura non programmabili.

Ma se tutto ciò pare non interessare granché a Brindisi, laddove vecchi e nuovi protagonismi infiammano ostilità e vecchi rancori, circostanza che ne impedisce persino un appropriato marketing territoriale, a Bari accade che nuovi insediamenti produttivi, come quelli della Pirelli e della Nexi digital – che stimano la nascita di circa 130 nuovi posti di lavoro – implementano produttivamente aree sub regionali caratterizzate da una storica cultura commerciale e imprenditoriale.

E nessuno minimizzi investimenti produttivi di tale portata, dalle cifre cioè non roboanti dal punto di vista occupazionale, giacché la fame di lavoro a Brindisi non potrà mai più essere soddisfatta da interventi – ancor meno statali – per 2 o 3 mila posti di lavoro tra diretti e indiretti.

Ecco perché fanno rabbia nella comunità brindisina le contrapposizioni che permangono, anche a fronte dei continui report sulla perdita di posti di lavoro, come quello recente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che certifica 125mila occupati in meno nel Mezzogiorno, tra il 2019 e il 2021 e la vigenza di 4 contratti su 10 che risultano temporanei e part time.

Sperare unicamente nelle risorse del PNRR, di cui ad oggi non risulta avviato alcun cantiere riguardante opere infrastrutturali, sarebbe un errore tattico dalle conseguenze catastrofiche.

Brindisi necessita, invece, di un Patto tra istituzioni e Parti sociali, per remare nell’unica direzione della crescita e dello sviluppo economico, produttivo, sociale, occupazionale, approfittando di un momento di passaggio epocale in cui saranno vincenti quelle realtà che sapranno sfidare e governare il cambiamento.

Al contempo, si rende indispensabile un Patto di onore tra la sua classe dirigente e la politica, per stabilire un lungo periodo di franchigia in cui esimersi dal dimostrare al mondo intero l’essere in lotta perenne e, viceversa, sforzarsi di fare squadra tra settori produttivi, istituzioni, società civile, associazioni di categoria.

Allora, si proceda con la messa a terra di tutti gli investimenti continuamente evocati, come l’impianto eolico della Falk Renewables, gli investimenti Enel su rinnovabili e logistica, il centro dell’idrogeno di Edison con Snam, Saipem e Alboran Hydrogen, gli investimenti per il porto e il retroporto, ZES e ZFD, il deposito Edison GNL e si proponga il territorio quale sede per una delle navi Fsru (Floating storage and regafisication units) per la rigassificazione offshore.

Soprattutto si prenda atto che Brindisi ha una vocazione anche industriale che non si potrà mai disattendere, pena una decrescita produttiva ed economica inesorabile ed una incidenza ancor più negativa sul versante della coesione sociale.

Dunque, portare a sintesi le differenze e praticare una esigente contrattazione  territoriale, nei confronti del Governo nazionale e di quello regionale pugliese, sarà l’impegno prioritario su cui convergere, avendo tutti la certezza che gli investimenti e l’occupazione aggiuntiva sono opportunità continuamente disponibili per quei territori che si propongono e siano disposti a mettersi in gioco per il bene comune.