Dopo il successo del suo primo romanzo, “L’aggiustatore di destini”, il dottor Francesco Colizzi è tornato in libreria con un nuovo romanzo dal titolo suggestivo ed intrigante, “La suggeritrice”.

Un’opera che sta riscuotendo diverse recensioni positive e che è stata definita dal giornalista e scrittore Enzo Quarto, nell’intervista video su RAINews, “un romanzo interiore”, ma anche “il miglior libro letto nell’ultimo anno”. I temi affrontati, attraverso memorie d’infanzia e giovanili, sono molteplici e chiamano in causa la riflessione profonda sulla sofferenza umana, sulla pazienza necessaria, sulla violenza, sulla morte, ma anche sulla bellezza, sulla solidarietà e sul rapporto positivo con la Natura.

Il libro verrà presentato, in un incontro promosso dall’AIFO, dalla professoressa Annamaria Padula nel Castello Imperiali di Francavilla Fontana domenica 3 luglio alle 19.30, alla presenza degli amministratori comunali. Altri incontri con l’autore sono previsti, sempre in luglio, a Brindisi (con la Feltrinelli), a Villa Castelli, a San Vito dei Normanni e a Nardò.

Per un primo assaggio del testo si allega la recensione inedita del professore pugliese Teo Cavallo, autore di recenti volumi (“Ritorno al futuro” e “Matrioska”).

Gruppo AIFO di Ostuni, “Maria D. Tanzarella”, referente Caterina Nacci

Gruppo AIFO di Francavilla Fontana, “Padre C. Campanella”, referente Giuseppe Brescia 

Su “La suggeritrice” di Franco Colizzi

Tra la caduta e il volo

Si può cadere volando e si può volare cadendo. Tra il librare dolcemente nell’aria e il precipitare tragicamente a terra c’è una dimensione magica che forse tutti proviamo durante lo scorrere a volte incomprensibile della nostra vita, ma che solo alcuni hanno il dono di saperla raccontare. In questo sparuto gruppo di narratori dalla bacchetta magica c’è Franco Colizzi. 

Nella sua ultima opera “La suggeritrice” un banale e nello stesso tempo drammatico incidente diventa l’occasione per ripensare episodi, scelte di vita, scene di vita familiare e sociale nei tre ambienti che contestualizzano la storia: la spiaggia di Torre Pozzella, teatro della caduta, l’ospedale di Ostuni, nel quale viene operato, la casa con i suoi tre cipressi nel giardino, la biblioteca e i mandorli, in cui finalmente ritorna. 

Il racconto parte dalla spiaggia di torre Pozzella, al termine di una giornata lavorativa, dove Franco si era recato, come tante altre volte, con Elena, sua moglie, per celebrare il rito dello “sposalizio col mondo” e lasciarsi accarezzare dalle onde marine e dagli ultimi raggi del sole di settembre. Non poteva certo aspettarsi di cadere, invece, quella sera, tra quegli scogli e ferirsi gravemente. E subito la narrazione intreccia la cronaca minuziosa di quei drammatici momenti con frammenti di riflessioni, di memoria, di emozioni. Così la caduta tra quegli scogli, improvvisamente nemici, lo portano a ricordare esperienze traumatiche vissute da ragazzo, a riflettere sul Male del mondo, che a volte sembra lasciare uno strascico anche nei luoghi del suo manifestarsi. Ma il male non è invincibile, se a combatterlo intervengono l’amore e la solidarietà, qui rappresentati da Elena, due uomini, la proprietaria di un piccolo bar e, naturalmente, l’ambulanza della Croce Rossa che gli fornisce le prime cure e lo trasporta in ospedale. Anche qui i ricordi si mescolano al presente, la sofferenza attuale con quella provata da e per i suoi genitori nello stesso ambiente ospedaliero e durante l’intero arco della loro vita, costellata da migrazioni da un rione all’altro, caratterizzata da una povertà ricca di dignità ed essenzialità e da una sofferenza che Franco impara ad apprezzare come la radice della conoscenza, secondo l’insegnamento di Omero, Eschilo, Ho Chi Minh, ma anche di Rina e Beniamino.

Il loro ruolo è molto importante in quest’opera. Sono loro che rappresentano l’amore, che donano incondizionatamente e che ricevono, nello stesso modo, per tutta la vita, come appare nella seconda fase della storia, quella del ricovero in ospedale. Non a caso è proprio la suggeritrice, che altro non è che la voce più profonda della coscienza del protagonista, la sua “psicoanalista muta”, così la chiama, a spingerlo a ricordarli. E Franco non si fa pregare. Così assistiamo, come davanti ad uno schermo cinematografico, all’episodio dello schiaffo rifilato da mamma Rina al medico superficiale che stava trascurando la malattia di suo figlio. Così come ci sembra di ascoltare la voce, ormai senza fiato né domani, di papà Beniamino che ricoverato in ospedale, gli domanda perché sia andato a trovarlo. E ancora una volta nella semplice risposta, la più naturale che ci possa essere, ”Per stare un po’ con te”, si concentrano incalzanti ed emozionanti i ricordi dei momenti vissuti col padre nelle circostanze e negli ambienti più diversi: la sua piccola pescheria, il caffè di don Alceste, la caduta sotto la colonna di sant’Oronzo, il viaggio verso Villanova, fino all’ultima, amorevole, trasgressione, quella dell’ultima sigaretta…

Il ritorno a casa rappresenta il lento ritorno alla vita, il punto d’arrivo di molteplici migrazioni. Un ritorno che Franco affronta con pazienza e determinazione. Non a caso è proprio in questo momento che il “medico/paziente” ricorda il rito della madre che, durante un temporale, era uscita in strada, aveva spezzato del pane e, insieme a lui, aveva deposto quei tranci tra le chianche davanti alla porta di casa. Non gli era stato chiaro, allora, il significato di quel gesto, ma ora sì. “Pathei mathos”. E ancora una volta è il messaggio d’amore della madre che gli fornisce la chiave: non bisogna arrendersi al Male, accettando il suo dominio o le sue leggi, occorre invece combatterlo, perché il Bene possa prevalere. E con esso, conclude Franco, “la bellezza, la speranza, sviluppando e conservando, finché potrò, l’integrità della mia persona”. 

Chi è, allora, la suggeritrice? La coscienza di Franco, la Morte, il Nulla, l’Essere metafisico, il Tutto a cui tutto ritorna, la memoria dei genitori? Qualcosa o qualcuno che ci sopravvive o muore con noi? Ogni lettore saprà dare una risposta a questa domanda. 

A me piace pensare che sia una Voce che a volte sentiamo, ma non ascoltiamo, perché c’è il temporale e non conviene uscire. Altre volte invece, quando le diamo ascolto, quella stessa Voce ci suggerisce di uscire di casa anche con le intemperie, perché ci assicura che quei pezzi di pane non andranno perduti, che il mondo può essere migliore. Anche a rischio di un raffreddore.

Teo Cavallo (autore di “Nostalgia di futuro” e “Matrioska”)

Milano-Ostuni