L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE SINDACALE DEI CARABINIERI DENUNCIA LA SOSPENSIONE DELLE VISITE SANITARIE PER I MILITARI TORNATI DALLE MISSIONI ALL’ESTERO
L’idoneità fisica e psicologica è necessaria per lavorare al servizio del Paese ma, quando si tratta di tutelare lo stato di salute del personale dell’Arma dei carabinieri, il discorso cambia. In peggio.
È quanto denuncia Unarma, associazione nazionale sindacale dei carabinieri, evidenziando come a diversi militari operanti nelle regioni Abruzzo e Molise, impegnati nel 2020 in una missione in Kosovo, siano stati negati fino a oggi i controlli sanitari previsti al ritorno dalle missioni all’estero come da protocollo. Visite necessarie e altamente consigliate, considerando che i militari in questione si sono trovati in uno dei Paesi con più alta contaminazione da uranio impoverito, col rischio di contrarre malattie tumorali e non aver la possibilità di diagnosticarle per tempo.
Violazione dei protocolli sanitari nell’Arma
Secondo la direttiva tecnica emanata il 23 luglio 2004 dal Ministero della Difesa – Direzione Generale della Sanità Militare, riferita al foglio n° 1231/PM/ES del 23 giugno 2004 del Gruppo operativo interforze, ogni militare impegnato nei territori di Bosnia Erzegovina e Kosovo deve infatti obbligatoriamente, dopo il rientro dalle missioni, essere sottoposto a visite mediche post impiego per tornare a essere funzionale e pienamente operativo.
Facendo seguito a ciò, il 6 agosto 2004 ha diramato a tutti i Comandi dipendenti delle disposizioni specifiche e perentorie per ricordare tale obbligo, a tutela dello stato di salute del personale. Attraverso tale documentazione, venivano date precise disposizioni ai Comandi chiedendo di trovare degli accordi con le Strutture Sanitarie territoriali e favorire così gli accertamenti di laboratorio necessari per ottenere l’idoneità pre impiego e post impiego, indicando le tempistiche e le tipologie di accertamenti sanitari da compiere nel quinquennio successivo al rientro di ogni militare.
A distanza di oltre un anno dal ritorno in Patria però, molti carabinieri sono stati completamente dimenticati dai responsabili dall’infermeria presidiaria della legione carabinieri Abruzzo e Molise, così il benessere del personale ignorato. “Come carabinieri dobbiamo essere sempre al meglio delle nostre capacità ma se andare in guerra è per noi un dovere, la salute è invece un diritto così come per ogni cittadino e come tale è irrinunciabile e inalienabile” – sostiene Antonio Nicolosi, segretario generale di Unarma – “Lo Stato ha il diritto di tutelarci tanto in missione, quanto dentro i confini nazionali riconoscendo l’impatto che questo lavoro ha sulle condizioni del personale e i rischi di salute che l’uranio porta all’organismo: le Forze Armate e le Forze dell’Ordine sono composta da persone, non sono solo numeri: non si può risparmiare sul diritto alla salute”.