La campagna elettorale per le prossime elezioni politiche entra nel vivo, anche alle nostre latitudini, e c’è chi promette mari, monti e lune nel pozzo.
Soprattutto quando uno dei temi caldi della campagna elettorale è la sicurezza energetica del nostro Paese.
Molti partiti del panorama elettorale che si candidano a governare l’Italia, da destra a sinistra e passando per il centro, sostengono che per la sicurezza energetica nazionale e per smarcarsi dalle forniture di gas russo il nostro Paese ha bisogno di dotarsi di ulteriori infrastrutture di trasporto del gas e di una serie di rigassificatori che potrebbero essere funzionali all’approvvigionamento diversificato di gas da altri fornitori.
Se non fosse che ne stiamo parlando ora, in questo momento storico preciso e particolare, l’idea di diversificare ulteriormente le fonti di approvvigionamento poteva anche reggere ma bisognava parlarne almeno una trentina di anni fa quando tutto il contesto energetico era altro, anche a livello mondiale.
Ma sia all’Italia che all’Europa e ovviamente al resto del mondo, in tutti questi ultimi anni da quando in tutto il pianeta si discute dei cambiamenti climatici le cui conclamate cause sono da addebitare alle azioni dell’uomo, è mancata la pianificazione che doveva vedere la progressiva riduzione delle fonti fossili per fare spazio alle nuove tecnologie applicate alle c.d. energie rinnovabili.
Lo stesso organismo dell’ONU, l’IPCC, (organismo intergovernativo e interdisciplinare per la valutazione dei cambiamenti climatici composto da migliaia di scienziati e ricercatori di tutto il mondo) da qualche anno a questa parte sta ammonendo i governanti del pianeta per non aver attuato adeguate misure di contrasto ai cambiamenti climatici.
Secondo le conclusioni dell’IPCC il principale responsabile degli elementi climalteranti è proprio il gas metano, non tanto quello combusto che comunque già ha un impatto significativo sul clima ma quanto il gas metano incombusto che finisce direttamente in atmosfera.
Nel frattempo, la UE decide di impegnarsi a ridurre le emissioni climalteranti del 55% entro il 2030 per andare ad emissioni a zero entro il 2050 per cui ogni Stato membro dovrà adottare, in linea con i principi UE, una politica di abbandono progressivo delle fonti fossili per incentivare programmi di risparmio energetico e favorire la diffusione delle fonti rinnovabili.
Con il conflitto tra Russia e Ucraina ha dilagato la paura di rimanere senza gas russo per effetto delle sanzioni alla stessa Russia per cui in Italia, già dipendente dal gas russo del 40%, è scattata la corsa a chi le sparava più grosse per trovare le soluzioni che potessero garantire la stessa quantità di gas da altri fornitori.
Il nostro “democratico” parlamento non ha esitato un solo istante per dare il mandato al Governo di trovare altri fornitori, non importa se da altri dittatori sanguinari.
Infatti, dove è andato il nostro Governo ad elemosinare il gas?
Da altri dittatori ovviamente; l’esempio lampante è dell’Azerbaijan del Presidente Aliyev che in quanto a democrazia non brilla di luce propria essendo l’Azerbaijan ai primi posti della black list di Amnesty International per la violazione dei diritti umani.
Dall’Azerbaijan arriva il gas di TAP, il famoso e tanto discusso gasdotto inutile e imposto che non è stato capace di sopperire al gas russo visto che chi lo ha fortemente caldeggiato lo ha propagandato come opera in chiave antirussa.
Per cui il TAP era già inutile sul nascere e lo è ancor di più con il conflitto russo-ucraino col paradosso che, poco prima dello scoppio del conflitto, la Lukoil, la più grande compagnia petrolifera privata russa, ha aumentato le proprie quote delle azioni del Consorzio Socar che gestisce i giacimenti di Shah Deniz dai quali si estrae la miseria di gas che poi viene trasportato tramite il TAP in Italia per il quale il nostro Governo ha chiesto al Governo azero ulteriori “noccioline” perché, evidentemente, le noccioline che ci porta il TAP non bastano.
E sempre nel frattempo la UE, valutando la situazione creatasi per via del conflitto, vorrebbe aumentare i margini di sicurezza di approvvigionamento ma verosimilmente, rendendosi conto che forse è meglio andare già da subito verso il programma di abbandono delle fonti fossili, di recente ha emanato un regolamento che chiede agli Stati membri di ridurre i consumi di gas del 15%.
Dopo aver fatto questa premessa, con la speranza di essere stati sintetici per inquadrare il contesto e per capire la piega del dibattito che si sta sviluppando in queste settimane nella campagna elettorale, passiamo al punto.
Infatti, per la presunta emergenza gas e per l’impegno da rispettare con la UE, il nostro Governo ha appena sottoscritto l’accordo con la UE per la riduzione dei consumi del gas del 7%.
E guarda caso i 5 miliardi di mc annui di gas che dovrebbe portare in rete il rigassificatore FSRU che il Governo cocciutamente intende “piazzare” a Piombino, se tutto va bene dalla primavera 2023, corrispondono proprio a quel 7% di riduzione dei consumi firmata qualche giorno fa come impegno dal Governo italiano in sede UE.
Ma ammesso e mai concesso… questo ulteriore gas trattato dalla FSRU di Piombino comunque non sarà mai pronto prima dell’inverno 2022 con l’aggravante che sarà un gas molto più caro di quello dei vecchi contratti dei gasdotti che l’Italia ha in essere con i suoi fornitori e nel 2023.
Il rigassificatore di Piombino dovrebbe approvvigionarsi con lo shale gas statunitense e sappiamo tutti di cosa stiamo parlando quando parliamo dello shale gas o almeno si spera.
E considerando il calo costante dei consumi di gas per deduzione logica allo stato questi rigassificatori e questi depositi costieri sono perfettamente inutili.
Guardando poi gli ultimi dati MISE sulle import/export di gas, vediamo addirittura un aumento del 400% del gas esportato dal nostro sistema, cioè un surplus di gas: altro che emergenza!
E considerando gli extra profitti delle società di trasporto e distribuzione del gas dell’ultimo anno, il nuovo impianto di Piombino, come gli altri in progetto, sembrano solo un’ulteriore occasione per SNAM e i distributori di gas per fare extraprofitti.
Ma ancor più grave è che non c’è nessuna reale emergenza gas tale che possa giustificare la non assoggettabilità a VIA e ad altre misure di valutazione di impatti di questi progetti che già qualcuno, sapientemente e furbescamente, vorrebbe far passare forzando finanche le leggi della fisica.
Oltre a Piombino ci sono altre città costiere nelle quali si sta discutendo di nuovi rigassificatori FRSU e di depositi costieri di GNL.
Hanno addirittura pensato di “gassificare” la Sardegna che ad oggi, nel momento in cui stiamo scrivendo, non ha mai conosciuto il gas metano.
Brindisi è uno di quei luoghi indicato per la realizzazione di un deposito costiero GNL nel porto con aggiunta, alla bisogna di un rigassificatore FRSU.
Ma Brindisi è Brindisi; tutti ricordano la battaglia vittoriosa contro il rigassificatore della LNG British Gas della metà degli anni 2000.
Il resto è cronaca giudiziaria.
E siccome siamo maliziosi, a giusta ragione che non teme di essere smentita, non si può escludere che queste brillanti idee di tappezzare le coste italiane di inutili rigassificatori e di inutili depositi costieri siano corroborate dalle stesse dinamiche e dalle stesse pratiche che abbiamo visto a Brindisi durante la costruzione del rigassificatore della LNG British Gas.
Dinamiche e pratiche di “accomodamento” che abbiamo sempre visto dietro a tutte le altre grandi opere inutili e imposte, a partire dal TAV della Val Susa che a distanza di oltre 30 anni non si sa se la stanno facendo o se lo stanno ancora cercando.
E anche in questa campagna elettorale il lupo perde il pelo ma non perde mai il vizio di sparare idiozie.