«La sanità europea si muove a passi da gigante verso una naturale e indispensabile evoluzione, ritenuta fondamentale per affrontare le sempre nuove e impegnative sfide del domani, in primis il fabbisogno, da parte della collettività, di prestazioni sanitarie sempre più qualificate.
Questi cambiamenti, inevitabili, vengono, almeno in determinati Paesi, avallati a pieno da politiche lungimiranti che, al centro del proprio progetto sanitario, inseriscono quelle indispensabili figure professionali che rappresentano le fondamenta su cui basare i sistemi del domani.
Sono ormai tante, quindi, “le isole felici della sanità” in Europa, che si affidano a professionisti le cui competenze di base vengono corroborate con le imprescindibili valorizzazioni economiche, laddove operatori sanitari felici e appagati sono messi nella condizione di offrire il massimo delle proprie potenzialità professionali al servizio della tutela della salute dei cittadini.
Dall’altra parte “la fa da padrone” l’aggiornamento professionale costante offerto al personale sanitario, insieme con la sempre più crescente autonomia di categorie come quella infermieristica, o quella Ostetrica che, operando nel cuore del progetto sanità, garantiscono, nel rapporto diretto con il malato e con il soggetto fragile, anche al di fuori delle realtà ospedaliere, quell’assistenza a 360 gradi che si traduce in un fruttuoso impulso alla sanità territoriale.
Guardando all’Italia e alle attuali condizioni del nostro sistema sanitario, esordisce Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, rispetto a quanto accade negli altri Paesi del Vecchio Continente, non possiamo non sentirci un po’ come la Cenerentola della favola.
Ci riferiamo, in particolare, a quanto accade proprio in questi giorni in Spagna, dove le battaglie della sanità si traducono in novità importanti che per il momento, da noi sembrano davvero obiettivi molto lontani, alla berlina degli umori di potenti lobbies professionali, abituate a mettersi di traverso ogni volta che si parla dell’opportuno riconoscimento organizzativo delle responsabilità infermieristiche.
Il Consiglio direttivo della Comunità di Madrid ha approvato, qualche giorno fa, il Decreto che regola la procedura di accreditamento degli infermieri in relazione all’indicazione, all’uso e all’autorizzazione della dispensazione di medicinali e dispositivi medici per uso umano.
Sembra un cambiamento epocale, ma non lo è. E vi spieghiamo perché.
Da anni decine di Paesi europei, con modalità differenti, attribuiscono agli infermieri, la responsabilità di prescrivere farmaci ai pazienti.
In Spagna, solo per esempio, tutto è iniziato nel 2017, quando il 24 di ottobre fu siglato l’accordo fra l’associazionismo medico e quello infermieristico in tema di prescrizione farmaceutica.
Oggi la Spagna si allinea ad altre nazioni del Vecchio Continente, come Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Olanda, Norvegia, Polonia, Svezia e Regno Unito.
Nell’Europa di qualche anno fa le prime nazioni ad introdurre la prescrizione in ambito infermieristico furono il Regno Unito nel 1992 e la Svezia nel 1994. I Paesi che seguirono questa scia furono poi la Norvegia, l’Irlanda e la Danimarca rispettivamente nel 2002, 2007 e 2009.
Dal 2010 ben 8 Paesi (Finlandia, Olanda, Cipro, Polonia, Spagna, Estonia, Francia e il Canton Vaud svizzero) hanno cominciato gradualmente ad autorizzare specifici gruppi di infermieri alla prescrizione di alcuni farmaci, adeguando la loro legislazione in merito, e in tal senso ci risulta che enormi passi in avanti siano stati compiuti anche per le Ostetriche.
Nulla oggi viene lasciato al caso. L’aggiornamento, la formazione costante e la rigorosa selezione dei professionisti meritevoli, mettono nella condizione gli infermieri di prescrivere farmaci ai pazienti, integrando perfettamente le loro funzioni con quelle dei medici.
Perché in Italia gli infermieri rimangono ancora relegati a una serie di pregiudizi organizzativi vecchi ed ingiusti, basti pensare all’impossibilità di svolgere la libera professione al pari dei medici?
E’ lecito chiedersi come mai nel nostro Paese siamo rimasti decisamente indietro rispetto ad altre nazioni nonostante le nostre fonti normative siano anche più avanti di quelle di altri Paesi europei?
Come mai da noi si assiste ancora ad improvvide levate di scudi da parte delle solite lobbies professionali, ogni volta che si accenna ad innovare l’organizzazione sanitaria?
Eppure parliamo di spinte sostenute da anacronistici ed oggettivi preconcetti che, nei fatti, impediscono alle componenti di un medesimo sistema sanitario, seppur nel rispetto delle differenti competenze, di collaborare per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Nello specifico, proprio in merito alla possibilità che gli infermieri possano prescrivere farmaci, l’Italia poteva e doveva adeguarsi, ma non lo ha fatto.
Le nostre responsabilità, come infermieri, di fatto, negli anni sono aumentate, ma hanno subito l’impatto negativo di una carenza strutturale.
L’Italia, così come gli altri Stati europei sopra citati, avrebbe dovuto porre in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle citate Direttive Europee entro il 25 ottobre 2013. Ma ciò di fatto non è mai avvenuto.
E mentre gli altri Paesi oggi corrono velocissimi, verso la sempre più crescente autonomia degli infermieri, nella piena comprensione che tutto questo giova non poco alla tutela della salute dei pazienti e alla qualità dei rispettivi sistemi sanitari, in Italia ci muoviamo al ritmo di un pericoloso e preoccupante passo del gambero», conclude De Palma.