I fruitori del RDC vengano affidati alle associazioni di volontariato con obbligo di presenza fino a quando non troveranno lavoro. Usciranno così allo scoperto i lavoratori a nero e i non aventi diritto.
L’ Associazione Nazionale Autonomi e Partite Iva vuole stimolare la libera iniziativa e il lavoro e non l’assistenzialismo a tutti i costi.
Noi Autonomi e Partite Iva non siamo contrari al RDC, ma non così com’è oggi. Vorremmo che l’assistenza venisse erogata a persone che realmente non possono lavorare o hanno dei problemi fisici che non glie lo permette, magari aumentando anche l’importo rispetto a quello che oggi viene loro erogato dallo Stato.
Vorremmo una assistenza alla povertà per quelle persone invisibili come quell’uomo della che dorme al freddo sotto una coperta nella foto scattata qualche giorno fa al centro di Milano.
Persone invisibili delle quali lo Stato non conosce né nome, né il domicilio in quanto dormono per strada o sotto dei cartoni.
Negli ultimi tre anni lo Stato ha erogato circa 20 miliardi di euro per il RDC oltre bonus vari come affitto, energia elettrica, benzina ed acqua. Tutto questo a prescindere dalla possibilità o meno di ciascun percettore di poter lavorare. Cosa ne ha ricevuto in cambio lo Stato? Nulla.
Molti di costoro non ne avrebbero diritto; sono tanti, secondo le stime, coloro che percepiscono il RDC e lavorano a nero ma, secondo una indagine statistica la maggiorparte dei percettori ha perso lo stimolo di lavorare e molti di questi sono dei giovani, mentre gli altri è come se fossero andati in pensione anzitempo.
Riteniamo che aver prolungato il RDC 22 mesi non sia la soluzione migliore. Il Governo avrebbe dovuto invece adottare una decisione forte: Tutti i fruitori in grado di lavorare, giovani e meno giovani, avrebbe dovuto affidarli ad associazioni di volontariato con l’obbligo di presenza.
Abbiamo sentito in questi giorni presidenti di alcune di esse che si sono dichiarati entusiasti di questa possibilità in quanto carenti di volontari, al nord più che al sud.
Volontari ai quali fornirebbero anche della formazione.
Ne servirebbero tanti nel settore sanitario, anche senza alcuna esperienza; nella protezione civile; in settori socialmente utili come sostegno alla povertà e, per coloro in grado di farlo, nei servizi che si occupano delle dipendenze. Per le associazioni l’iter burocratico, rispetto agli Enti e alle lungaggini per realizzare ed attuare dei progetti è molto più snello e basterebbe una assicurazione.
L’obbligo della presenza farebbe venire a galla immediatamente coloro che lavorano a nero o percepiscono il RDC in maniera illegale. Rimarrebbero i fruitori che ne hanno realmente diritto che come già detto, andrebbe aumentato, oltre ai veri poveri che la Caritas ritiene siano oltre quattro milioni.
Noi Autonomi e Partite Iva vogliamo stimolare la libera iniziativa e il lavoro e non l’assistenzialismo a tutti i costi. Il reddito di cittadinanza deve essere produttivo, legato al lavoro sia dipendente sia libero. Noi, con i nostri dipendenti, rappresentiamo tutta questa parte.
Dobbiamo educare i giovani al lavoro, ad iniziare dalle scuole. Bisogna fare formazione con degli stage già a 14 anni; un mese di stage in seconda media, poi in terza media ecc. E’ l’unico modo per avere un approccio al lavoro. Sono queste le soluzioni da ricercare anche perché, dopo un anno, una persona che è rimasta sul divano di casa diventa un pericolo per la sanità pubblica. Sono infatti aumentati i casi di depressione e di sindrome ansiosa
E’ come chi per ozio inizia a bere e poi non riesce più a liberarsi del vizio. Stessa cosa per i giovani che per gioco iniziano ad assumere erba e poi diventano drogati. Noi non vogliamo un popolo di mantenuti dallo Stato, ma persone che producano reddito in modo efficiente.