Nursing Up, De Palma: «5000 i frontalieri italiani che lavorano nella Sanità del Ticino. Moltissimi sono infermieri. Continua la fuga dei nostri operatori sanitari in Svizzera. Come arginarla?
«Ci arriva direttamente dai media elvetici la reale e aggiornata portata dei numeri degli infermieri italiani che lavorano attualmente in Svizzera, in particolare nel Ticino, ma soprattutto i contenuti delle proposte di lavoro che la Svizzera mette in piedi per i nostri professionisti, alla luce di una carenza di personale sanitario che, come abbiamo avuto modo di raccontare nelle nostre recenti inchieste, per essere coperta, necessita di almeno 7mila nuovi professionisti.
Sul piatto c’è uno stipendio base che prevede almeno il doppio della nostra retribuzione, questo significa 3mila euro netti di stipendio base, per arrivare anche a picchi di 8mila dopo anni di lavoro sul campo e una specializzazione: ma non è solo questo a rendere molto appetibili le offerte di lavoro che arrivano dalla vicina Svizzera.
Si prevedono adesso piani di formazione e aggiornamento costanti, e misure di crescita concreta e anche valorizzazione sia professionale che umana, come l’aumento delle indennità di stage, il sostegno delle riqualificazioni professionali e ancora provvedimenti nell’ambito della maggiore conciliabilità lavoro-famiglia.
Tutto nell’ambito del rafforzamento di una sanità richiesto a gran voce dai cittadini che hanno vissuto, al pari dei nostri, l’emergenza sanitaria, e che hanno pagato lo scotto di una carenza di personale che ancora deve essere colmata.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Osserviamo, ma solo come esempio, i dati aggiornati che ci arrivano dal Ticino, sul numero degli infermieri italiani attualmente assunti sul territorio , e che dovrebbero farci riflettere.
Se prendiamo come esempio la sola provincia di Varese, il numero di infermiere e infermieri professionisti che in un solo anno, tra il 2021 e il 2022, sono passati a lavorare in Ticino è di circa 250. E ancora non basta. Parliamo, ad esempio, anche dalla Svizzera tedesca. Solo lo scorso mese di novembre, l’ospedale di Aarau, nel Canton Argovia, a una trentina di chilometri dalla frontiera tedesca, ha lanciato un vero e proprio appello per attirare infermiere e infermieri, anche senza esperienza, provenienti dall’estero, e naturalmente dall’Italia.
La competenza degli infermieri di casa nostra, da anni, rappresenta un valore aggiunto per le realtà ospedaliere elvetiche, sia pubbliche che private. E questo è un fatto innegabile. Con la nostra laurea e la nostra professionalità , continua De Palma, abbiamo le porte spalancate.
Nel Canton Ticino il totale delle persone residenti che hanno un’occupazione è 164.400. Di queste, quasi il 16% lavora in ambito socio-sanitario, ossia 26.000. Ai citati 26.000 vanno però aggiunti quasi 5.000 persone operative nello stesso campo che ogni giorno entrano in Ticino dall’Italia per lavorare nella sanità: moltissimi tra questi sono infermieri. In parole povere 1 persona su 6, tra medici, infermieri e oss, nel Ticino, è di nazionalità italiana.
I motivi che spingono professioniste e professionisti del settore ad attraversare il confine per lavorare sono molteplici. Tra i più evidenti ci sono condizioni salariali più alte, ma non è solo questo. Ad incidere sulle scelte sono anche concrete ambizioni di carriera, prospettive di vita differenti, una maggiore ed evidente considerazione dell’infermiere, non visto solo come un professionista, ma anche come un uomo o una donna, con le sue esigenze umane e quindi familiari.
E’ chiaro che se pensiamo a ciò che sta accadendo in questo momento in Italia, oltre all’enorme gap economico che esiste rispetto alla retribuzione dell’infermiere che lavora in Svizzera, ci rendiamo conto che, tra turni massacranti, aggressioni fisiche quasi quotidiane, ferie programmate e di fatto saltate e soprattutto situazioni poco piacevoli come quelle delle pronte disponibilità gestite dalle aziende sanitarie ben oltre i limiti contrattuali, ci rendiamo conto che siamo ben lontani dall’avere la seppur minima considerazione che, dietro l’operatore sanitario, ci sono appunto uomini e donne con una famiglia, che spesso, troppo spesso, viene gioco forza messa in secondo piano.
Non esiste altro modo, per frenare l’emorragia di infermieri verso “isole felici” come la Svizzera, se non quello di ricostruire da zero la credibilità di una professione che perde sempre più di appeal agli occhi della collettività, sfociando in fughe volontarie e dimissioni.
Chi di noi, genitore, non spingerebbe un figlio, giovane infermiere, ad accettare proposte come quelle che arrivano dalla vicina terra elvetica?
E allora smettiamo di chiederci perché gli infermieri italiani scappano letteralmente verso la Svizzera e proviamo, a creare, qui da noi, le condizioni ideali , sia di tipo economico che organizzativo, per consentire ai giovani infermieri di avere più di un motivo per non fare le valigie», chiosa De Palma.