CGIL BRINDISI:LA DOTTORESSA CHE SI È OPPOSTA AL SISTEMA COSTRETTA ALLE DIMISSIONI VOLONTARIE.
Se il nostro non è mai stato un paese facile, per le donne, Brindisi, con la sua provincia e la sua ASL, lo è ancor meno. E le dimissioni della dottoressa del PS brindisino rappresentano l’ultima, eclatante prova tangibile dell’esclusione delle donne dal lavoro, del carattere tanto patriarcale quanto neoliberista del management dell’ASLBR. Questa OS vuole manifestare, con la presente, innanzitutto la sua piena solidarietà con una lavoratrice, una donna che ha lottato fino all’ultimo contro ogni stereotipo di genere nel Perrino, contro i deficit organizzativi dell’ospedale brindisino (dall’assenza di PDTA per le persone vittime di violenza alla costante sproporzione tra gli accessi in PS e gli operatori sanitari in turno, ad esempio), una donna che si è spesa fisicamente e mentalmente per umanizzare le cure del PS, restituire la massima dignità ai malati, ridurre la conflittualità nei rapporti intra ed inter-professionali. Non un grazie per il lavoro svolto è arrivato dall’azienda. Questa OS, invece, vuole associarsi ai ringraziamenti ufficiali pervenutile da parte di alcuni congiunti di pazienti, anche recentemente. Si dirà che la dirigente in questione avrà operato una scelta razionale, ma, di fronte alla sostanziale impossibilità di una giusta conciliazione lavoro vita privata, di fronte all’esasperazione dovuta ai ritmi lavorativi, di fronte al costante aumento del rischio professionale e clinico, di fronte alla costante mancanza di valorizzazione della sua professionalità, ha semplicemente detto basta fare l’equilibrista! Ancora una volta, spetta a questa OS porre domande scomode ad un’amministrazione che agisce comportamenti quasi misogini, anzi non agisce, esclude domande tipo: le dimissioni volontarie della lavoratrice sono un caso isolato oppure è una questione di genere? Con quali motivazioni vengono date le dimissioni (o chiesti i trasferimenti)? Se non si parte da queste domande, come si potrà mai programmare una nuova appetibilità lavorativa dell’ASLBR? Ma, d’altra parte, a codesta azienda non interessa indagare la composizione per genere dei propri lavoratori, la distribuzione per genere degli incarichi a tempo determinato, dei part- time, della massa salariale (nonostante la legge gribaudo) per studiare la migliore strategia per attrarre le donne a lavorare nell’asl brindisina! Con amarezza, questa OS deve rilevare che nell’amministrazione dell’ASLBR non è mai pervenuta l’idea che ogni azienda (specie quelle pubbliche, specie quelle deputate a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, come, appunto, quelle sanitarie) sono istituzioni politiche: i cittadini*, che ivi lavorano, non smettono di essere persone quando vanno al lavoro nel Perrino! Eppure, è evidente a tutti, ormai, che gli operatori sanitari dell’ASLBR, che investono i loro corpi e loro menti, sono considerati mere risorse, merci, da chi inietta denaro pubblico. Al contrario, è giunto il tempo di democratizzare i processi decisionali dell’azienda brindisina per validare collettivamente tutte le decisioni che riguardano i lavoratori e che hanno un impatto diretto sulle loro comunità, consentendo loro non solo di esprimersi (ed anche di denunciare le storture organizzative del sistema), ma anche di rappresentarsi negli organi decisionali dell’ASLBR. Sia applicato, finalmente, il principio di pari opportunità. Sono ormai alcuni anni che sono scomparsi il “Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni” e la consigliera di parità! Nell’azienda brindisina, non una parola su tale principio viene profferita nel regolamento di funzionamento dei dipartimenti, nel regolamento per l’attribuzione degli incarichi di natura professionale dei dirigenti, e persino nel PIAO (Piano Integrato di Attività e Organizzazione), nonostante sia esplicitamente previsto per legge nazionale e regionale! Se non è sessismo istituzionalizzato questo, poco ci manca.
LUCA GHEZZANI