Macchia: «L’Autonomia differenziata accelererà lo spopolamento di Brindisi e del Sud, i nostri parlamentari dicano da che parte stanno»
Da 402.093 (popolazione residente al 2001, fonte Istat) a 381.273 nel 2021 con un saldo negativo di 20.820 abitanti. Come se nel Brindisino fosse scomparsa in 20 anni una popolazione grande quanto la città di Ostuni. Non solo, mentre nel 2002 in provincia nascevano 3.796 bambini, nel 2021 ne sono nati 2.418 (quasi la metà) un dato raccapricciante, precipitato negli anni a ritmi sempre più vertiginosi. Sono solo due dei dati emblematici relativi a quello che già negli anni passati, avevamo definito uno tsunami demografico. Uno tsunami che sembra ormai inarrestabile e che continuerà ad amplificarsi oltremodo, finendo per desertificare sempre di più i nostri territori se andrà in porto lo scellerato progetto di attuare l’Autonomia differenziata. Un progetto che rischia di spaccare l’Italia e come più volte denunciato dalla Cgil creare un Paese a due velocità. Solo per considerare la città di Brindisi si è passati dagli 88.933 residenti del 2001 agli 83.317 del dicembre 2021 (sempre fonte Istat) con una decrescita di 5.616 abitanti ed una tendenza generalizzata in calo anche in altri comuni della provincia. E se dal 2012 al 2021 il Sud ha perso 525mila residenti è evidente che esiste un problema, anzi più di uno: non si può far finta di ignorarli e contro di essi bisogna agire al più presto se non vogliamo correre il rischio di una desertificazione totale dei nostri territori sempre più alle prese con problemi che vanno dalla dalla povertà alla mancanza di occasioni per i nostri giovani. E dai dati elaborati dall’Istituto di statistica è emerso che nel 2021 la mobilità interna al Paese è cresciuta del 6,7% sull’anno precedente (un milione 423mila trasferimenti) e che ci dicono che dal Mezzogiorno si va in Lombardia e in Emilia Romagna prevalentemente e nel decennio 2012-2021 sono stati circa 1 milione e 138mila i movimenti in uscita dal Sud e dalle Isole verso il Centro-Nord.
La Camera del lavoro di Brindisi da tempo lancia inascoltata l’allarme relativo allo spopolamento dei nostri centri che vede i nostri cervelli andare via verso il Centro-nord e verso i paesi esteri, partendo senza più fare ritorno nei propri territori d’origine. E si tratta di un fenomeno che riguarda in principal modo i più giovani e, spesso, i più qualificati. Questo processo è innescato in particolare da una mancanza di fiducia nel Mezzogiorno e nelle sue potenzialità e nella capacità di offrire occupazione stabile e lavoro buono, in un contesto sociale dignitoso, nella possibilità di realizzare quelle aspettative di vita che si cercano altrove. Dal Sud si scappa anche per curarsi soprattutto al Nord nelle regioni che grazie alla ripartizione del fondo nazionale si avvantaggiano e drenano risorse proprio alle regioni del Sud che continuano ad arrancare, arrivando come nel caso di Brindisi allo stato di emergenza e all’impossibilità di poter garantire ai propri abitanti quel diritto costituzionale che è il diritto alla salute. Più volte abbiamo indicato in strumenti come «Resto al Sud», i fondi europei come il Next Generation UE o il Recovery Fund, il Piano nazionale di ripresa e resilienza come l’occasione di dare una svolta per ricostruire una speranza, condizioni di vita migliori, lavoro buono, diritti tali da permettere al Sud di recuperare quel divario che sembra sempre più incolmabile tra aree del Paese.
E qual è la risposta, che intende dare questo Governo? L’autonomia differenziata? Una autonomia che mette in discussione lo stesso PNRR pensato proprio per riequilibrare il paese e ridurre il gap esistente tra Nord e Sud? Una idea che intende disegnare 20 regioni sovrane all’interno di uno stesso Paese? Uno Stato «Arlecchino» in cui ogni Regione si fa le proprie regole? Un ritorno al feudalesimo, insomma con una visione miope e fuori dalla storia, persino in controtendenza con quello che è il processo di unificazione europea dove gli Stati si uniscono per affrontare insieme le sfida globali.
E l’Italia cosa fa? Si disgrega innescando un processo che mette una regione contro l’altra a dispetto della Costituzione, che aumenta i divari e le povertà. E di conseguenza non creando alcuna prospettiva di futuro per i nostri giovani e la nostra popolazione che continuerà a fare le valigie, potrà sempre meno permettersi di studiare, curarsi, avere condizioni di benessere che saranno ricercate altrove. Si stanno in pratica verificando tutte quelle condizioni che Naom Chomsky e Marv Waterstone descrivono nel loro ultimo saggio «Le conseguenze del capitalismo» in cui si analizzano gli effetti di un «capitalismo sfrenato che sta conducendo allo smantellamento di qualsiasi rete di sicurezza sociale, ad una mostruosa disparità di ricchezza e di reddito ed alla distruzione del concetto stesso di “bene comune”, tutto in nome della fede nei principi di mercato come regolatori assoluti di ogni aspetto della vita». Tutto questo sta già accadendo in questo Paese, soprattutto nel Mezzogiorno. E sta subendo una pericolosa accelerazione con questo governo che punta in questo modo ad estremizzare le disuguaglianze e produrrà come effetto il totale azzeramento di qualsiasi aspettativa dei cittadini rispetto a quello che può essere garantito dalla società.
Come Cgil chiediamo siamo già in campo per tessere la rete di alleanze con le quali opporci a questo disegno, ma gradiremmo una risposta a cominciare proprio da tutti i nostri parlamentari, quelli eletti al Sud, in Puglia e in particolare nella nostra provincia a prescindere dai colori. Siete davvero disposti ad appoggiare un disegno del genere? E che futuro pensate di costruire in questo modo?
Antonio Macchia
Segretario Generale
Cgil Brindisi