L’équipe del reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale Perrino di Brindisi, diretto da Gianfranco Corina, ha effettuato nei giorni scorsi un complesso intervento di ricostruzione dell’avambraccio di un uomo vittima di un incidente in motocicletta nel luglio scorso. 

Il paziente fu operato una prima volta in urgenza applicando il protocollo del damage control, una strategia utile a stabilizzare nell’immediato le fratture riportate per poi ritrattarle chirurgicamente in modo definitivo non appena le condizioni cliniche lo consentano. Nell’occasione, la frattura pluriframmentaria dell’ulna e del radio, entrambi rotti in tre punti, fu trattata applicando fissatori esterni per mantenere asse e lunghezza dei frammenti ossei e far guarire i tessuti molli gravemente danneggiati. 

“A distanza di sei mesi dal trauma – spiega Corina – i tessuti molli risultavano guariti mentre le fratture multiple delle ossa presentavano pseudoartrosi, ossia la mancata consolidazione dell’osso. Dal 2017 a oggi, nell’ospedale Perrino sono stati trattati 145 casi di mancate guarigioni ossee su pazienti provenienti da più parti d’Italia, rendendo la struttura uno dei maggiori centri regionali per il trattamento della pseudoartrosi”. 

La pseudoartrosi è una complicazione tardiva determinata dall’interruzione dei normali processi di guarigione della frattura. Deve essere considerata una vera e propria malattia, influenzata da problemi intrinseci del paziente (fattori metabolici, ormonali) ed estrinseci (caratteristiche del trauma e del trattamento chirurgico adottato). “La pseudoartrosi – prosegue Corina – rappresenta una sfida per il chirurgo ortopedico. La complessità della patologia può in alcuni casi portare addirittura all’amputazione del segmento scheletrico colpito”. 

Per il trattamento delle pseudoartrosi, l’équipe coordinata da Corina utilizza la tecnica di Ilizarov con fissatore esterno circolare e l’inchiodamento endomidollare, necessari nei casi di grave compromissione dei tessuti molli, deformità complesse e perdite di sostanza ossea. Quando richiesto dal caso clinico, inoltre, si effettua il trapianto d’osso omologo ed eterologo associato a sintesi con placche e viti in titanio. Per il trapianto eterologo viene utilizzato un osso proveniente da un donatore, acquisito dalla Banca dell’osso di Bologna, mentre per quello autologo si preleva un segmento scheletrico del paziente. Per questo eccezionale intervento di ricostruzione dell’avambraccio sono state applicate placche e viti in titanio, eseguendo un triplo trapianto: due trapianti eterologi ed uno di osso omologo, prelevato dal perone dello stesso paziente, per colmare una perdita di sostanza ossea dell’ulna. 

“Come spesso capita, grazie alla squadra che mi supporta, colleghi medici, infermieri e tutte le altre figure professionali che ho la fortuna di coordinare – continua Corina – siamo riusciti in qualcosa di straordinario. Le condizioni del braccio del paziente erano molto serie e il rischio di una non perfetta guarigione elevato. La strategia adottata in questo caso ci ha permesso di ottenere un ottimo risultato, con grande soddisfazione nostra e del paziente. La sintesi stabile – conclude Corina – e il trapianto d’osso da donatore o da un altro arto dello stesso paziente rappresentano le tecniche più moderne per migliorare le proprietà meccaniche e fornire uno stimolo biologico a livello del sito di pseudoartrosi. In casi particolari come questo, i due tipi di trapianto sono eseguiti in maniera combinata nello stesso paziente”.