“Da un anno e mezzo chiediamo che ci siano linee guida univoche per quello che riguarda i sistemi di emergenza territoriale, in modo che ci sia una presa in carico omogenea del paziente in emergenza dal Gargano al Salento. Linee di indirizzo che in Regioni come Toscana ed Emilia Romagna sono già realtà da anni. Un percorso iniziato con l’allora assessore Lopalco, poi interrotto con le sue dimissioni, e che è indispensabile riprendere con l’assessore Palese, di cui abbiamo chiesto un’audizione urgente in Commissione Sanità”. Lo dichiara il consigliere del M5S Marco Galante a margine dell’audizione in Commissione Sanità di un rappresentante della SIIET, la società italiana infermieri emergenza territoriale.
“Oggi la SIIET in audizione – continua Galante – ha posto dei punti importanti, su cui serve il massimo impegno politico. Dalla loro indagine è emersa una difformità inaccettabile nelle diverse province nei tempi di attesa tra la chiamata al 118 e per quello che riguarda le attese nei pronto soccorso. Altro aspetto su cui serve un intervento immediato è una maggiore formazione degli infermieri che lavorano nell’emergenza – urgenza, che si sono dichiarati non soddisfatti della formazione aziendale delle Asl, tanto da rivolgersi da soli ai privati. Bisogna abbandonare la formazione di base per una formazione avanzata, con l’individuazione di un responsabile della formazione. Per farlo non possiamo aspettare i tempi di tavoli tecnico politici, ma servono l’adozione di provvedimenti immediatamente operativi. Per troppo tempo la politica ha sottovalutato la figura dell’infermiere, attribuendogli solo compiti meccanici, e non possiamo continuare a farlo. C’è una norma addirittura del 1992 che prevede che il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, possa essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi e manovre per salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio. Una disposizione che da anni in Puglia non viene attuata, ma migliorerebbe la tempestività delle cure, vista anche la carenza attuale di medici. Avere la formazione corretta, avere degli infermieri sul territorio, sulle ambulanze e in tutte le strutture ridurrebbe i costi perché diminuirebbero gli accessi inappropriati al pronto soccorso. È necessario anche discutere al più presto la proposta di legge sull’infermiere di famiglia, ferma da un anno per il rimpallo di competenze tra gli assessorati: formare infermieri di famiglia e comunità significa dare un servizio più efficiente agli utenti e ridurre ricoveri negli ospedali per malattie croniche, che potrebbero essere curate a casa, recuperando anche risorse importanti, magari da usare per ridurre le liste d’attesa. Il potenziamento dell’assistenza territoriale, di cui parliamo ormai da anni, passa anche da questo”.