I dati ufficiali, quelli che partono da una base di 65mila professionisti mancanti all’appello, sono innegabili, ma rappresentano solo la punta dell’iceberg di un problema di portata ancora più vasta. Anche la Corte dei Conti è intervenuta sul delicato tema, sostenendo che il personale infermieristico italiano è “pesantemente sottodimensionato” in molte aree del Paese».
«Fino a che punto la grave carenza di infermieri che interessa il nostro SSN, rischia di compromettere irrimediabilmente il presente e il futuro della sanità italiana?
Fino a che punto, la classe politica, continuerà a mettere la testa sotto la sabbia, sottostimando la portata di una piaga che presto o tardi si riverserà come un boomerang sulla qualità delle prestazioni offerte ai cittadini?
I dati ufficiali, quelli che partono da una base di 65mila infermieri mancanti all’appello, sono innegabili, ma rappresentano solo la punta dell’iceberg di un problema di dimensioni ancora più vaste, le cui cifre vanno ad espandersi a macchia d’olio, giorno dopo giorno, nell’esatto momento in cui teniamo in considerazione gli standard europei, ai quali per forza di cose dobbiamo equipararci, evitando finalmente di fare finta che le cose siano meno drammatiche di quanto lo siano in realtà.
Quanti altri campanelli di allarme devono risuonare alle nostre orecchie?»
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Anche la Corte dei Conti è intervenuta sul delicato tema, esprimendosi sulla Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2022 (NADEF), approvata dal Governo Draghi lo scorso settembre. Secondo la Corte dei Conti, il personale infermieristico italiano è “pesantemente sottodimensionato” in molte aree del Paese, soprattutto se confrontato con la situazione in altri Paesi europei.
In Europa ci sono in media 2,2 infermieri per medico in servizio, con un rapporto infermiere-medico che raggiunge circa 4 in Lussemburgo e Finlandia. Il rapporto era ed è molto più basso nei paesi dell’Europa meridionale e in Lettonia. Neanche a dirlo, in Italia il rapporto è di 1,6 infermieri ogni medico.
Non dimentichiamo che, a sostenere ancora le nostre tesi, in questi mesi, sono arrivati gli autorevoli report dell’Ocse e del Rapporto Crea Sanità.
In base all’ultimo rapporto Health at a Glance Europe 2022, pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in collaborazione con la Commissione Europea, in Italia ci sono 6,3 infermieri ogni 1.000 abitanti, rispetto a una media di 8,3 negli altri Paesi dell’Unione Europea. Il Gap di oltre 2 punti resta una cifra pesante, da non sottovalutare affatto.
Un gap ovviamente profondo, che finisce con l’aggravare una carenza infermieristica che, lo ripetiamo, va vista nella prospettiva di un indispensabile adeguamento, da mettere in atto in tempi brevi, con gli standard degli altri paesi europei.
La carenza di infermieri, in tale ottica è anche più grave rispetto ai dati delle 65 mila unità con cui strutturalmente parlando siamo alle prese: e non è una esagerazione affermare che supera le 150mila unità rispetto ai parametri EU e, comunque, solo per il nuovo modello disegnato dal Pnrr ne servirebbero 40-80mila in più, per coprire le esigenze legate alla indispensabile ricostruzione della sanità di prossimità, in merito alla quale, visto “l’andazzo”, tremiamo al solo pensiero che le ingenti risorse a disposizione possano andare in fumo e andare così sprecate, continua De Palma.
La Missione 6 del Piano riguarda la riforma dell’assistenza sanitaria territoriale, in cui gli infermieri avranno un ruolo fondamentale. Si pensi alla nuova figura dell’infermiere di famiglia e comunità. Quest’ultimo è descritto come il professionista di riferimento che collabora con gli altri professionisti presenti nella comunità. Il Pnrr richiede la presenza di almeno un infermiere di famiglia e comunità ogni 3mila abitanti.
C’è di più nel caso dell’Italia, visto che la carenza di infermieri è destinata ad allargarsi oltre il numero di 320.000, se si prende come riferimento la popolazione over 75, la più bisognosa di assistenza.
E’ chiaro che in un Paese come il nostro, proiettato verso l’inesorabile invecchiamento, il fabbisogno di operatori sanitari legato alle necessità dei soggetti fragili, afflitti da tante potenziali patologie, aumenta in modo vertiginoso.
Ritrovarsi con carenze di questa portata, mai sanate alla radice, rischia di condurci verso un inesorabile schianto , le cui conseguenze preferiremmo non immaginarle nemmeno.
Siamo di fronte, conclude De Palma, ad una amara e inconfutabile verità: l’Italia non è più un Paese per infermieri».