Il Sindacato Cobas di Brindisi con Cosimo Quaranta farà parte della delegazione nazionale Cobas che insieme ad altri italiani saranno in questo fine settimana come osservatori internazionali per le elezioni presidenziali e politiche in Turchia.
Domenica 14 maggio si terranno le elezioni presidenziali e politiche in Turchia, in un contesto politico estremamente repressivo e polarizzato, durante una crisi economica molto pesante e aggravata dalle conseguenze devastanti del recente terremoto che ha colpito la parte sudorientale del Paese.
Per garantire il corretto svolgimento delle elezioni democratiche, oltre alle delegazioni ufficiali OSCE, saranno presenti in Turchia diverse delegazioni di osservatori provenienti da tutto il mondo.
Saranno oltre 1.500 gli osservatori internazionali che arriveranno in Turchia, 35 dei quali formano la delegazione italiana, che svolgeranno le loro attività principalmente nel sud est della Turchia, nel Kurdistan turco (Bakur), per osservare, appunto, le operazioni di voto affinché siano evitati, per quanto possibile, abusi di presenze inopportune nei seggi e nelle sezioni o impedimenti ai cittadini ad esercitare il loro diritto di voto come purtroppo è già accaduto nelle ultime elezioni, almeno dal 2015 ad oggi.
Queste delegazioni di osservatori sono composte da giuristi, giornalisti, parlamentari, sindacalisti e attivisti per i diritti umani.
Nella formazione della delegazione italiana, in quota al Sindacato Cobas c’è anche la partecipazione del Cobas Brindisi con Cosimo Quaranta, componente dell’esecutivo nazionale del Cobas Lavoro Privato.
Cosimo Quaranta ha svolto diverse volte il ruolo di osservatore internazionale in Turchia, già dal 2015 nella storica tornata delle elezioni presidenziali e politiche che sancirono l’ingresso nel parlamento turco di una folta pattuglia di parlamentari del partito filo curdo HDP (Partito Democratico dei Popoli) che da solo, nonostante una feroce repressione da parte del “regime” di Erdogan, aveva superato brillantemente la soglia di sbarramento del 10%, considerata la soglia più alta in assoluto in paesi in cui si svolgono le elezioni democratiche.
Sciaguratamente, le azioni repressive in Turchia messe in atto da Erdogan nei confronti di parlamentari oppositori, soprattutto curdi, attivisti politici, meglio se di sinistra e/o filo curdi, giornalisti, avvocati, rettori e docenti universitari, studenti e insegnanti, funzionari statali, hanno condizionato fortemente le dinamiche politiche democratiche del Paese; assolutamente il contrario per un Paese in cui la democrazia è sostanziale e non formale.
Possiamo affermare che saranno sicuramente tra le elezioni più importanti nella storia della Turchia visto che avvengono, per coincidenza, pure nel centenario della fondazione della Repubblica turca.
La Turchia oggi sta attraversando un pericoloso momento dal punto di vista economico, con la svalutazione della lira turca che non ha precedenti nella storia della Turchia.
Ecco perché la tornata viene avvertita dai turchi come una sorta di referendum su Erdogan ed è definita cruciale per il futuro della Turchia.
La scelta è tra i principali competitori ovvero tra il Presidente uscente Erdogan, da vent’anni al potere, e Kemal Kiliçdaroglu che ha aggregato i maggiori partiti di opposizione al governo di Erdogan.
Queste elezioni determineranno senza dubbio, in un modo o nell’altro, lo scenario geopolitico internazionale.
Certamente nel turbolento Medio Oriente, nel Mediterraneo ma soprattutto nel Mar Nero per implicazioni dirette e indirette con il conflitto tra Russia e Ucraina.
Tutti i riflettori del mondo saranno puntati sugli esiti delle elezioni turche, soprattutto i riflettori dell’Europa poiché la Turchia è uno dei maggiori partner commerciali dell’Europa e, se vogliamo, anche dell’Italia e della nostra Puglia.
La presenza degli osservatori internazionali sarà fondamentale per garantire che questa tornata elettorale si possa svolgere nella massima serenità e senza condizionamenti di sorta per i cittadini turchi, in particolare per i cittadini curdi del Bakur che potrebbero potenzialmente determinare gli equilibri politici interni anche in questa occasione.
I curdi del Bakur, assieme ai curdi del Basur, del Rojava e del Rojalat, nell’ultimo secolo sono stati perseguitati dai vari governi turchi, iraniani, siriani e iracheni perché sono sempre stati oggetto di tentativi di assimilazione forzata e discriminazioni in quanto è un unico popolo che ha la stessa lingua e stesse tradizioni.
Sono circa 40 milioni i curdi, divisi in quattro Stati e si trovano a pagare a caro prezzo l’aspirazione ad avere una propria autonomia, perfino riconoscendo i confini degli Stati nei quali rispettivamente risiedono.
Auspichiamo che almeno queste elezioni possano davvero definirsi “elezioni democratiche” a differenza delle ultime, da almeno una decina di anni a questa parte, delle quali tutto si può dire tranne che siano state elezioni democratiche.
per il COBAS Brindisi – Roberto Aprile