I pontoni da sbarco inglesi, partiti all’Alba da Durazzo, dopo ore di navigazione giunsero in vista del porto di Brindisi, e una gioia indicibile s’impossessò degli uomini della Brigata Gramsci che si abbracciarono tra di loro. Per molti di essi il distacco dai propri cari era durato cinque anni, sopportando sacrifici inenarrabili dai quali pensavano non sarebbero sopravvissuti. In tanti scoppiarono a piangere mentre la sirena del piroscafo rispondeva alle segnalazioni provenienti dal forte di Sant’Andrea, attraversando il canale Pigonati.

 A fatica gli ufficiali, coadiuvati dai sottufficiali, riuscirono a ricomporre gli uomini, esortandoli a un contegno degno del tributo che le autorità militari e civili italiane e alleate avrebbero dato loro, quale riconoscimento alla Brigata Gramsci per aver contribuito alla liberazione dell’Albania, dall’occupazione nazifascista.  Qualche giorno prima il comandante in capo dei partigiani albanesi e presidente dello Stato Shiptaro, Enver Hoxha, aveva commosso e inorgoglito i soldati italiani con il messaggio inviato loro, che erano poi sfilati con le bandiere in testa per Durazzo tra gli applausi della popolazione. 

 I militari italiani, mentre le navi si avvicinavano al molo brindisino, si prepararono all’imminente rivista, rassettando le divise, e appuntandosi sul petto le medaglie ricevute dagli albanesi, ma… in attesa non vi era nessuno ad accoglierli. Lo sconcerto e la delusione incominciarono a serpeggiare, increduli del silenzio e dell’indifferenza che l’amata Italia loro riservava, quasi fossero figli misconosciuti da essa. 

Dopo ore di attesa un tenente in rappresentanza del presido militare giunse a portare delle improbabili scuse, invitandoli però a dirigersi per una via secondaria verso dei baraccamenti di legno, lontano dagli occhi della popolazione. Iniziava così in terra italiana, la vergognosa vicenda della Brigata Gramsci, salutata con l’onore delle armi dalle autorità albanesi e trattata invece dagli inglesi, nel silenzio assordante del governo italiano, quale un pericoloso contingente di militari comunisti pronti ad aizzare la guerra civile. 

 L’intera eroica Divisione, una volta radunata, fu trasferita di nascosto e senza avere mai avuto un tributo dal Governo italiano, in un campo di concentramento sorvegliato da militari inglesi armati e costretta a cedere loro le armi pena l’accusa di insubordinazione in tempo di guerra. Il campo di Sant’Andrea nei pressi di Taranto fu inaugurato dai militari partigiani italiani della Gramsci per poi, paradossalmente, pochi mesi dopo “ospitare” i fascisti repubblichini della Decima Mas, delle SS Italiane ecc, presi prigionieri da partigiani italiani o dagli Alleati, negli ultimi giorni di guerra.

 Nonostante che questi ultimi fossero stati partecipi a orrende stragi, alla fien del mandato inglese, il governo italiano lasciò liberi i cancelli e poterono tornare tutti fieramente in libertà. 

Invece sui combattenti partigiani della divisione Gramsci calò un muro di silenzio e del suo passaggio per Brindisi non vi è traccia in nessuna delle cronache  locali del tempo, così come nei documenti ufficiali. Grazie solo alle testimonianze autobiografiche lasciateci da qualche reduce, possiamo conoscere del sacrificio della vita di centinaia di nostri compatrioti che in terra d’Albania non si arresero ai tedeschi e diedero onore a una Patria che li ignorò al loro arrivo.

 

Antonio Camuso