Le dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, pur se inserite in una programmazione del ciclo di decarbonizzazione, ripropongono con forza il dramma dell’area industriale di Brindisi che rischia di dover fronteggiare un ulteriore tassello della deindustrializzazione – riveniente dalla volontà di eliminare l’utilizzo del carbone – senza aver prioritariamente individuato soluzioni alternative praticabili in tempi brevi.
Il termine del 2025 per la conclusione della fase di decarbonizzazione, pur se noto a tutti ormai da anni, è stato sostanzialmente ignorato e la conferma giunge proprio dalla conclamata assenza di interventi alternativi in grado di tamponare l’emorragia economica ed occupazionale dell’area industriale di Brindisi.
Il tutto, nonostante le apprezzabili iniziative – anche a carattere progettuale – assunte da Enel e riguardanti la produzione energetica da fonti alternative al carbone e contestualmente il riutilizzo di aree e infrastrutture tuttora impiegate per il funzionamento della centrale termoelettrica di Cerano ma che rischiano di non arrivare in tempo utile o non vedere la luce per dinieghi autorizzativi e iter burocratici defaticanti.
L’iniziativa del parlamentare brindisino Mauro D’Attis di chiedere con forza al Governo la convocazione del comitato di coordinamento per il rilancio delle attività imprenditoriali di Brindisi e Civitavecchia è certamente lodevole ed efficace, così come la immediata disponibilità ottenuta dal Ministro delle Imprese Urso.
Ma è altrettanto evidente che – allo stato attuale – il Governo nazionale non ha ancora individuato alcun canale di finanziamento per intervenire in maniera risolutiva proprio a Brindisi e Civitavecchia. Così come è chiara l’esigenza di ricostituire a livello locale sedi autorevoli e istituzionali in cui affrontare quotidianamente gli effetti devastanti del cambiamento, a tutela delle imprese e dei lavoratori brindisini.
Il termine del 2025 per la conclusione della fase di decarbonizzazione, pur se noto a tutti ormai da anni, è stato sostanzialmente ignorato e la conferma giunge proprio dalla conclamata assenza di interventi alternativi in grado di tamponare l’emorragia economica ed occupazionale dell’area industriale di Brindisi.
Il tutto, nonostante le apprezzabili iniziative – anche a carattere progettuale – assunte da Enel e riguardanti la produzione energetica da fonti alternative al carbone e contestualmente il riutilizzo di aree e infrastrutture tuttora impiegate per il funzionamento della centrale termoelettrica di Cerano ma che rischiano di non arrivare in tempo utile o non vedere la luce per dinieghi autorizzativi e iter burocratici defaticanti.
L’iniziativa del parlamentare brindisino Mauro D’Attis di chiedere con forza al Governo la convocazione del comitato di coordinamento per il rilancio delle attività imprenditoriali di Brindisi e Civitavecchia è certamente lodevole ed efficace, così come la immediata disponibilità ottenuta dal Ministro delle Imprese Urso.
Ma è altrettanto evidente che – allo stato attuale – il Governo nazionale non ha ancora individuato alcun canale di finanziamento per intervenire in maniera risolutiva proprio a Brindisi e Civitavecchia. Così come è chiara l’esigenza di ricostituire a livello locale sedi autorevoli e istituzionali in cui affrontare quotidianamente gli effetti devastanti del cambiamento, a tutela delle imprese e dei lavoratori brindisini.
Franco Gentile – Presidente CNA Brindisi