Deposito GNL: di GNL, di torce e di BOG.Brindisi svenduta per 30 danari.
Non sono proprio 30 danari come nel racconto biblico di Giuda, ma sono i 30 posti di lavoro quelli prospettati dal Progetto definitivo Edison per il deposito GNL a Brindisi: e un anno fa si parlava di sviluppo della città col deposito, flottiglie di marinai delle metaniere che avrebbero invaso i ristoranti del centro, centinaia di occupati.
Invece, Edison avrà anche uno sconto sulle royalties, mentre il Comune di Brindisi, indebitato, sta proponendo di aumentare l’addizionale comunale dell’IRPEF a tutti i residenti.
E non c’era la torcia di 45 metri nella revisione 2 del progetto di settembre 2022, quello approvato dal Ministero dell’Ambiente, come si chiamava allora.
Un unico impianto di questo genere è al momento esistente e operativo in Italia, il Deposito GNL di Ravenna, di proprietà della società DIG (progetto pag. 14). Poi nel progetto ci sono 10 pagine di “Esperienza storica relativa a incidenti”.
Contro questo progetto scellerato e improvvisato, tre volte modificato proprio per ragioni di rischio di incidente rilevante, ci mobilitiamo e invitiamo le istituzioni, i partiti, il mondo delle associazioni di cittadinanza attiva, i cittadini, la società civile a partecipare ad un incontro di protesta e di informazione programmato per il prossimo 24 agosto alle 18.30 in Piazza Vittorio Emanuele II (sotto la sede dell’Autorità Portuale) a Brindisi.
Il problema vero dell’impianto e delle varie modifiche è il BOG, boil-off gas, per cui l’allora sindaco di Brindisi Rossi aveva fatto ricorso al TAR, poi annullato dall’attuale sindaco.
Il BOG è GNL che scaldandosi dai -162°C, si decomprime, si gonfia tornando allo stato gassoso e può essere esplosivo: per ogni grado in più, il gas raddoppia il suo volume.
Il GNL è ottenuto frantumando le rocce per estrarre molecole di gas, poi convogliate in pozzi di estrazione: una operazione ad alta incidenza ambientale con uso di sostanze chimiche e inquinanti, pratica vietata in Italia.
Il deposito di Brindisi dovrebbe rifornire bettoline che non si sa dove andranno e a fare cosa: forse a rifornire navi a GNL che non ci sono ancora. Altro GNL verrebbe caricato su autocisterne per rifornire camion a GNL che non ci sono ancora, e neanche le stazioni di servizio a GNL: le avete mai viste? Tutto in nome dell’ambiente: ma è gas fossile, che combusto, produce CO2, proprio quelle emissioni che dovremmo ridurre del 55% entro il 2030, tra pochi anni.
Il GNL, ossia gas metano sporco estratto dal fracking, è compresso 600 volte raffreddandolo a -162 gradi. Le navi lo trasportano a quella temperatura, poi arriva al deposito a Brindisi che deve tenere il GNL a tale temperatura fino al trasbordo alle bettoline o alle autocisterne. Tutto a -162°C. Ogni grado in più aumenta la pressione del gas. E’ metano, è esplosivo: si può avere il pool fire (pozze a seguito di ignizione), il jet fire (vaporizzazione del prodotto), e il flash fire, quello più pericoloso (dispersione del gas evaporato con formazione di nube infiammabile).
Edison dice che il rischio si limiterebbe tutto nel raggio di 50 metri nelle ipotesi di incidente, secondo il progetto uscito in questi giorni, detto appunto Rapporto Preliminare di Sicurezza per la fase di Nulla Osta di Fattibilità ai sensi del D.Lgs. 105/15, decreto che detta le disposizioni finalizzate a prevenire incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per la salute umana e per l’ambiente, appunto la Direttiva UE Seveso, per evitare il disastro che successe a Seveso nel 1976.
Tutto ok, sembrerebbe.
Ma il problema del BOG non è ancora risolto: nel rev1 del progetto c’è la torcia a terra che brucia tale gas in eccesso, liberato per diminuire la pressione ed evitare esplosioni. Nel rev2 di settembre 2022 si aggiungono 2 motori MCI che bruciano tale gas e immettono elettricità in rete, più un impianto che lo ricongela a -162°, si chiama liquefazione, che potrebbe addirittura diventare bioGNL, perché immesso in rete dove altro metano viene prodotto dai reflui bovini negli allevamenti intensivi, perciò bio.
Scopriamo, dopo il ricorso al TAR, che per risolvere il problema del BOG che si crea lungo tutta la filiera, il bioGNL scompare, e si torna alla più rassicurante torcia alta 45 metri stavolta (50 metri è la distanza di sicurezza secondo la Direttiva Seveso) che brucia il BOG solo in casi di emergenza con una fiamma sempre accesa: nella normale operatività dell’impianto, altra novità di rev2 del progetto, il BOG viene rigassificato e immesso in rete SNAM, cioè viene aggiunto di azoto e purificato con cloro (poi scaricato in mare) per avere lo stesso potere calorifero del metano della rete, quello con cui ci facciamo il caffè la mattina.
Doveva essere un deposito GNL, invece:
- Una parte del BOG servirà a produrre energia coi “due motori a combustione interna (MCI) da 630 kW ciascuno da immettere in rete elettrica”
- una parte del BOG “sarà compressa a una pressione di circa 6 barg ai fini dell’invio in rete SNAM. Inoltre, l’impianto dovrà prevedere una sezione di correzione delle proprietà calorifiche del BOG al fine di garantire quanto previsto dal codice di rete Snam (indice di Wobbe). Il sistema di correzione includerà pompe booster e vaporizzatori per il GNL nel caso in cui sia necessario effettuare del blending del BOG” (pag. 32 progetto)
Cioè dal progetto di deposito si hanno in rev2 queste “variazioni minori” della torcia alta 45 metri, dei motori per produrre energia e dei vaporizzatori per rigassificare il GNL in metano da immettere in rete. Non è più solo un deposito….
La torcia alta 45 metri si trova sulla rotta di atterraggio degli aerei, ma, assicura Edison, i “valori di irraggiamento e radiazione termica sono contenuti nei 50 metri in cui si prevede una portata di BOG scaricata in torcia di 43750 kg/h”, cioè 43 tonnellate l’ora, “con 4,73 kW/m2 come massimo valore di irraggiamento”, ma
il livello di irraggiamento in prossimità della superficie di avvicinamento dell’Aeroporto di Brindisi è ammessa alla soglia di radiazione di 3 kW/ m2.
Ma è tutto ok, secondo Edison.
“Per ulteriori dettagli si rimanda al documento PA70CDYK400 “Relazione di calcolo – Studio di dispersione, disponibile su richiesta.”. Per la torcia. Ma come? E i valori ambientali e di inquinamento? “La detonazione della sostanza non è possibile nelle normali condizioni di processo” (ci mancherebbe, pag. 9 Appendice A) e ancora: “La sostanza non ha comportamenti esplosivi in fase condensata”, ma se stiamo parlando di BOG gassoso! E ancora: “In caso di rilascio, possibile formazione di miscela infiammabile”. Per le emissioni della torcia, Edison ammette a pag. 106 del Progetto: “nel caso in cui si bruci gas naturale si avrà, a seguito della combustione, emissione di anidride carbonica, vapore acqueo e monossido di carbonio.”
E Edison non sa neanche quanto inquinerà la torcia in termini di emissioni e inquinamento ambientale, perché “Inoltre, in fase di ingegneria di dettaglio saranno indicati al Fornitore del package tutti i requisiti necessari al fine di ridurre le emissioni in atmosfera derivanti dalla combustione.”. Non si sa.
Coi limiti dei 50 metri di irraggiamento, secondo Edison, non ci sarebbe neanche pericolo di cumulabilità del rischio con gli altri 11 siti ad alto rischio di incidente rilevante della zona: oltre al deposito GNL di Edison, è stata prorogata l’autorizzazione al deposito benzina e gasolio di Brundisium sempre a Costa Morena con tutto il suo traffico di autocisterne e bettoline, poi abbiamo a pochi metri il più grande deposito di GPL d’Europa, di IPEM, la centrale elettrica A2A, e la centrale a turbogas di EniPower, il petrolchimico Eni Versalis, poi Basell, Syndial, poi sempre lì la più grande discarica industriale d’Europa di Micorosa, 60 ettari mai bonificati, che proprio Edison aveva fatto ricorso allo Stato per non pagare la bonifica di quando era MontEdison ed aveva prodotto tale bomba ecologica, poi la megacentrale a carbone di Cerano che continua in silenzio a bruciare carbone al massimo delle sue potenzialità, poi la centrale a biomasse di SFIR, noto solo come zuccherificio, che invece brucia olio di palma per produrre energia; a Matagiola arriva il gasdotto TAP e dovrebbe arrivare il nuovo gasdotto Poseidon,
Inoltre esiste un Piano di Emergenza esterna della Prefettura del 2021 solo sul polo petrolchimico di Brindisi e per il deposito GPL della IPEM: gli altri siti non sono ancora contemplati.
E intanto nel marzo di quest’anno, sono stati diffusi i risultati del sesto Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento SENTIERI, dai quali si rileva un aumento delle anomalie congenite, dei tumori maligni e un eccesso del rischio di ospedalizzazione nella comunità residente, dimostrando una evidenza scientifica del ruolo dei siti industriali contaminanti.
Ma come sempre, Brindisi non pensa al suo sviluppo e alle sue potenzialità, ma sarà sacrificata nel nome “dell’interesse strategico nazionale” delle solite multinazionali, e anche questa volta senza nessuna compensazione o vantaggio.
Angelo Gagliani per
Emergenzaclimatica.it
Campagna Nazionale Per il Clima, Fuori dal Fossile
No TAP/SNAM Brindisi
Medicina Democratica
Salute Pubblica
Confederazione Cobas Brindisi